A quanto apprende l’Ansa, la Commissione europea è pronta a inviare all’Italia la lettera con il parere motivato in cui si contesta la violazione del diritto europeo sul dossier balneari. Si tratta di un ulteriore passaggio della procedura di infrazione aperta nel 2020 contro il governo di Roma sull’annosa questione delle concessioni demaniali marittime, che secondo la direttiva Bolkestein del 2006 devono essere messe a gara, rilasciate per una durata limitata e non possono prevedere un rinnovo automatico. L’ultimo intervento del governo in materia è stato il decreto Milleproroghe, che aveva portato al 31 dicembre 2024 la validità delle concessioni assegnate senza gara, allungando di un anno la scadenza decisa dall’esecutivo Draghi. Quel provvedimento però è finito sotto la lente del Quirinale: lo scorso 24 febbraio il capo dello Stato Sergio Mattarella lo ha promulgato esprimendo riserve proprio su questo aspetto. “È evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e Parlamento“, ha sottolineato.

A inizio marzo il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso dell’autorità Antitrust contro la decisione del Comune di Manduria (Taranto) di prorogare le concessioni fino al 2033, ha bocciato la proroga automatica, disapplicandola in quanto “in contrasto” con l’articolo 12 della Bolkestein. Il 20 aprile anche la Corte di Giustizia europea, esprimendosi su una vertenza tra l’Antitrust e un altro comune del Tarantino (quello di Ginosa) ha stabilito che “le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”. La risposta del governo è stata la convocazione, a maggio, di un tavolo tecnico per definire i criteri per determinare la sussistenza o meno della “scarsità” della risorsa naturale disponibile, scarsità che implicherebbe l’applicazione della direttiva Bolkestein sulle concessioni. Le conclusioni, formalizzate il 5 ottobre, sono state che il 33% circa delle aree demaniali delle coste, un terzo del totale, è in concessione, mentre il 67% è libero, quindi il bene spiagge non è “scarso” Ma c’è il trucco: nella mappatura nazionale viene considerato tutto il litorale “a prescindere dalla sua morfologia”, comprese le aree non balneabili o le coste rocciose o montuose dove non è possibile creare stabilimenti balneari.

In realtà già nel 2016 la Corte di giustizia si era espressa sulla questione, affermando che il rilascio delle concessioni deve essere effettuato sulla base di una procedura di selezione che si fonda su imparzialità e trasparenza. Quattro anni dopo la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, sottolineando che la nostra legislazione, che prorogava le concessioni fino al 2033 e vietava alle autorità locali di avviare delle gare pubbliche sulle concessioni in scadenza, violava il diritto Ue, creando incertezza giuridica nel settore dei servizi turistici e scoraggiando investimenti in un settore cruciale per l’economia del Paese. Sul tema era intervenuto anche il governo Draghi, che aveva approvato una legge per far scattare le gare a partire dal prossimo anno.

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