Quarantuno anni fa, la domenica sera del 14 novembre, in via Notarbartolo a Palermo, veniva assassinato l’agente della Mobile Calogero Zucchetto. “Lillo”, per gli amici, era appena uscito dal bar Collica sbocconcellando un panino, e mentre stava per aprire la portiera della sua auto, veniva raggiunto mortalmente da cinque colpi di pistola, sparati da due killer.

Squilla il mio telefono di casa e un collega. “Hanno ammazzato Lillo, ora si trova all’obitorio. Cassarà ha detto di non muoverti, ti veniamo a prendere noi”. Non do retta, di corsa mi reco all’obitorio. Nel frattempo, giungono a casa mia i colleghi e non trovandomi, scatta l’allarme: decine di pattuglie iniziano a cercarmi, sino a quando giunto all’obitorio cessa l’allarme. Lillo faceva parte della mia pattuglia, insieme a un altro agente, Francesco Belcamino.

Nella terza decade del mese di agosto 1982, dopo una confidenza fattami, iniziamo le indagini per catturare il mafioso amico e fedelissimo di Riina, Salvatore Montalto. Una mattina, stavamo percorrendo via Messina Montagne, quando Lillo s’accorge di tre uomini che parlottavano accanto a due auto, e urlò: “Iddu è con scarpuzzedda (Pino Greco) e Mario Prestifilippo”. L’iddu era Montalto. Nello spiazzo dove sostavano c’era l’imbocco della strada rurale che collegava Villabate a Ciaculli, passando dal luogo chiamato Balate, in cui c’era – secondo la mia fonte – la villa del latitante. Fummo costretti a proseguire la marcia e appena possibile facemmo inversione, ma il terzetto era sparito.

Con Cassarà decidemmo di iniziare un appostamento e si decise di monitorare la villa dal costone della montagna che sovrasta Ciaculli. Infatti, scegliemmo una macchia mediterranea e per non essere notati: utilizzammo potenti binocoli. L’appostamento durava già da due mesi, quando il primo novembre 1982, notammo che alcune auto erano giunte nella villa. Una decina di uomini entrarono, mentre altri rimanevano accanto alle auto. Intuimmo che c’era un summit di mafia e poiché non potevamo usare la radio per allertare l’ufficio, raggiungemmo il primo telefono pubblico per chiamare Cassarà. Ci rispose la moglie dicendoci che il marito era andato a giocare a tennis. Ci fiondammo alla Mobile e il dirigente la Mobile, Ignazio d’Antone, riuscì a formare una squadra di polizia e carabinieri. Noi andammo sulla montagna, per dare l’ok al blitz, ma ormai le auto erano sparite.

Cassarà, il giorno seguente, volle fare con Lillo e a bordo del suo vespone, un sopralluogo della villa. Nel ritornare indietro, dovettero scansarsi per far passare due auto. Lillo riconobbe gli occupanti, erano Pino Greco, Mario Prestifilippo e Fici Giovanni: tutte e tre latitanti. Lillo vide Greco seduto accanto a Prestifilippo, abbassarsi come se volesse prendere un’arma: rientrarono in ufficio. Il mercoledì 3 novembre, di sera, mentre Lillo usciva da casa vide Mario Prestifilippo che sostava accanto ad una Fiat 131 di colore bianco. Prestifilippo lo guardò senza proferire nulla. Lillo si allontanò con la sua vettura e il Prestifilippo lo seguì sino a quando presero strade diverse.

All’alba di domenica 7 novembre 1982 il Montalto venne arrestato insieme a un altro mafioso. Dopo alcuni giorni dalla morte di Lillo, la mafia mise in giro la voce che Lillo sarebbe stato ucciso per questione di “fimmini” (donne). Cassarà mi incaricò di svolgere le indagini dirette dal magistrato Agata Consoli: il risultato confermò che la pista “fimmini” era completamente falsa. Invero, si accertò che ad uccidere Lillo Zucchetto furono Pino Greco “scarpuzzedda” e Mario Prestifilippo: lo punirono per l’arresto di Montalto.

Tre anni fa dovetti difendere pubblicamente la memoria di Zucchetto. Giuseppe Graviano, nel presentare la sua memoria difensiva alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, scrisse: “Già alla fine degli anni 70 era in diretto contatto con gli ambienti giudiziari, tanto ché il pool della Procura, composto da Falcone, Chinnici ed altri (con qualche eccezione rappresentata da dr Borsellino) aveva affidato ad un poliziotto, Zucchetto Calogero, la gestione del ‘Coriolano della Floresta’. Tale gestione ha consentito al killer Contorno di commettere una serie sconfinata di omicidi per i quali è rimasto impunito, guardandosi bene, ovviamente, dall’accusarsi”. Schizzare fango su Calogero Zucchetto “Lillo” è stato un gesto ignominioso soprattutto perché Lillo non è più tra noi. Lillo Zucchetto, giovane di 27 anni, incarnò l’essenza del galantuomo siciliano, altro che infedele signor Graviano.

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