Quasi 76mila euro nascosti nei libri sparsi negli scaffali e nelle casse di vino: questo il tesoro trovato dagli investigatori nell’ufficio di Vitor Escaria, capo di gabinetto dell’ex premier portoghese Antonio Costa, all’interno della sede del governo. L’avvocato di Escaria assicura che il denaro rinvenuto non riguarda lo scandalo che ha costretto Costa a dimettersi martedì e ha portato all’arresto di cinque persone, ascoltate in mattinata dal giudice istruttore penale, ma è difficile farlo credere a un Portogallo che reclama nuove elezioni. Secondo un sondaggio, il 67,8% preferisce questa soluzione alla nomina di un nuovo primo ministro e alla conferma dello scenario politico configurato nel 2022, quando il partita socialista trionfò alle urne, consegnando a Costa, in carica dal 2015, la maggioranza assoluta. Il Consiglio di Stato, riunito nel pomeriggio e coordinato dal Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha “accolto” questa volontà e ha indetto nuove elezioni per il 10 marzo 2024, consegnando il Paese a quasi 5 mesi di campagna elettorale.

L’ultima bandiera socialista del Sud Europa è stata travolta e ammainata da uno scandalo legato alle licenze e allo sfruttamento del litio – il Portogallo ha i maggiori giacimenti del vecchio continente – e dell’idrogeno. Il grimaldello per scoperchiare questa vicenda è stato l’uso delle intercettazioni telefoniche, una delle quali chiama direttamente in causa Costa. L’ormai ex premier, che non parteciperà al congresso del partito socialista europeo (Pse) il 10 e l’11 novembre a Malaga, annunciando martedì le sue dimissioni in diretta televisiva, ha assicurato di “non avere sulla mia coscienza il peso di alcun atto illecito”, ma il cerchio magico che lo ha circondato in questi anni appare pesantemente coinvolto in una vicenda che ha chiuso nel modo peggiore un decennio importante per il Portogallo.

Costa, figlio dello scrittore portoghese-goano Orlando e della giornalista Maria Antonio Palla, una delle prime reporter del paese, laurea in legge e lunga scalata in politica (ex sindaco di Lisbona e più volte ministro), era considerato fino a martedì uno dei migliori candidati per condurre il partito socialista europeo. Ha traghettato il Portogallo da una crisi profonda a una ripresa economica gravata però da due zavorre: i salari troppo bassi rispetto la media europea e l’esplosione del mercato immobiliare. La sua responsabilità maggiore è stata però quella di non fare pulizia all’interno del suo entourage e dello stesso governo. Il ministro delle Infrastrutture, Joao Galamba, era già finito nel caos della Tap, la compagna di bandiera portoghese, ma nonostante le pressioni per rimuoverlo, Costa lo ha lasciato al suo posto.

I socialisti sono alla ricerca di un nuovo leader: il nome di Pedro Nuno è quello più accreditato. In questo momento il tema principale non è però quello degli uomini, ma la questione morale all’interno di un partito che, appena un anno fa, aveva ottenuto dai portoghesi un largo consenso. La principale forza di opposizione, i Social Democratici, stanno cavalcando l’onda del momento e assicurano di essere pronti a governare, ma in Portogallo, dove il populismo si è limitato finora alle dimensioni ridotte di Chega, partito creato nell’aprile 2019 dal professor André Ventura e non andato oltre il 7,2% dei voti nel 2022, non è facile sedurre gli elettori. La certezza è che questa crisi ha bloccato l’approvazione del bilancio dello stato e di una serie di progetti, come ad esempio l’alta velocità tra Lisbona e Porto, fondamentale in vista dei mondiali di calcio che il Portogallo organizzerà nel 2030 con Spagna e Marocco. Ci sono poi altre urgenze che riguardano il settore pubblico, su tutti il sistema sanitario nazionale e la scuola: tre mesi di stop renderanno più critica la situazione. Con un’immagine forte ad alimentare la rabbia dei portoghesi: il denaro nascosto tra libri e casse di vino.

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