Prepararsi alla “eventuale necessità” di passare “rapidamente” a livello arancione di allerta nell’area dei Campi Flegrei. Anche se al momento il quadro non è univoco e non si può dire con certezza che sarà necessario innalzare il grado di rischio nell’area del vulcano a nord di Napoli. Di certo, qualcosa ha “fatto alzare il sopracciglio” agli studiosi dopo mesi di bradisismo con centinaia di scosse, alcune anche di medio-forte intensità: è il coinvolgimento del magma nel processo che sta portando al sollevamento del suolo.

Monitoraggio più intenso – Quindi: monitoraggio e prevenzione più intensi, è stata la raccomandazione della Commissione Grandi Rischi. Dopo giorni di caos, con un comunicato che aveva lasciato intendere un passaggio all’allerta arancione, l’ultimo stadio prima del rischio imminente di eruzione ed evacuazione entro 72 ore, il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci e la Commissione Grandi Rischi provano a chiarire lo stadio di pericolosità nella zona dei Campi Flegrei, l’area vulcanica che da mesi ha messo in allarme la popolazione della zona con scosse ripetute, alcune anche di magnitudo superiore a 4. Il quadro che ne è venuto fuori è di estrema attenzione, ma non di allarme immediato.

Il coinvolgimento del magma – “Al termine della riunione del 27-28 ottobre scorso, la commissione Grandi Rischi ci ha comunicato che bisogna prepararsi all’eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto al giallo”, ha spiegato Musumeci, in audizione alla commissione Ambiente. Citando le parole della Commissione, il ministro ha spiegato che “l’insieme dei risultati scientifici rafforza l’evidenza del coinvolgimento di magma nell’attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo”.

“Intensificare esercitazioni” – Il “quadro complessivo” della situazione fa insomma “emergere la possibilità che processi in atto possano evolvere ulteriormente”, ha continuato Musumeci. Per questo la Commissione ha “ritenuto opportuno che sia l’attività di monitoraggio sia di prevenzione si intensifichino ulteriormente” come anche “le esercitazioni”. Insomma: è necessario prepararsi ma non è detto che la situazione si aggraverà certamente. E c’è da considerare anche un piano di evacuazione che riguarderebbe 1,3 milioni di persone e che al momento esiste solo sulla carta.

Gli esperti: “Arancione? Non è certo” – “Fare previsioni è difficile. Se ci sono elementi per dire oggi che il livello giallo sicuramente andrà a livello arancione? Non è così – ha spiegato il presidente della Commissione Grandi Rischi, Eugenio Coccia – Che ci sono elementi per intensificare la preparazione ci è sembrato onesto dirlo”. In sostanza, secondo gli esperti, “ragionando sul lungo termine c’è abbastanza per poter dire di intensificare il monitoraggio e la preparazione”. Nell’analisi dei dati, infatti, “c’è qualcosa che ci ha fatto alzare il sopracciglio e ci ha fatto dire attenzione monitoriamo più spesso, monitoriamo tutti i parametri e andiamo a prepararci”.

Le preoccupazioni dei sindaci – Uno scenario che preoccupa molto i sindaci delle aree interessate, dove vive oltre un milione di persone. Negli scorsi giorni i primi cittadini avevano chiesto chiarezza e parole nette, in grado da un lato di definire le mosse da attuare e dall’altro di calmare la popolazione. “Abbiamo già definito un perimetro della zona rossa ed oggi ne parlerò con i sindaci”, ha detto ancora Musumeci chiarendo che dopo la definizione del perimetro, il governo “passerà alla fase esecutiva che è quella di accertare la vulnerabilità del costruito all’interno della zona rossa”.

“Convivere col rischio” – Con il rischio “dobbiamo conviverci”, ha sottolineato Musumeci rimarcato che “è giusto che la popolazione sia informata”. Una cattiva comunicazione, ha detto ancora, “è una grave responsabilità”. “La popolazione non va allarmata ma responsabilizzata”. E di fronte alle preoccupazioni legate a un possibile calo delle presenze turistiche, il ministro ha tirato in ballo l’Etna: “Non dobbiamo pensare o preoccuparci del calo del turismo che non ha motivo di essere. È come se i turisti cessassero di andare sull’Etna solo perché si tratta di un vulcano attivo”.

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