Hanno parlato tutti. Il sindaco Dario Nardella, che tutto sommato ci può stare, e comunque usando parole di buon senso: “Trovo davvero fuori luogo in un momento così queste polemiche”. Che illuso. Il governatore Eugenio Giani già ha cominciato ad alzare i toni: “Il calcio è fuori sintonia con la gente”. E poi ancora: il parlamentare Pd che si occupa di sport, il capogruppo Pd che non si occupa di sport e non è nemmeno toscano, la vecchia gloria della Viola paracadutata in consiglio regionale, il deputato di Fratelli d’Italia, voci da destra, sinistra, centro.

Quando anche Matteo Renzi, che almeno è di Firenze, è sceso in campo invocando il rinvio e minacciando improbabili interrogazioni parlamentari, e persino Matteo Salvini non si capisce a che titolo, lui che dovrebbe occuparsi di treni e trasporti, ha tenuto a farci sapere che “fosse stato per lui” la partita non si sarebbe disputata, allora ne abbiamo avuto praticamente la certezza: Fiorentina-Juventus si doveva giocare.

Attenzione, era la cosa giusta, ma non vuol dire che fosse necessariamente la migliore. Che a Firenze dopo l’alluvione, con ancora i danni da contare e i morti da piangere, potessero non aver voglia di pallone è comprensibile. C’è chi non ne ha voluto sapere (come hanno comunicato gli ultras della Fiesole), chi magari il match in tv o allo stadio se l’è visto proprio per distrarsi un paio d’ore, prima di tornare alla dura realtà. Scelte personali, tutte rispettabili. Una partita di Serie A, però, è un evento di un torneo professionistico che coinvolge interessi economici e riguarda anche l’ordine pubblico, e come tale andava gestito.

Nel momento in cui l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive (un organismo tecnico che, si badi bene, fa capo al ministero dell’Interno, non alla Lega Calcio) comunica che “non ricorrono i motivi per disporre un divieto di svolgimento con rinvio della partita”, e anche il prefetto di Firenze chiarisce che la gara in alcun modo avrebbe condizionato i soccorsi per il maltempo, il discorso è chiuso: la partita si poteva e dunque si doveva giocare. Perché qualsiasi decisione differente avrebbe anche creato un precedente. Servono standard oggettivi, motivazioni rigorose per garantire la regolarità del torneo e non adottare decisioni schizofreniche (vi ricordate quanto successo durante il Covid?).

Certo, non è solo per questo che si è giocato. La Lega Calcio avrebbe potuto comunque, in uno slancio di solidarietà, rinviare la gara, per mostrare la propria vicinanza al popolo toscano. Non l’ha fatto e sappiamo tutti benissimo il perché: il calendario ingolfato che ormai rende quasi impossibile recuperare una partita (specie per le squadre impegnate in coppa, come la Fiorentina), gli ascolti tv del posticipo che sarebbero sfumati in una riprogrammazione infrasettimanale. Le solite logiche del calcio moderno che ci siamo raccontati tante volte.

Ma trasformare questa scelta, per certi versi utilitaristica ma comunque legittima, in un caso nazionale è populismo allo stato puro. Sabato si è giocata Pisa-Como, ha giocato regolarmente la stessa Fiorentina femminile, e nessun politico ha alzato un dito o detto una parola, semplicemente perché non c’erano i riflettori accesi della Serie A, che porta visibilità a chiunque ne parla. In fondo è più sciacallaggio quello della Lega che non rinvia perché pensa ai suoi interessi, o di chi chiede il rinvio per due minuti di celebrità?

Twitter: @lVendemiale

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