“Lavorare per un premio Nobel in Olanda o un candidato al premio Nobel in Gran Bretagna ti dà una carica ineguagliabile. Sono leader, ma hanno l’umiltà tipica dei mentori e lavorano al tuo fianco mettendoti a tuo agio. Poi ti spingono a dare sempre il massimo”. Axel Troncossi ha 25 anni, è originario di Ancona e dopo la laurea in Chimica a Bologna con il massimo dei voti è andato all’estero per un Erasmus, un master biennale e un tirocinio a Groningen, nei Paesi Bassi, all’interno del Stratingh Institute for Chemistry diretto dal premio Nobel per la Chimica Ben Feringa. Che fra l’altro gli ha anche firmato una lettera di referenze. “Sì, sono uno dei tanti ricercatori italiani arrivati all’estero per non aver trovato adeguate opportunità di crescita professionale nel proprio Paese”.

Era il gennaio 2018 quando, a 20 anni, Axel ha preso il suo primo volo in assoluto: direzione Irlanda, con una borsa di studio del programma Erasmus. Andare all’estero significa dover dipendere esclusivamente dalle proprie capacità comunicative, dover parlare inglese, dover affrontare differenze sociali e culturali. La sua sensazione dominante, però, era “un’eccitazione incontenibile”, ricorda. Prima l’Irlanda, poi i Paesi Bassi, infine la Gran Bretagna: tre Paesi che hanno accolto “benissimo” Axel, sia sul lavoro che nel tempo libero. Certo, non sono mancati gli aspetti negativi, specialmente riguardo agli incentivi sulle tasse universitarie. Nelle università olandesi, ad esempio, l’esonero dalle tasse è riservato esclusivamente agli studenti nazionali, mentre “studenti europei e internazionali possono solo tentare con le pochissime borse di studio private, o richiedere mutui a tasso agevolato, “cosa che ho fatto”, aggiunge il dottorando marchigiano.

Nel 2021 Axel ha accettato la chiamata di David Leigh (già candidato al Premio Nobel per la chimica nel 2016) all’Università di Manchester, tra i primi 30 atenei al mondo nel QS World University Rankings. Entrare in una università prestigiosa, che è considerata al top nel proprio campo di studi, richiede una motivazione ferrea, uno sforzo iniziale in termini economici e – continua – una “buona salute per sostenere ritmi molto stressanti e gestire la vita in modo indipendente”. Tutto, però, è pienamente ricompensato dal “ricchissimo patrimonio di conoscenze, esperienze e formazione” che si può trarre in contesti di questo livello.

Il team di lavoro sui motori molecolari è composto da studenti di tutto il mondo. All’interno del laboratorio c’è una differenza rilevante rispetto a ciò che accade in Italia, spiega Axel: la gestione del tempo di un dottorando di chimica. “Qui posso iniziare a intraprendere l’attività di ricercatore indipendente, gestire ed essere responsabile in autonomia di una serie di compiti. All’estero ho riscontrato una maggiore libertà sotto questo aspetto. Ci si fida di più, dando piena autonomia decisionale su quando e come organizzare il proprio lavoro”. Le ore passate in laboratorio per gli esperimenti nel settore delle nanomacchine (generalmente tra le 9 del mattino e le 19), sono programmate senza alcun vincolo da parte del gruppo di ricerca, a parte quello degli incontri settimanali. Insomma, “posso davvero assaporare i risultati della mia pianificazione senza avere il costante stress di un supervisore che ti spinge a fare straordinari o a occuparti di altri compiti non collegati al tuo lavoro, come invece succedeva in Italia”, aggiunge.

Oltre all’aspetto motivazionale, lavorare con un premio Nobel ti permette poi di avere a disposizione capitali importanti da convogliare sui progetti. Avere più fondi significa avere un numero maggiore di collaboratori di alto livello (dottorandi, postdoc e professori), e procedere con l’acquisto di una moltitudine di composti chimici e strumentazioni all’avanguardia. Tutti elementi cruciali per partorire nuove idee e ottenere risultati.

Al contrario, in Italia, sebbene esistano oasi di eccellenza, i fondi e l’organizzazione delle facoltà sono tra gli ostacoli principali: “Posso confermare che nei Paesi dove ho abitato gli stipendi sono in media più alti, l’organizzazione dei laboratori e il disbrigo delle pratiche burocratiche è più veloce e dinamica, la risoluzione dei problemi è rapida, evitando accumulo e tempi morti”. Axel oggi è a metà del suo percorso di dottorato ed è in procinto di diventare “teaching assistant” all’Università di Manchester e supervisionare studenti triennali e magistrali nei vari corsi di laboratorio. Il suo sogno è quello di ottenere, un giorno, una cattedra a Cambridge, Yale o Singapore.

Eppure quando è arrivato il momento di scegliere il dottorato, Axel ha ricevuto diverse proposte all’estero, dalla Germania, dall’Australia, ma nessuna dall’Italia. “Sì, sono consapevole di come la mia partenza non contribuisca a migliorare la percezione sulla situazione italiana, ma il confronto con il nostro Paese al momento non è favorevole e oggettivamente non offre garanzie”. Axel ama l’Italia, si sente a casa ad Ancona, ma col tempo il rapporto con il suo Paese si è raffreddato. “Finora non mi sono mai pentito della mia scelta – conclude –. Se poi le condizioni cambiassero, magari iniziando a dedicare alla ricerca la stessa percentuale di Pil dei principali Paesi europei, potrebbe davvero arrivare il momento di ritornare a tempo pieno”.

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