Nella sua prima ricerca su cinque attacchi delle forze israeliane contro Gaza, avvenuti tra il 7 e il 12 ottobre, Amnesty International ha contestato uno dei punti chiave della narrazione di Tel Aviv: prima di bombardare quelli che considera obiettivi militari, l’esercito israeliano avvisa i civili in modo che possano evacuare l’area che sta per essere colpita.

In nessuno dei cinque attacchi esaminati da Amnesty International le forze israeliane hanno dato un preavviso efficace: non l’hanno dato in modo adeguato o non l’hanno dato affatto. Mai si sono assicurate che i civili avessero un luogo sicuro dove spostarsi. Peraltro, al momento degli attacchi non c’erano obiettivi militari o miliziani dei gruppi armati palestinesi nelle vicinanze.

Ecco cosa è successo in quattro dei cinque attacchi documentati. Alle 8.20 del 7 ottobre, le forze israeliane hanno centrato un edificio residenziale di tre piani nel quartiere di al-Zeitoun a Gaza City, dove vivevano tre generazioni della famiglia al-Dos. Nell’attacco sono morti quindici componenti della famiglia, tra cui sette bambini, il più piccolo dei quali aveva solo un anno e mezzo. Mohammad al-Dos, uno dei capi-famiglia, ha raccontato ad Amnesty: Due bombe sono cadute improvvisamente sulla cima dell’edificio, distruggendolo. Mia moglie e io siamo stati fortunati a sopravvivere. Lei era incinta di nove mesi e ha partorito all’ospedale al-Shifa un giorno dopo l’attacco. Ma la nostra intera famiglia è stata distrutta.

Amnesty International ha intervistato un vicino, la cui casa è stata anch’essa distrutta durante l’attacco. Come Mohammad al-Dos, anche lui ha confermato di non aver ricevuto nessun avvertimento da parte delle forze armate israeliane: È stato improvviso, nessuno ci ha detto nulla. Il fatto che l’edificio fosse pieno di persone conferma quanto testimoniato dai sopravvissuti sull’assenza del preavviso. Ci sono volute sei ore per rimuovere i corpi dalle macerie.

Il 10 ottobre un attacco israeliano contro un’abitazione familiare di al-Sahaba Street, sempre a Gaza City, ha ucciso 12 membri della famiglia Hijazi e quattro dei loro vicini. Fra le vittime, tre erano minorenni. Amnesty International ha parlato con Kamal Hijazi, che durante l’attacco ha perso sua sorella, i suoi due fratelli e le loro mogli, cinque nipoti e due cugini: La nostra abitazione di famiglia, a tre piani, è stata bombardata alle 17.15. È successo all’improvviso, senza alcun avvertimento. Per questo eravamo tutti in casa.

L’8 ottobre un attacco israeliano ha colpito il campo rifugiati di Nuseirat, al centro della Striscia di Gaza, uccidendo quattro persone, tra cui due bambini di tre e cinque anni, e ferendo un’altra ventina di persone, tra cui due bambini di due e tre anni.

Un testimone ha riferito ad Amnesty International che un vicino di casa aveva ricevuto una telefonata dall’esercito israeliano, intorno alle 10.30, in cui veniva avvisato che il suo edificio stava per essere bombardato. Alle 15.30, passate cinque ore e non essendoci stato alcun attacco, le persone sono tornate nelle loro abitazioni per prendere cose di prima necessità. Non appena rientrati negli appartamenti, è arrivata la bomba.

Dare un preavviso non esonera le forze armate dai loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario. In particolare, dato il tempo trascorso dal preavviso, si sarebbe dovuto verificare se c’erano civili nel luogo individuato per l’attacco.

Alle 10.30 del 9 ottobre, un attacco aereo israeliano ha centrato un mercato nel campo rifugiati di Jabalya, distruggendo almeno sei palazzi multipiano e strutture circostanti e uccidendo almeno 69 persone. Quel mercato è uno dei più frequentati luoghi commerciali della Striscia di Gaza e quel giorno era ancora più affollato del solito a causa della presenza di persone fuggite dalle zone vicine dopo aver ricevuto un sms dall’esercito israeliano. In questo caso, dunque, c’è stato un preavviso: tuttavia, le persone hanno lasciato le loro case per poi venire uccise esattamente nel luogo dove erano fuggite.

Le forze israeliane hanno dichiarato di aver colpito “una moschea al cui interno c’erano membri di Hamas”, ma non hanno fornito alcuna prova. Le immagini satellitari analizzate da Amnesty International non mostrano alcuna moschea nelle vicinanze del mercato.

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