Si, no, forse. Si fatica a capire se la legge di bilancio sia ormai cosa fatta o meno. Poco fa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affermato “vi sconsiglio di rincorrere le bozze, perché di bozze ce ne sono tante. Stiamo lavorando bene, in dirittura di arrivo”. Solo qualche ora prima il vicepremier Antonio Tajani aveva però “Non abbiamo ancora chiuso la legge di bilancio. Spero lo si possa fare presto”. Contraddicendo quanto detto dall’altro vicepremier Matteo Salvini: “Tra stanotte e stamattina abbiamo chiuso la legge di bilancio, ho dormito un pochino di meno perché il momento è complicato”. Versione avvalorata dal ministero dell’Economia che scrive: “Il Mef ha inviato il disegno di legge di bilancio alla presidenza del Consiglio per consentire la trasmissione al Parlamento, al termine delle operazioni tecniche di rito”.

Chiuso o meno che sia mel frenetico cantiere della legge di Bilancio, dove le norme cambiano di ora in ora, è spuntata qualche ulteriore novità sulle pensioni. La principale riguarda “Quota 103” che avrebbe dovuto diventare “Quota 104” ma che probabilmente rimarrà 103 (o una specie di 103 e mezzo), almeno per il 2024. Il numero indica la somma tra età anagrafica e anni in cui sono stati versati i contributi e costituisce la soglia minima per andare in pensione un po’ prima. Quota 103 dovrebbe rimanere in vigore anche l’anno prossimo ma con dei limiti supplementari sotto forma di penalizzazione economica. Per chi maturerà i requisiti la pensione anticipata sarà determinata con il calcolo contributivo e “per un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento”. Si tratterebbe quindi di un massimo di circa 2.250 euro considerando la pensione minima fissata dall’Inps di poco più di 563 euro. La finestra per l’uscita dovrebbe variate varia tra pubblico e privato. Non cambierebbero i requisiti di 62 anni di età e 41 di contributi ma, una volta raggiunti, i dipendenti privati dovrebbero aspettare 6 mesi per l’assegno e i pubblici 9 mesi.

Per chi è interamente nel sistema contributivo, e quindi non ha contributi versati prima del 1996, l’anticipo della pensione di tre anni rispetto all’età di vecchiaia (quindi a 64 anni invece che a 67) sarà possibile solo se si è maturato un importo di pensione di almeno 3 volte l’assegno sociale (503 euro), che si riduce a 2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 per quelle con due o più figli. Questo sarebbe quanto emerge dall’ultimissima versione che però non viene ancora data per definitiva ma che conferma quanto emerso giovedì sera. Lo indica l’ultima stesura della manovra ancora in via di elaborazione. Viene anche introdotto un tetto per il periodo di anticipo, per un valore lordo mensile massimo “non superiore a cinque volte il trattamento minimo”, ovvero pari a 2.515 euro.

Scende all’85% l’indicizzazione delle pensioni tra 4 e 5 volte il minimo. Nell’ultima stesura della manovra ancora in via di elaborazione, per gli assegni superiori a 4 volte il minimo (circa 2mila euro) e pari o inferiori a 5 volte (2.500 euro) la percentuale dell’adeguamento torna all’85%, dal 90% previsto in una prima bozza. La percentuale torna così al livello già fissato nella scorsa legge di bilancio per il biennio 2023-2024. Per il resto l’adeguamento resta al 100% per i trattamenti pensionistici pari o inferiori a quattro volte il minimo, mentre sono previsti tagli per le altre fasce: 53% per quelle tra 5 e 6 volte il minimo; 47% per quelle tra 6 e 8 volte il minimo; 37% per quelli tra 8 e 10 volte e 22% per le pensioni sopra 10 volte il minimo (come previsto nelle prime versioni della legge di bilancio circolate dopo il cdm).

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