di Savino Balzano

Ho trovato davvero imbarazzanti e assai gravi le parole di Roberto Saviano a margine della condanna per diffamazione, per aver dato della “bastarda” a Giorgia Meloni.

Premetto sin da subito di non nutrire alcuna simpatia per lo scrittore, anzi: mi è profondamente antipatico. Lo dico per onestà e trasparenza nei confronti di chi legge: penso che Saviano sia uno dei più feroci alfieri del politicamente corretto (a fasi alterne, evidentemente: a dare della bastarda a Meloni ci ha messo assai poco) e francamente penso, in totale sincerità, che sia emblema di un mondo malinconicamente noto, radical e salottiero, di una sinistra abbastanza finta, lontanissima dalla gente e dal popolo che invece pretende di rappresentare.

Smontare gli argomenti di Saviano è davvero semplicissimo: racconta di una sorta di Italia autoritaria, di un potere esecutivo che prova ad armare la magistratura per sopprimere il diritto di espressione e di critica, di una politica che profitta del suo potere per soverchiare il “povero” scrittore idealista.

Prima di tutto c’è da dire che quando Saviano venne querelato da Meloni, quest’ultima non era al governo e capeggiava un partito assai meno rappresentativo di quello che è oggi. Se la sentenza arriva adesso è da imputare ai tempi del processo e che ora Meloni sia il Presidente del Consiglio mi pare tutto sommato una casualità. Il tentativo, maldestro, è quello di distogliere l’attenzione dal processo: nel quale ci si dovrebbe difendere, come Saviano ha provato a fare, per poi accettarne le conseguenze con rispetto.

A parte il fatto che non si riesce ancora a comprendere se la magistratura sia a favore o contro questo governo (a leggere degli scontri, peraltro proprio sul tema dei migranti, non mi pare scorra buon sangue). Penso che quello che Saviano ha affermato sia molto grave e la magistratura stessa dovrebbe interessarsene: se le regole sono state rispettate, se all’imputato Saviano sono state riconosciute tutte le garanzie previste dal codice, esattamente in cosa si declinerebbe questo autoritarismo che percepisce? E, soprattutto, se davvero l’esecutivo tenta di schiacciare alcuni intellettuali scomodi (ci torniamo tra poco su questo) ricorrendo alla magistratura, allora si potrebbe concludere che quest’ultima sia complice del potere esecutivo? Credo che sia un punto da chiarire e che sia necessario farlo con assoluta urgenza.

Peraltro, come cittadino della Repubblica, mi sento offeso dalle dichiarazioni di uno scrittore che offende lo Stato, mentre quest’ultimo gli garantisce una scorta, pagandola con risorse economiche della collettività: in effetti una forma assai curiosa di paese autoritario.

L’elemento però di maggior centralità, a mio sommesso avviso, riguarderebbe la “scomodità” dell’intellettuale Roberto Saviano. Mi spiace di cuore doverlo scrivere (mica tanto in effetti), ma se io fossi Giorgia Meloni mi augurerei la piena attività di centinaia e centinaia di roberti saviani: quando Saviano ha dichiarato di voler lasciare l’Italia a seguito di questa condanna (già me lo immagino mentre chiede di essere accolto altrove come perseguitato politico: sarebbe una scena davvero da immortalare) avete notato qualcuno, anche nella vostra “bolla social”, che si sia disperato in merito? Un intellettuale è scomodo se fa presa sulla gente, se ne condiziona i pensieri e magari i comportamenti: al popolo non interessa assolutamente nulla di dove vive Roberto Saviano (peraltro si è detto spesso delle sue permanenze a New York, legittimissime: ci mancherebbe altro!). Nessuno mi pare abbia provato o stia provando a trattenerlo: assolutamente nessuno.

Insomma qui forse siamo in presenza di una bella trovata di marketing in pieno stile berlusconiano, il colmo dei colmi verrebbe da dire: un condannato che si racconta come perseguitato. Saviano è spesso in TV ospite di programmi seguitissimi, è ripreso da decine di giornali di area e non solo, è scortato e protetto dalla forza pubblica, chiama bastarda il capo del governo (una donna, piccolo cortocircuito) e viene condannato a pagare una cifra simbolica, contesta pubblicamente la sentenza con argomenti che a molti appaiono ambigui e contraddittori, dice di voler scappare verso un altro paese e nessuno della polizia cerca di fermarlo: tutto questo avverrebbe in un paese dove la democrazia è a rischio.

Saviano ha avuto certamente dei meriti, il primo Saviano quantomeno, ma per come la vedo io sono stati vanificati dalla politicizzazione che ha fatto della lotta alle mafie: politicizzazione che peraltro lo ha portato allo scontro con uomini come don Patriciello che, ventre a terra, combattono certe devianze ogni santo giorno. Senza parlare della spettacolarizzazione della camorra, giustamente criticata da Gratteri.

Il nostro è un paese libero e democratico: abusare dello spettro dell’autoritarismo credo sia assai pericoloso (e poco onesto a dirla tutta) perché la favola Al lupo! Al lupo! la conosciamo tutti e il rischio è quello di non vederli poi certi pericoli, qualora divenissero verosimili. Inoltre certe affermazioni, oltre a denotare una totale assenza di argomenti seri, probabilmente esprimono anche una imbarazzante sopravvalutazione di sé.

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