Come da attese l’assemblea del Cnel presieduta da Renato Brunetta non ha approvato la proposta presentata dai cinque esperti nominati dal presidente della Repubblica sulla sperimentazione della tariffa retributiva minima per i settori in cui i lavoratori sono più fragili e per giovani, donne e immigrati. E si è spaccata al momento di votare il documento finale sul lavoro povero e il salario minimo scritto materialmente dal giuslavorista Michele Tiraboschi, stando al quale un minimo per legge in Italia non serve. Il testo è stato approvato con 39 voti a favore e 15 contrari: hanno confermato il no già espresso nella Commissione dell’informazione Cgil, Uil e Usb, a cui si sono aggiunti appunto Marcella Mallen, Enrica Morlicchio, Ivana Pais, Alessandro Rosina e Valeria Termini, firmatari dell’emendamento respinto. Otto consiglieri sui 62 presenti (in totale sono 64) non hanno partecipato al voto.

La pdl delle opposizioni verso il rinvio – Era stata la premier Giorgia Meloni a inizio agosto, messa alle strette dall’ampio sostegno che il salario minimo riscuote tra gli italiani, ad affidare al Consiglio un’analisi dei dati e delle ripercussioni di un’eventuale iniziativa legislativa. Il documento finale, scritto in tutta fretta visto che la nuova consiliatura si è insediata solo il 22 settembre, sarà ora consegnato al governo in vista del 17 ottobre, quando dovrebbe tornare in aula alla Camera la proposta di legge unitaria delle opposizioni (tranne Italia viva) che fissa un tetto di 9 euro lordi all’ora sotto i quali nemmeno i contratti nazionali possono scendere. La maggioranza però sta valutando se chiedere un rinvio in commissione “per approfondire il documento del Cnel”. “Aspettiamo al varco governo e maggioranza”, commenta la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. “Non ci stancheremo di incalzarli se decideranno di fuggire, ancora una volta, rimandando il disegno di legge in commissione. Abbiano il coraggio di dire no sui 9 euro l’ora che abbiamo proposto per i 3.5 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri in Italia”. Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, concorda: “Noi non demorderemo, vogliono fare una melina sulle spalle di lavoratori sottopagati. Contrasteremo in tutti i modi questo disegno che consideriamo scellerato”.

“Voto diviso e divisivo” – “Il Cnel approva il suo documento con un voto diviso e divisivo“, commenta Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Partito democratico. Per Brunetta va tutto bene, non è la “casa dei corpi intermedi” ad essere spaccata ma il sindacato visto che “solo la Cisl è rimasta sulla stessa idea, con il no ad una legge sul salario minimo”. Ma a votare contro sono stati, appunto, anche i cinque saggi che suggerivano, a fianco degli interventi per rafforzare la contrattazione collettiva, “l’introduzione temporanea di una tariffa retributiva minima in via sperimentale”. L’emendamento – diviso in due ai fini del voto – sottolineava anche che un salario minimo “se ben implementato all’interno dei meccanismi della contrattazione collettiva non indebolisce ma rafforza la stessa”: il contrario rispetto a quel che sostiene la maggioranza di centrodestra e a quel che si legge a pag. 29 delle Osservazioni e proposte del Cnel.

L’assemblea straordinaria ha approvato solo un emendamento del consigliere Carlo Altomonte, professore di Economia dell’integrazione europea alla Bocconi, anche lui nominato dalla presidenza della Repubblica, che prevede un monitoraggio sulle condizioni di figure professionali e categorie particolarmente “deboli” e gruppi di lavoratori marginali.

Le proposte del Cnel – Cosa prescrive dunque – una parte del – Cnel? Il documento finale afferma che “la mera introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva”. E che vanno evitate “sia una deriva giudiziale della retribuzione adeguata che una deriva politica della materia”. Il fenomeno dei contratti pirata viene definito “marginale” anche se “preoccupante”. La pars construens comprende un piano di azione nazionale a sostegno del sistema della contrattazione collettiva, una norma che imponga ai giudici – quando valutano la rispondenza di un salario all’articolo 36 della Costituzione – di “fare riferimento non solo al minimo tabellare ma al trattamento economico complessivo ordinario e normale (più elevato) spettante in applicazione dei contratti collettivi di maggiore diffusione” e, come massima concessione, una tariffa minima (ma non fissata per legge) per i lavoratori temporanei, parasubordinati, fittiziamente autonomi, occasionali, stagisti, discontinui, a tempo parziale involontario e attivi in “aree di lavoro povero”. Tariffa che andrebbe “parametrata sugli indicatori della direttiva europea“: prendendo dati Istat risalenti al 2019, prima della grande inflazione, la soglia secondo il Cnel dovrebbe essere fissata intorno ai 7 euro. Nulla sulla grande incompiuta della misurazione della rappresentanza : “Non è una riflessione che devo fare io, ma le organizzazioni sindacali, imprenditoriali, il mondo della politica, se il tempo è maturo”, ha chiuso Brunetta. “Non solo per applicare l’articolo 39 se non per riscriverlo”. Una prima versione del documento proponeva in realtà un ddl costituzionale per abrogarne due commi. Poi si è deciso di soprassedere.

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