Moda e Stile

Il caldo record mette in crisi la moda: solo a settembre persi 320 milioni. Felloni: “Penalizzate piccole boutique di quartiere e negozi storici”

"In un settembre caldo con temperature sorprendentemente miti nonostante il cambio di stagione”, ci spiega il presidente di Federazione Moda Italia, Giulio Felloni, "i negozi di moda hanno registrato il rinvio di almeno un mese degli acquisti di maglieria, giacche, abiti, giubbotti, abbigliamento e calzature più pesanti sia per la donna che per l’uomo"

di Ilaria Mauri e Massimiliano Sortino

A settembre le vendite di abbigliamento e accessori nei negozi sono calate del -6%, dato che schizza a quota -30% se si guarda a questi primi dieci giorni di ottobre. D’altra parte, a chi verrebbe voglia di provare stivali, maglioni e cappotti quando la colonnina di mercurio continua a sfiorare i 30 gradi un po’ in tutt’Italia? Sì, perché se non ci fosse il calendario a ricordarci che siamo ad ottobre neanche ci accorgeremmo che è arrivato l’autunno. E gli effetti di questo meteo impazzito a causa dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire anche nel mondo della moda.

Sì, perché questo settore basa la sua strategia di vendita sul meccanismo degli ordini anticipati. Come funziona? I negozianti effettuano gli ordini per le collezioni estive o invernali mesi prima dell’arrivo della stagione stessa, anticipando i gusti e le preferenze dei clienti e, spesso, pagando in anticipo per garantirsi i prodotti desiderati. Questo sistema funziona bene quando la domanda segue le aspettative, ma diventa problematico quando fattori imprevedibili – come il caldo insolito di queste settimane – influiscono sul comportamento d’acquisto dei consumatori. Le temperature estive hanno provocato infatti un ritardo nell’inizio della domanda di abbigliamento invernale, con i consumatori che hanno posticipato gli acquisti di capi più pesanti.

Ed ecco che torniamo al dato iniziale: quel -6% di acquisti nei negozi effettuati nel mese di settembre, ovvero circa 320 milioni in meno di euro sul giro d’affari annuo che si attesta intorno a 34 miliardi di euro. Questi sono i conti fatti da Federazione Moda Italia-Confcommercio, che ha fatto un sondaggio tra i suoi associati proprio per stimare l’impatto economico che questo caldo anomalo sta avendo sulle vendite di moda. In particolare, il 54% dei negozianti intervistati ha segnalato un calo delle vendite, rispetto al 27% che ha registrato invece aumenti e al 18% che ha visto i propri incassi rimanere stabili. “In un settembre caldo con temperature sorprendentemente miti nonostante il cambio di stagione”, ci spiega il presidente di Federazione Moda Italia, Giulio Felloni, “i negozi di moda hanno registrato il rinvio di almeno un mese degli acquisti di maglieria, giacche, abiti, giubbotti, abbigliamento e calzature più pesanti sia per la donna che per l’uomo. Nel frattempo noi negozianti ci troviamo con i magazzini pieni e sfide finanziarie legate alle scadenze dei pagamenti, tra tasse, personale, bollette e affitti in aumento per l’inflazione. Ad averne risentito maggiormente sono i punti vendita dei piccoli centri, le piccole boutique di quartiere o i negozianti storici lontani dalle rotte turistiche o dalle località costiere dove i vacanzieri – soprattutto gli stranieri – trainano gli acquisti”. “La stagione estiva dal punto di vista dell’offerta commerciale è finita, in vetrina ed esposti ci sono già i capi invernali, ma le condizioni meteorologiche stanno mettendo in difficoltà i negozi”, prosegue Felloni, che – da imprenditore del settore con uno store multibrand a Ferrara – affronta in prima persona la situazione. “Non posso nascondere le preoccupazioni: i clienti guardano le vetrine, entrano, studiano la merce e valutano i prezzi ma non comprano, rimandano l’acquisto”.

E non a caso diversi brand del lusso (vedi Valentino) hanno saggiamente pensato di mettere subito in vendita una “pre-collezione” Primavera/Estate 2024, ovvero alcuni capi chiave dell’ultima sfilata che possono essere indossati subito. E non c’è da stupirsi che i clienti in boutique preferiscano prendere le nuove ciabattine con le borchie da sfoggiare immediatamente piuttosto che stivali o anfibi.

“A luglio e agosto i turisti si sono subito lanciati ad acquistare le novità delle collezioni Autunno-Inverno 24 appena arrivate in negozio, poi con la fine delle vacanze le vendite si sono assestate. Con il fatto che questa estate sembra non finire mai, rispetto all’anno scorso sono aumentate le vendite dei cappelli per proteggersi dal sole e dall’afa, soprattutto i modelli baseball, buket e a caschetto”, ci spiega Daniela Kraler, presidente dello storico store multibrand Franz Kraler di Dobbiaco e Cortina, la Perla delle Dolomiti. Anche lassù l’autunno è un miraggio e si guarda invece alle “pre-collezioni” della prossima estate: “Sono già in magazzino pronte per essere esposte, a disposizione se qualche cliente dovesse chiederle”, ci dice. Daniela, che assieme al marito Franz dirige con successo da molti anni 7 negozi di cui tre monomarca in partnership con brand del lusso come Louis Vuitton, Dior e Gucci, sottolinea poi come sia diminuita la capacità di spesa dei suoi già selezionatissimi clienti: “Se prima c’erano gli habitué dalle grandi possibilità economiche, ora entrano più clienti ma disposti a spendere un po’ meno: tra i 1000 e i 2000 euro a testa, in media”.

Da Nord a Sud, se il lusso non sente crisi lo dobbiamo proprio ai tanti turisti che continuano ad affollare il nostro Paese: ce lo conferma anche Aldo Carpinteri patron di Modes, altro punto di riferimento dello shopping più esclusivo con negozi in tutta Italia, da Milano a Cagliari, da Portofino a Forte dei Marmi, ma anche a Parigi, Sankt Moritz e Gstaad. “Questo ottobre e questo autunno che tarda ad arrivare non influenza i nostri fatturati che continuano a crescere. Se i cappotti in questo momento non si vendono, i nostri clienti acquistano giacche in pelle, cinque tasche in denim e t-shirt in attesa che arrivi l’inverno”, sottolinea Carpinteri. “Sicuramente l’offerta è molto varia grazie ai flash di collezione di alcuni stilisti che propongono capi basici non stagionali e ai giovani creativi”, aggiunge. Ed è proprio su questi vestiti che in gergo tecnico si definiscono “no season” (“nessuna stagione”, ndr) che punta ormai sempre di più anche il fast fashion, che – oltre a poter contare per sua stessa definizione su un’offerta vastissima di capi e modelli in contemporanea – ha “aggirato” il problema puntando su pezzi da mixare e stratificare per creare look “sempreverdi” che vanno bene proprio per ogni stagione.

C’è poi chi, come Beppe Angiolini, il titolare dello storico store Sugar di Arezzo, va controcorrente: “Non penso che si vendano di meno le collezioni autunnali per colpa del caldo inaspettato”, ci dice. “Certo una giornata di pioggia o molto fredda può far scattare la voglia di acquistare un nuovo cappotto, ma penso che in questo momento storico le persone stiano molte attente ad acquistare nuovi capi. In questi giorni sicuramente non si vendono tanti cappotti, ma molti blazer”, spiega. “Se fino a qualche anno fa a giugno luglio molti vestiti invernali erano già stati venduti, oggi i tempi sono cambiati. Trovo che la congiuntura storica tra inflazione, guerre e instabilità dei mercati porti ad acquistare di meno ma meglio, a scegliere capi fatti per durare di cui si ha bisogno realmente”.

Una riflessione, quella di Angiolini, che ben esemplifica la fase di incertezza e transizione che sta affrontando tutto il mondo della moda (e di cui vi abbiamo parlato qui). Ma se appunto il mondo dello shopping di lusso è immune alla crisi (e anche di questo ne abbiamo scritto), resta tutt’altro che trascurabile il fatto che i negozianti si trovino con i magazzini pieni e, sostanzialmente, due mesi per raggiungere il budget con le vendite a prezzo pieno prima che a gennaio inizino i saldi. “La giacenza dell’invenduto è un problema tutt’altro che secondario”, chiosa Felloni di Federmoda. “Ci sono molti nostri associati che già spingono per fare offerte e ribassi ma sarebbe un suicidio per il comparto. I prezzi di queste collezioni invernali hanno subito aumenti nell’ordine di un +15/20% ma i negozianti – per non perdere i clienti – aumentano il prezzo finale solo del 5-7%, riducendo il proprio margine. Iniziare subito con gli sconti non è sostenibile”.

Per questo, per affrontare questa emergenza, Federazione Moda Italia-Confcommercio ritiene fondamentale trovare un accordo di filiera con i fornitori per prorogare le scadenze dei pagamenti autunnali. Inoltre, ci si aspetta un intervento governativo sulla riduzione dei costi di locazione al fine di alleviare la pressione finanziaria e una tassazione meno invasiva, prevedendo anche la riduzione dell’IVA al 10% sui prodotti di moda, in particolare su quelli made in Italy e sostenibili. Il presidente Felloni conclude: “Tutto questo per evitare che un grande patrimonio rappresentato dai negozi di vicinato possa essere intaccato procurando la perdita di migliaia di posti di lavoro”.

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