Riporto le parole della mia amica Paola Zamboni: “Cosima, ragazza dolce e coraggiosa, cerca di trovare un volo per raggiungere Milano con i suoi gemellini. E’ difficile. In Israele, un governo di idioti ha permesso a delinquenti assoluti di trovare la via libera per commettere ogni possibile scempio”. Mi sento di sottoscrivere ogni parola della mia amica Paola.

Quindi, abbiamo da una parte un governo di idioti di destra e dall’altra il fondamentalismo islamico di destra, altrettanto idiota e criminale. E poi c’è il sangue degli innocenti che irrora le spietate trame geopolitiche del mondo. E qui mi fermo perché questo non è un pezzo di geopolitica, mi interessa invece fare un discorso sulla nostra cosiddetta sensibilità di esseri umani e di cittadini. Non voglio nemmeno fare un discorso generico ma parlare della mia persona, di come vivo l’orrore di certe notizie e del modo in cui queste notizie ci vengono (rap)presentate.

Anche io come molti di voi sono andato a vedere le immagini degli attacchi di Hamas a Israele, all’inizio dei filmati c’è un avviso a caratteri cubitali: “Queste immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità”.

Quale sensibilità? mi chiedo con spietata onestà. Non siamo forse tutti presi dalla nostra vita di tutti i giorni? Il Corriere ha pubblicato in prima pagina le foto dei giovani che sono stati falcidiati dalla furia di Hamas, ogni volto è sacro e rimanda all’infinito come ci insegna il filosofo Emmanuel Lévinas, ogni morte è il soffocamento di quel caleidoscopio di possibilità che è la vita umana, eppure quei volti, pubblicati per non dimenticare, sono finiti sulla carta di un giornale che ha la vita di una farfalla di inchiostro e piombo, volti che finiranno nel riciclo il giorno dopo. Volti riciclati in nuovi nascenti orrori. Orrore, volto, riciclo. La triade perfetta dell’insensibilità. Solo l’arte ha il potere di “salvare” quei volti, di renderli eterni, di farli perdurare nella nostra (in)sensibilità.

Abbiamo bisogno di arte per restare umani, per non soffocare, altrimenti il destino di ogni volto è il cestino. La deiezione, intesa filosoficamente, è lo scadimento della vita nel quotidiano. Il quotidiano, vale a dire tutta quella sovrastruttura di gesti impigliati nelle scadenze e cadenze della vita di ogni giorno. Mettere il caffè nella moka, andare di corpo, farsi la doccia, lavarsi i denti, vestirsi e uscire di casa nel traffico organico e meccanico di un’esistenza scartavetrata, ridotta all’osso, senza più polpa, senza più amore, fino a quando un’esplosione, una malattia, un lutto, un ricamo orrendo di macerie, non vengano paradossalmente a salvarci da questa giostra ripetitiva,
sbattendoci in faccia il vuoto, l’assoluto, il precipizio sotto la vernice, evocando in noi un nuovo spazio di umanità ancora da esplorare. E questo solo l’arte può farlo.

La deiezione è ineliminabile dalla vita umana, ma possiamo lottare, possiamo decidere di non arrenderci all’insensibilità che la deiezione comporta. Non sono pazzo se vi dico che solo l’arte può salvare l’umanità. L’arte salva il volto umano. Chi comprende l’infinito di ogni volto non potrà mai più concepire la guerra e l’omicidio. Chi sa riconoscere il volto umano avrà un’arma in più per lottare contro la deiezione e contro le ingiustizie. Il volto è il patrimonio dell’umanità. Voi mi direte che questo è un modo ideale di vedere le cose, ma l’idea non è qualcosa di irreale, l’idea è la radice di ogni realtà, dobbiamo tendere all’ideale come alla parte più vera della realtà, è proprio la realtà a essere irrealistica se viene defraudata della sua radice originaria.

Questo per dire che i volti pubblicati in prima pagina dal Corriere non sono volti estranei, siamo noi, è il nostro stesso volto che è stato tradito, come sono il nostro volto anche i volti che non vengono pubblicati dal Corriere, tutti i volti dei palestinesi uccisi, umiliati e martoriati da decenni, a causa di una politica cieca, colonialista e spietata, una politica “senza volto”. L’arte esiste per ricordarci il volto umano, per fare in modo che non finiscano in un cestino o nel processo industriale del riciclo, altrimenti la triade orrore-volto-riciclo non avrà fine e noi continueremo a mettere il caffè nella moka, ad andare di corpo, a farci la doccia, a vestirci, a uscire nel traffico, ma senza più un volto, senza amore, senza vita.

Già morti e sepolti dalla deiezione, dall’insensibilità, dalla giostra delle abitudini ossessive, senza arte, senza poesia, senza musica, e un giorno vedremo un deltaplano sulle nostre teste, non un missile supersonico, no, un semplice e poetico deltaplano, con un mitra nascosto, a ricordarci che chi ha perduto il volto ha perduto tutto.

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