Il maxi rapporto debito/pil dell’Italia rischia di andare fuori controllo se il Pnrr, dopo i rinvii chiesti alla Ue, non sarà pienamente attuato e se il governo mancherà i decisamente ottimistici obiettivi di introiti da privatizzazioni previsti nella Nadef. E l’andamento del deficit/pil, che nel 2024 e 2025 rimarrà superiore al previsto, non è giustificato a sufficienza nella relazione sullo scostamento di bilancio su cui mercoledì il Parlamento dovrà votare a maggioranza assoluta: “Appaiono necessarie maggiori informazioni per valutare se vi siano i presupposti per giustificare una revisione del piano di rientro”. Senza contare che Eurostat nel 2024 riesaminerà la classificazione del Superbonus e potrebbe, se risulterà che molti crediti legati a lavori edilizi sono risultati inutilizzabili, ribaltare il giudizio di fine settembre riducendo il deficit 2020-2023 ma gonfiando quello degli anni successivi, già esposti all’apertura di una procedura Ue per disavanzo eccessivo. Sono gli avvertimenti dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che in audizione ha validato il quadro programmatico descritto nella Nota (con un pil in aumento dell’1,2% nel 2024) ma evidenziando molti elementi di incertezza e rischi.

Solo il 50% di chance che il debito cali – Sulle chance che il debito rimanga davvero su una traiettoria di lievissima discesa, come prevede il documento firmato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, l’Upb conferma i dubbi espressi lunedì da Bankitalia e Corte dei Conti. Dubbi che espongono Roma a una revisione al ribasso del rating, che S&P aggiornerà il 20 ottobre, Fitch il 10 novembre e Moody’s il 17. Nel 2023 la probabilità di discesa è stimata “intorno al 60%“, negli anni successivi addirittura “poco al di sopra o intorno al 50%“. A pesare sul numeratore sono il progressivo aumento della spesa per interessi rispetto agli anni felici dei tassi a zero oltre che, nel medio-lungo periodo, le spese connesse con l’invecchiamento della popolazione. Mentre sul denominatore, cioè la crescita del pil che il Fondo monetario internazionale ha appena rivisto al ribasso, “c’è un rischio molto forte che viene dalle tensioni geopolitiche, sia la guerra prolungata in Ucraina sia quello che sta succedendo in Israele possono esercitare un effetto negativo sulle prospettive di crescita attraverso i mercati dell’energia e il commercio mondiale”, ha spiegato la presidente Lilia Cavallari. Altro punto di domanda riguarda la dinamica dell’inflazione, che potrebbe a sua volta scendere meno del previsto per effetto di aumenti dei prezzi delle materie prime con relativi effetti sui consumi interni.

Con il Pnrr attuato al 50% crescita più bassa di 1,5 punti – Il maggior fattore di rischio interno riguarda però la realizzazione del Pnrr dopo che “nei primi due anni del programma l’attivazione di investimenti pubblici è stata modesta“. Il governo continua a ipotizzare una piena messa a terra delle risorse, ma “in un contesto di inasprimento delle condizioni di accesso al credito, affinché lo stimolo all’attività produttiva sia significativo e duraturo occorre avanzare speditamente con l’attuazione degli interventi e con le riforme strutturali”. E la Nadef non dà informazioni sull’andamento della spesa effettiva nel 2023 né sull’andamento atteso anno per anno a partire dal 2024. Al momento, sottolinea il testo dell’audizione, “l’accumulazione di capitale prospettata dal Mef mostra un profilo in accelerazione, mentre è attesa in rallentamento dalla maggior parte dei previsori del gruppo di validazione”. Cavallari ha quantificato le possibili conseguenze di un’attuazione solo parziale: “Se il 50% non venisse realizzato significherebbe 1 punto e mezzo di crescita in meno“.

In aggiunta c’è “incertezza sull’effettiva realizzazione del programma di dismissioni mobiliari” che dovrebbe fruttare “importi rilevanti se si osservano i dati sulle privatizzazioni degli anni immediatamente precedenti la crisi pandemica“. Ipotizzando che quegli introiti non si verifichino e le privatizzazioni fruttino zero euro, nel 2026 il debito si attesterebbe a 140,1 punti di pil invece che i 139,6 previsti nella Nadef. Poco dopo il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha ammesso che il percorso delle privatizzazioni “è un percorso a ostacoli che vogliamo comunque perseguire”. Su Mps “stiamo valutando e valuteremo come e quando anche in un’ottica politica industriale”, ma c’è anche “una valutazione sulle infrastrutture strategiche del Paese: in alcuni settori possiamo entrare, altri, non ancora toccati da societarizzazioni o privatizzazioni, potranno essere utilmente oggetto di questi processi”. Quanto a Ita, “è un percorso ad ostacoli che però vogliamo perseguire. E’ un progetto ambizioso, ma penso che potrà essere realizzato”.

Espansione o stretta? – Per quanto riguarda la richiesta di scostamento che dovrà essere approvata dal Parlamento, pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025, a giudizio dell’organismo che vigila sulle stime del governo “appaiono necessarie maggiori informazioni rispetto a quelle contenute nella Relazione e nella Nadef per valutare se vi siano i presupposti per giustificare una revisione del piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine”. Il punto è che nel 2024 la crescita dovrebbe essere superiore a quella potenziale (in gergo tecnico si parla di output gap positivo) e in questa situazione le regole europei sui conti pubblici prescrivono una stretta e non un’espansione. La relazione del Mef, che nel 2024 punta a utilizzare le risorse in deficit per confermare il taglio del cuneo fiscale, spiega la scelta chiamando in causa “la necessità di ridare slancio all’economia a fronte dell’incertezza che caratterizza la situazione economica” e rischi legati a inflazione e tensioni internazionali. Situazioni che di per sé – in base all’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio – non giustificherebbero il maggior indebitamento, consentito in casi di “grave recessione economica” o “eventi straordinari“. Rinviare l’aggiustamento (il deficit/pil tornerebbe sotto il 3% nel 2026) e prevedere l’uso di tutti i margini di bilancio che si renderanno disponibili, ha fatto presente Cavallari, farà si che “non ci siano risorse per fronteggiare eventi imprevisti e l’altro rischio è quello di procrastinare l’aggiustamento a quando ci saranno condizioni anche meno favorevoli”.

Giorgetti ha sostenuto che “l’atteggiamento del governo è responsabile, è prudente”, e “quando vedrete il documento di bilancio vi renderete conto dello sforzo che abbiamo fatto per contenere la spesa, e non sarà semplice da digerire per tanti, anche tanti miei colleghi. Questo sarà l’atteggiamento che noi presentiamo di fronte alle agenzie di rating”.

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