Nino Madonia è colpevole dell’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Lo ha deciso la corte d’Assise d’Appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino. Dopo quasi cinque ore di camera di consiglio è stata quindi confermata la condanna all’ergastolo per il duplice delitto del 5 agosto 1989. A chiedere la conferma della sentenza di primo grado, emessa il 19 marzo del 2021, sono stati i sostituti procuratori generali Umberto De Giglio e Domenico Gozzo, che è sostituto alla Procura nazionale Antimafia, ma è rimasto applicato al processo d’Appello.

“Quella di oggi è una sentenza che ha un valore straordinario e premia gli sforzi titanici, che per oltre trentaquattro anni hanno fatto Vincenzo Agostino e – finchè ha potuto – l’indimenticabile signora Augusta. Per l’ennesima volta in questo Paese lo Stato riesce a raggiugnere verità e giustizia solo grazie all’impegno dei familiari delle vittime”, dice a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile. Quello di Agostino, infatti, è stato per tre decenni un caso apparentemente senza soluzione. Le indagini, molto complesse anche per una serie di depistaggi che hanno sottratto elementi di prova, hanno subito un’accelerazione nel 2015, quando la procura generale guidata da Roberto Scarpinato ha avocato il fascicolo. A tenere viva l’attenzione sul caso è stato, in tutti questi anni, Vincenzo Agostino, padre del poliziotto ucciso, divenuto un simbolo della ricerca di verità: a chi ha frequentato il palazzo di giustizia di Palermo è capitato spesso d’incontrarlo mentre si recava in procura a chiedere novità sulle indagini.

Da segnalare che, poco prima che i giudici entrassero in camera di consiglio, l’imputato Madonia è intervenuto, rendendo dichiarazioni spontanee. “Non li ho uccisi io. Io sono innocente“, ha detto il potente boss del mandamento di Resuttana, già condannato per alcuni omicidi eccellenti: tra gli altri quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Pio La Torre, di Ninni Cassarà. Quella dei Madonia era una famiglia importantissima nella geografia di Cosa nostra, anche perché aveva rapporti con esponenti dei servizi segreti. La ragione dell’omicidio di Antonino Agostino sta anche nei “rapporti che Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia, intratteneva con esponenti importanti delle forze dell’ordine collegati ai servizi di sicurezza dello Stato”, aveva scritto il gup Alfredo Montalto nella sentenza di primo grado.

Nonostante lavorasse ufficialmente al servizio Volanti del commissariato San Lorenzo di Palermo, infatti, Agostino dava la caccia al latitanti. Quelli di Cosa nostra, che all’epoca si chiamavano Totò Riina e Bernardo Provenzano e comandavano un esercito completamente mimetizzato nella vita di ogni giorno. Al bar, per strada, in banca: nel 1989 a Palermo la mafia non era un’anomalia, era routine. “Quest’omicidio è stato fatto contro di me“, dirà davanti alla bara di quell’agente di polizia il magistrato Giovanni Falcone: avevano ucciso un investigatore che lavorava con lui, seppur in via riservata. Troppo riservata: fino a poco tempo fa di quella collaborazione non si sapeva nulla. Non si poteva: il principale testimone di tutta quella storia, cioè lo stesso Falcone, è stato ucciso nella strage di Capaci. Ma che tipo di legami c’erano tra Agostino e Falcone? “Agostino collaborava sia nell’attività prestata per la scorta di un testimone che veniva sentito in quel momento da Falcone, cioè l’estremista di destra Alberto Volo. Sia per le attività di cui si occupava personalmente Falcone, che si era circondato in modo riservato dell’aiuto di alcuni esponenti della Polizia”, ha raccontato a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Repici. Agostino, dunque, era a conoscenza delle indagini che Falcone portava avanti sui possibili legami esistenti tra eversione nera e Cosa nostra, in un periodo culminato nell’attentato fallito dell’Addaura. Sarà un caso ma proprio dopo il ritrovamento dell’esplosivo sugli scogli, nei pressi della villa che aveva preso in affitto, Falcone parlerà di “menti raffinatissime“, capaci di orientare le iniziative di Cosa nostra.

Sull’omicidio Agostino è in corso un altro processo, col rito ordinario, in cui è imputato un altro boss mafioso, Gaetano Scotto, accusato come Madonia di essere il killer del poliziotto e della moglie. Alla sbarra anche Francesco Paolo Rizzuto, all’epoca giovane amico della vittima, che è imputato di favoreggiamento. Nella sentenza di Appello la corte presieduta da Pellino ha escluso l’aggravante della premeditazione per quanto riguarda l’omicidio della moglie di Agostino: secondo i giudici, dunque, doveva essere eliminato soltanto il poliziotto. Oltre alla condanna per Madonia la corte d’Assise d’Appello ha anche confermato le condanne di risarcimento per le parti civili costituite: i familiari delle vittime e il centro studi Pio La Torre e Libera. Il duplice delitto risale al 5 agosto del 1989, davanti alla casa della famiglia Agostino, a Villagrazia di Carini. Nino e la giovane moglie stavano tornando dal mare, quando dal nulla spuntarono in due su una motocicletta e cominciarono a sparare. Nino aveva aperto il cancello e col suo corpo aveva fatto da scudo a Ida. Che si era voltata, gridando in faccia ai motociclisti: “Io vi conosco“. Quelli risposero, colpendola al cuore: era incinta da tre mesi e sposata da uno. Ne passeranno ancora trenta di anni prima che su quel duplice delitto venisse fatta luce.

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