Avrebbero prodotto sostanze chimiche usate per realizzare il fentanyl e distribuirlo illegalmente negli Stati Uniti: con questa accusa, il dipartimento di Giustizia statunitense ha annunciato il 3 ottobre sanzioni contro 25 tra aziende e soggetti, con sede in Cina. “Sappiamo chi è responsabile dell’avvelenamento del popolo americano”, ha perentoriamente dichiarato il procuratore generale Merrick Garland. Il potente oppioide, sviluppato inizialmente come antidolorifico e usato a fini medici anche come sedativo, svolge infatti un ruolo di primissimo piano nell’attuale crisi della droga. Facilmente reperibile e diffuso sul mercato americano, il fentanyl dà una forte dipendenza e nel 2022 ha causato negli Stati Uniti ben 109.680 decessi: le overdose accidentali sono dunque diventate la prima causa di morte per gli under 40 in ben 37 stati americani.

Secondo Garland, la catena di approvvigionamento “spesso inizia con le aziende chimiche in Cina”. Da lì le sostanze necessarie alla produzione verrebbero spedite in Messico, dove sarebbero poi usate per produrre la droga in laboratori clandestini gestiti dai narcotrafficanti. A quel punto, il fentanyl verrebbe trasferito negli Stati Uniti sotto etichette errate e falsi indirizzi, in modo da evitare che i prodotti vengano identificati dalle forze dell’ordine. Insomma, per fermare il mercato illegale dello stupefacente sarebbe necessario intervenire alla radice. Di qui le sanzioni, che nello specifico hanno colpito 12 aziende e 13 individui in Cina, cui si aggiungono – afferma il ministero del Tesoro – due entità e un individuo con sede in Canada. Tali misure porteranno al congelamento dei beni posseduti da queste aziende negli Stati Uniti, e impediranno agli americani di avere a che fare con loro. Il procuratore generale Garland non ha specificato chi siano le entità soggette a sanzione, ma ha precisato che nessuno è stato finora arrestato e che le autorità cinesi non hanno collaborato alle indagini condotte sul suolo statunitense.

Da Pechino è poi arrivata una forte condanna alla mossa di Washington. “Ci opponiamo fermamente alle sanzioni e ai procedimenti giudiziari degli Stati Uniti contro entità e individui cinesi e alla grave violazione dei diritti e degli interessi legittimi delle imprese e delle persone interessate”, ha dichiarato il ministero degli Esteri cinese. “La crisi del fentanyl negli Stati Uniti è radicata nel Paese”. Specificando poi che il governo di Pechino è in prima linea nella repressione dei crimini legati alla droga, il ministero ha aggiunto: “Imporre pressioni e sanzioni non può risolvere i problemi degli Stati Uniti. Creerà soltanto ostacoli alla cooperazione sino-americana sul controllo della droga”.

Non si tratta comunque del primo caso di accuse rivolte alla Cina sul tema del fentanyl: già a giugno 4 aziende cinesi vennero incriminate per traffico di sostanze usate per la produzione dell’oppioide. Pochi mesi prima, il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador aveva chiesto a Pechino di contribuire a bloccare il presunto flusso dell’oppioide e dei suoi precursori chimici. Richiesta alla quale la Cina rispose negando l’esistenza di un traffico illegale di fentanyl tra Cina e Messico. Insomma, gli Stati Uniti hanno rilanciato un tema già al centro delle preoccupazioni del governo. E lo hanno fatto in un momento preciso: alla vigilia di un viaggio di Garland in Messico, viaggio in cui si discuterà proprio di traffico illegale di droghe. A cominciare dal fentanyl.

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