Il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato entra nella fase finale. Dopo le pesanti richieste di condanna fatte dal promotore di giustizia, Alessandro Diddi, prima della pausa estiva, è toccato alle parti civili intervenire in aula nelle prime udienze seguite alla sospensione per le vacanze. Udienze che porteranno, molto probabilmente prima di Natale, alla sentenza che sarà pronunciata dal Tribunale Vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone. L’avvocato di parte civile dell’Istituto per le opere di religione, Roberto Lipari, ha depositato la determinazione della sua richiesta di risarcimento dei fondi che sarebbero stati sottratti dai dieci imputati e che avrebbero intaccato i 700 milioni di euro conferiti in sedici anni dallo Ior alle necessità della Santa Sede e accantonati dalla Segreteria di Stato. La richiesta di restituzione è stata stabilita in 206 milioni 493mila 665 euro che si aggiungono ai danni morali, di cui Lipari ha chiesto al Tribunale una “liquidazione equitativa”, e a quelli reputazionali, stabiliti da una perizia in 987mila 494 euro.

L’avvocato di parte civile della Segreteria di Stato, Paola Severino, ha chiesto che gli imputati siano condannati al risarcimento dei “gravissimi dannimorali e reputazionali che ha stabilito in 177 milioni e 818mila euro, necessari secondo una consulenza tecnica per “una campagna di ristoro dell’immagine danneggiata” a livello mondiale. Ha chiesto anche la condanna a una provvisionale, da versare subito all’atto della condanna di primo grado, pari a 98 milioni 473mila euro, e anche che la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento del risarcimento. Nel processo, i danni patrimoniali saranno chiesti dall’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, anch’essa costituitasi parte civile, rappresentata dall’ex presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick.

Immediata la reazione dei legali del principale imputato, il cardinale Angelo Becciu, per il quale il pm ha chiesto sette anni e tre mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 10.329 euro di multa e 14 milioni di euro di confisca. Gli avvocati del porporato, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, hanno affermato che “le richieste di risarcimento del danno avanzate dalle parti civili e, tra queste, dalla Segreteria di Stato, sono in linea con il ruolo dalle stesse tipicamente svolto nei processi. Ma il cardinale Becciu non ha commesso alcun reato e conseguentemente non ha arrecato alcun danno. Il suo agire è stato sempre ispirato alla tutela della Santa Sede. Il processo lo ha dimostrato in modo netto e pertanto confidiamo nel giudizio terzo ed imparziale del Tribunale”.

Da parte sua, l’avvocato dello Ior ha chiesto “la condanna degli imputati e l’accertamento delle loro responsabilità penali” e la loro “condanna alla restituzione di quanto illecitamente sottratto”. “Sono state distratte somme destinate al Santo Padre per impiegarle in investimenti speculativi – ha denunciato Lipari – quindi occorre restituire i fondi al vincolo che avevano e rimetterli nella piena disponibilità del Pontefice per le necessità della Chiesa”. “Questi fondi siano depositati presso lo Ior”, ha, inoltre, chiesto il legale. “In questo processo – ha proseguito Lipari – abbiamo visto tentativi di arricchimento personale, progetti di estrazione petrolifera in Angola, abbiamo visto il ricorso a strumenti finanziari nei quali l’amministratore di beni ecclesiastici perdeva ogni possibilità di controllo e l’impiego del denaro della Chiesa senza alcun controllo e accuratezza, tutto gestito in modo autoreferenziale da un monsignore esperto in diritto canonico e un commercialista privo di qualsiasi esperienza in investimenti finanziari. Abbiamo visto l’impiego di soldi senza due diligence, abbiamo visto ricatti estorsivi, abbiamo visto interni solidarizzare con gli estorsori, abbiamo visto ingenti risorse economiche gestite senza tenere conto dei vincoli imposti dai donanti”. Lipari, infine, ha ricordato che lo Ior, la cui denuncia al promotore di giustizia, insieme a quella del revisore generale, fece partire l’inchiesta sulla compravendita del palazzo di Londra da parte della Segreteria di Stato, si è costituito parte civile per tutti i capi d’imputazione e per tutti gli imputati, sottolineando che il peculato “ha offeso il sacrificio di chi ha fornito le offerte alla Chiesa”.

Twitter: @FrancescoGrana

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