Sette anni e tre mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 10.329 euro di multa e 14 milioni di euro di confisca per il cardinale Angelo Becciu. È la pesante richiesta di condanna formulata dal promotore di giustizia, Alessandro Diddi, nel processo penale vaticano sulla distrazione dei fondi della Segreteria di Stato. Il porporato è imputato per peculato, abuso d’ufficio e subornazione di testimone. Un procedimento iniziato a luglio 2021 la cui sentenza è prevista immediatamente prima di Natale 2023, come ha anticipato il presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone. È la prima volta nella storia che un porporato viene processato da magistrati civili. Decisione fortemente voluta da Papa Francesco che, prima del rinvio a giudizio del cardinale Becciu, ha modificato la normativa penale vigente fino a quel momento. Soltanto per mandare a processo il porporato, infatti, è stata necessaria l’autorizzazione di Bergoglio.

L’indagine è partita dalle denunce parallele dell’Istituto per le opere di religione e dell’Ufficio del revisore generale a seguito dell’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra da parte della Segreteria di Stato. Compravendita che, come ha dichiarato in aula il promotore di giustizia, “ha determinato un danno alla Segreteria di Stato, e dunque alla Santa Sede, che va da 139 a 189 milioni di euro”. In aula, Diddi ha spiegato di aver chiesto per tutti gli altri nove imputati la pena base, criterio non applicato soltanto per il cardinale Becciu a seguito del comportamento assunto durante l’intero processo che, a suo giudizio, non può essere paragonato a quello degli altri. Il pm vaticano, inoltre, ha sottolineato che, nonostante i danni ingenti per il patrimonio della Santa Sede, finora nessuno degli imputati ha avanzato offerta di risarcimento. Anche da ciò sono scaturite le richieste fatte ai giudici vaticani. Oltre a Becciu, a cui Francesco ha tolto i diritti del cardinalato il 24 settembre 2020, ovvero ben prima che fosse rinviato a giudizio, l’altro ecclesiastico imputato nel processo è monsignor Mauro Carlino, a lungo in servizio nella Segreteria di Stato. Per lui il pm vaticano ha chiesto cinque anni e quattro mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 8mila euro di multa e 15 milioni di euro di confisca.

Ci sono, poi, le richieste per gli altri imputati: Gianluigi Torzi sette anni e sei mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 9mila euro di multa e 71 milioni di confisca; Nicola Squillace 6 anni di reclusione, sospensione dall’esercizio professionale, 12.500 euro di multa e un milione 266mila euro di confisca; René Brülhart tre anni e otto mesi di reclusione, interdizione temporanea dai pubblici uffici, 10.329 euro di multa e 15 milioni di euro di confisca; Tommaso Di Ruzza quattro anni e tre mesi di reclusione, interdizione temporanea dai pubblici uffici, 9.600 euro di multa e 15 milioni di euro di confisca; Raffaele Mincione undici anni e cinque mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 15.450 euro di multa e 172 milioni 360mila euro di confisca; Fabrizio Tirabassi tredici anni e tre mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 18.750 euro di multa e 99 milioni 898mila euro di confisca; Enrico Crasso nove anni e nove mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici e 18mila euro di multa; e Cecilia Marogna quattro anni e otto mesi di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, 10.329 euro di multa e 575mila euro di confisca. Richiesta di confisca anche per le società di Marogna e Crasso.

Immediata la reazione dei legali di Becciu, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, che ribadiscono la totale innocenza del loro assistito: “Le richieste del promotore di giustizia non tengono conto degli esiti del processo, che ha dimostrato l’assoluta innocenza del cardinale per l’operazione relativa al palazzo di Londra e per ogni altra accusa”. E aggiungono: “Sulla base di teoremi clamorosamente smentiti in dibattimento, il promotore di giustizia ha continuato a sostenere una tesi sganciata dalle prove e ne prendiamo atto. Quanto alle richieste del promotore, neanche un giorno sarebbe una pena giusta. Solo il riconoscimento dell’assoluta innocenza e l’assoluzione piena rispecchiano quanto accertato in modo chiarissimo. Il cardinale è stato sempre un fedele servitore della Chiesa ed ha sofferto in silenzio, difendendosi nel processo e partecipando attivamente alle udienze. Sottoponendosi per diverse giornate ad estenuanti interrogatori ha chiarito ogni equivoco, dimostrando assoluta buona fede e correttezza”. Dopo l’estate la parola passerà prima alle parti civili e poi alle difese.

Twitter: @FrancescoGrana

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