Il processo ai quattro agenti della National Security egiziana imputati per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio Regeni può iniziare. A stabilirlo è una decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale che norma l’improcedibilità in caso di mancata notifica ai diretti interessati dal procedimento perché così non sarebbe possibile stabilire con assoluta certezza se le persone siano state messe a conoscenza della pendenza del processo.

In particolare, la Consulta spiega che l’articolo in questione non precisa che l’improcedibilità debba venire meno per reati gravi come quello di tortura quando l’impossibilità di informare cittadini stranieri del loro status è dovuta alla mancata collaborazione con le autorità del loro Stato di appartenenza. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane. I giudici costituzionali hanno quindi accolto le motivazioni con le quali il giudice per l’udienza preliminare, Roberto Ranazzi, il 31 maggio scorso ha deciso di inviare gli atti alla Consulta dopo formale richiesta presentata dai pm: “Di fatto, lo Stato egiziano rifiutando di cooperare con le Autorità italiane sottrae i propri funzionari alla giurisdizione del giudice italiano – aveva scritto -, creando una situazione di immunità non riconosciuta da alcuna norma dell’ordinamento internazionale, peraltro con delitti che violano i diritti fondamentali dell’uomo universalmente riconosciuti. Tale situazione di immunità determina una inammissibile ‘zona franca’ di impunità per i cittadini-funzionari egiziani nei confronti dei cittadini italiani che abbiano subito in quel Paese dei delitti per i quali è riconosciuta la giurisdizione del giudice italiano in base alle convenzioni internazionali”.

La Consulta ha quindi dovuto valutare se le istanze avanzate dal procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, e dall’aggiunto, Sergio Colaiocco, sull’incostituzionalità dell’art. 420 bis del codice di procedura penale in tema di “assenza” dell’accusato fossero legittime. In particolare sull’articolo così come modificato dalla riforma Cartabia nella parte in cui non prevede che si possa procedere in assenza dell’accusato “nei casi in cui la formale mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o residenza dell’accusato stesso”. Stando all’articolo in questione non si può arrivare a una sentenza se gli imputati non sono a conoscenza dell’esistenza di un processo a loro carico. Ma nel caso dei 4 imputati egiziani Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, quest’ultimo accusato anche di lesioni aggravate e omicidio, la mancata notifica del rinvio a giudizio era dovuta al fatto che l’Egitto si rifiuta di recapitare gli atti agli agenti imputati. Una circostanza che per i giudici, vista anche la gravità del reato di tortura, rende incostituzionale l’applicazione dell’articolo 420-bis, comma 3.

Grande soddisfazione” è stata espressa dal procuratore capo di Roma Lo Voi “per la possibilità di celebrare un processo secondo le nostre norme costituzionali che restano il faro del nostro lavoro. Per il resto aspettiamo le motivazioni”. Esulta anche la famiglia del ricercatore ucciso: “Avevamo ragione noi, ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell’ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti. In effetti, come ha scritto il Gup Ranazzi nella sua ordinanza, ‘non esiste processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un’autorità di governo’. Abbiamo dovuto resistere contro questa volontà dittatoriale per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia. Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia, la procura di Roma e in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo“.

Dal canto loro, gli avvocati difensori dei quattro imputati, Paola Armellin, Anna Lisa Ticconi, Filomena Pollastro e Tranquillino Sarno, hanno fatto sapere che prendono “atto del provvedimento della Corte Costituzionale e attendiamo di conoscere le motivazioni, per effettuare ogni valutazione circa l’incidenza del provvedimento sul procedimento in corso. Conserviamo comunque la speranza che la decisione della Corte Costituzionale non sia lesiva dei diritti fondamentali ed insopprimibili degli imputati”.

Roberto Fico, che da presidente della Camera ha seguito con attenzione il caso, fino a interrompere i rapporti con il Parlamento egiziano per protesta contro l’ostruzionismo del governo, ha commentato dicendo che “il processo sul rapimento, la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni può continuare. La decisione di oggi della Corte Costituzionale segna un momento importantissimo nel percorso di verità e giustizia. È un giorno di grande significato per la nostra democrazia, con una presa di posizione storica la Consulta dice che il processo può proseguire. Ora è il momento di andare avanti fino in fondo. Tutte le istituzioni hanno il dovere di supportare senza esitazioni la causa della giustizia. Voglio mandare un forte abbraccio ai genitori di Giulio, a sua sorella e ad Alessandra Ballerini. A loro dobbiamo il raggiungimento di questo prezioso obiettivo. Siamo tutti al loro fianco e non ci fermeremo fino a quando non sarà fatta giustizia su quanto successo a Giulio in Egitto sette anni fa. È una questione di Stato”.

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