Il United Auto Workers, i sindacato dei lavoratori dell’auto statunitense, minaccia un ampliamento dello sciopero in corso negli stabilimenti di General Motors, Ford e Stellantis a partire da venerdì se non ci saranno sostanziali progressi verso un nuovo contratto di lavoro. “O le tre big lavorano per fare progressi nelle trattative o più dipendenti faranno sciopero”, ha detto il presidente del potente sindacato dei metalmeccanici americano Shawn Fain. La mobilitazione è iniziata venerdì scorso e per ora riguarda solo alcuni stabilimenti dei tre gruppi. Sui 146mila lavoratori che può mobilitare il sindacato al momento solo 13mila si sono fermati.

La piattaforma di rivendicazioni sindacali è ambiziosa. Oltre ad aumenti del 40% (lo stesso incremento delle buste paga dei top manager), le richieste prevedono migliori condizioni di lavoro e una riduzione delle ore lavorate che permetta migliori equilibri di vita. Le richieste arrivano però dopo che i tre produttori hanno chiuso bilanci molto ricchi, distribuito somme importanti agli azionisti e accresciuto sensibilmente le retribuzioni dei loro manager. Negli ultimi 10 anni le tre case automobilistiche hanno incamerato 250 miliardi di dollari in profitti ma gli stipendi dei dipendenti sono rimasti al palo, dunque scesi se si tiene conto della perdita di potere d’acquisto legata all’inflazione. I tre amministratori delegati guadagnano tra i 20 e i 30 milioni di dollari l’anno. La protesta è guardata con simpatia, secondo un sondaggio Gallup il 75% degli americani appoggia la causa dei lavoratori. Il senatore democratico Bernie Sanders ha apertamente appoggiato la mobilitazione. Ford intanto ha annunciato il licenziamento di 600 dipendenti. Gli interessati non stavano partecipando allo sciopero ma la casa automobilistica ha indicato la protesta e i rallentamenti di produzione che comporta come causa della decisione.

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