L’Azerbaijan significa molto per gli approvvigionamenti energetici italiani. È infatti il secondo fornitore di gas del nostro paese,dopo l’Algeria, con una quota del 15% appena al di sopra di quella russa, scesa sensibilmente in conseguenza della guerra in Ucraina. E l’Italia è un paese che, come la Germania, “va a gas” visto che questo idrocarburo contribuisce per poco meno della metà alla produzione di elettricità nelle nostre centrali. Il gas azero arriva in Italia prevalentemente attraverso il gasdotto Tap che approda in Puglia e che ha una capacità di circa 10 miliardi di metri cubi l’anno. La notizia dell’azione militare intrapresa dall’Azerbaijan nella regione del Nagorno-Karabakh accende quindi un’altra spia rossa sull’indicatore della nostra sicurezza energetica.

Il Karabakh è riconosciuto a livello internazionale come territorio azero, ma una parte di esso è gestita dalle autorità separatiste di etnia armena. È stato al centro di due guerre – l’ultima nel 2020 – dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991. L’azione potrebbe quindi portare ad uno scontro di maggior portata con l’Armenia e i combattimenti potrebbero alterare l’equilibrio geopolitico nella regione del Caucaso meridionale, attraversata da oleodotti e gasdotti, e dove la Russia sta cercando di preservare la propria influenza. Mosca è il convitato di pietra. La Russia si è detta “preoccupata per la repentina escalation” ma il Cremlino ha sottolineato come le tensioni nella regione siano responsabilità dell’Armenia, che ha creato “terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia” e i suoi alleati. Gli Stati Uniti controbattono definendo “vergognosa” l’operazione dell’Azerbaigian e avrà presto colloqui urgenti con le parti coinvolte. Se la situazione dovesse degenerare e l’Azerbaigian finire a sua volta per essere sanzionato dal blocco occidentale per l’Italia sarebbe davvero un bel problema.

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