Dalle stalle alle stelle. Dalla disfatta contro il Canada al successo liberatorio sul Cile. È stata una parabola piena di speranza e tensione quella che ha spinto l’Italia di FIlippo Volandri alle fasi finali di Coppa Davis che si disputeranno a Malaga dal 21 al 26 novembre. Non saranno presenti nazioni come Spagna, Stati Uniti e Russia. Gli azzurri sì: il sorteggio martedì deciderà quale metà del tabellone capiterà l’Italia, ma nei quarti può toccare l’Olanda di Griekspoor o la Gran Bretagna di Murray. Squadre insomma tutt’altro che imbattibili. L’unico vero pericolo è la Serbia di Novak Djokovic.

Tutti si aspettavano che a prendere per mano l’Italia sarebbe stato Lorenzo Musetti, invece il protagonista assoluto di questa settimana è stato senza dubbio Matteo Arnaldi, il volto nuovo del tennis italiano. Il 22enne sanremese – all’esordio in singolare con la maglia azzurra – ha suonato la carica nella sfida decisiva contro il Cile. La vittoria in rimonta contro Cristiano Garin ha ridato morale ed entusiasmo ai ragazzi di Volandri, dopo la disfatta totale patita contro il modesto Canada. E non poteva essere che lui a regalare la vittoria decisiva all’Italia per accedere alla fase finale a Malaga, superando lo svedese Leo Borg, figlio del grande Bjorn. Il numero 334 del mondo – di cui del padre, per ora, ha soltanto cognome e nazionalità – non ha demeritato contro l’azzurro ma alla fine ha perso così come aveva perso le altre partite. Insomma, Arnaldi con queste prestazioni ha dimostrato che l’ottavo di finale Slam agli ultimi US Open (e in generale tutta questa stagione) non è stato un risultato isolato e casuale.

Chi invece esce male da questa settimana è appunto Musetti, su cui erano state riversate le aspettative più grandi dopo i forfait di Matteo Berrettini e Jannik Sinner. Dopo la delusione nell’ultimo Slam della stagione, il n. 18 del ranking continua nel suo periodo negativo. La sconfitta in due set contro il canadese Gabriel Diallo (n. 161 del mondo) è stato probabilmente il punto più basso per la Nazionale in questa fase a gironi di Coppa Davis, costringendo Volandri a spostarlo sul doppio per dare un posto in singolare ad Arnaldi. Una sorta di “declassamento” che deve spingere Musetti alla risalita, in vista delle finali di Davis ma non solo. L’azzurro in questa ultima fase di stagione dovrà difendere i quarti di finale conquistati l’anno scorso nel Masters 1000 di ParigiBercy.

Luci e ombre azzurre che hanno coinvolto soprattutto chi non ha risposto alla chiamata della Nazionale. Non Berrettini, infortunato alla caviglia ma comunque presente in panchina in qualità di motivatore. Il bersaglio delle critiche di stampa ed ex-giocatori per tutta questa settimana è stato Jannik Sinner. Ogni occasione è stata buona per attaccarlo, come se fosse colpa sua se Musetti e Sonego non siano riusciti a battere due canadesi semi-sconosciuti rispettivamente posizionati al numero 161 e 200 del mondo. Addirittura La Gazzetta dello Sport ha “convocato” i grandi di altri sport per “insegnare” a Sinner il valore della maglia azzurra. Un clima pesante insomma, che non fa bene al già complesso rapporto tra Sinner e la nazionale, su cui ancora pesa la rinuncia alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Oltre a questo caso olimpico, per l’altoatesino è stato il quarto “no” alla nazionale. La prima nel 2019, dopo il successo alle Next Gen, in vista delle Finali. La seconda tre mesi dopo, quando non andò a Cagliari per il playoff con la Corea. La terza per le Finali del novembre scorso a causa di un guaio alla mano destra.

La maglia azzurra rimane un simbolo da rispettare e onorare, ma ancora oggi molti nel tennis (sport individualista per eccellenza) vivono la convocazione come un intoppo. C’è lo ha insegnato persino Roger Federer. Per più di 10 anni l’elvetico ha dato la massima priorità agli Slam, al ranking e ai Masters 1000, senza considerare (se non in casi sporadici o per eventi eccezionali come le Olimpiadi) la maglia svizzera e la Coppa Davis. Il motivo? Semplicemente perché Slam, classifica mondiale e Masters 1000 sono diventati troppo più importanti nella carriera di un tennista e la Coppa Davis invece non ha più quella centralità che poteva avere fino a 20-25 anni fa. E questo è un dato di fatto che sarebbe sbagliato negare, di cui Sinner non ha nessuna colpa. Piuttosto si dovrebbe trovare il modo di rendere la Coppa Davis nuovamente prioritaria nella vita sportiva di un tennista. Un primo passo potrebbe essere quello di ridare alla manifestazione la possibilità di incidere in termini di ranking Atp, come lo era fino al 2016.

In attesa di capire quale sarà il futuro della Coppa Davis (sono tanti quelli che invocano un nuovo format), la speranza per l’Italia è quella di presentarsi alle finali di novembre con la squadra al completo, con Sinner e Berrettini. Se così fosse infatti non sarebbe impossibile (viste le nazioni che mancheranno) compiere quell’impresa che l’Italia aspetta da ben 47 anni.

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