di Nadia Aragona

Chi ha ucciso l’orsa Amarena, credo, non fosse consapevole che stava uccidendo uno dei pochi esemplari rimasti di grande predatore presente nel nostro Paese. I grandi predatori sono rimasti nel nostro ancestrale immaginario come terribili belve carnivore, minacciando la visione della dominazione umana del pianeta, nella quale noi siamo predatori, ma non possiamo essere preda a nostra volta. Rispetto alle altre specie, i grandi predatori sono sempre stati poco numerosi, e questo perché sono in cima alla catena alimentare che è fatta come una piramide: alla base gli esseri viventi più semplici che si riproducono con grande velocità e rappresentano cibo abbondante per la specie un po’ più grande. E così via fino ad arrivare ai predatori che non rappresentano cibo per nessun altro.

In pratica la dimensione corporea aumenta e il numero di individui diminuisce.

Hanno bisogno di molta energia, di un certo numero di prede e quindi di ampi spazi per poterle cacciare. Ma gli spazi a loro disposizione diminuiscono sempre di più. Nel Gujarat, una regione dell’India, sopravvivono poco più di trecento esemplari di leoni asiatici, ristretti in un’area protetta, assediati dalla popolazione umana circostante. Sconfinando nei villaggi, predano il bestiame, rimanendo vittime della vendetta degli uomini.

Nel corso dei millenni, man mano che le civiltà avanzavano i grandi predatori diminuivano. Già nell’antica Roma nel 414 d.c. i leoni cominciavano a scarseggiare. In una delle tante venationes vennero uccisi cinquecento leoni. L’orso bruno è diffuso prevalentemente in nord America, Canada, Russia, Europa. In Europa la popolazione più numerosa circa 8000 esemplari, si trova in Romania sui Carpazi e lo dobbiamo alla creazione di vaste aeree di riserva di caccia destinate a Ceausescu. Ogni area aveva un guardiano che nutriva gli orsi (lasciando cibo in punti predisposti). Ceausescu da un’altana sparava agli orsi arrivati lì per mangiare, o che vi erano indirizzati da battitori. In una sola battuta di caccia ne uccise 24. Si calcola che nei suoi 25 anni di dittatura uccise circa 400 orsi, ma forse furono molti di più.

Zelanti politici del distretto di Arges per attirare Ceausescu nella loro regione tentarono un allevamento di cuccioli d’orso: 227 cuccioli vennero catturati e le madri allontanate o uccise, allevati in squallidi recinti di dimensioni ridotte. Divenuti giovani adulti li liberavano nelle riserve di caccia. Per riconoscerli amputavano un dito ai poveri cuccioli, ovviamente senza anestesia. Messi in libertà i giovani orsi privi di insegnamenti materni, si ritrovavano sperduti in un ambiente ostile. La maggior parte morirono di malattie o uccisi da camion, treni o da allevatori. Nessuno di loro venne mai ucciso da Ceausescu.

Nel nostro Paese sopravvivono all’incirca un centinaio di orsi bruni in trentino una cinquantina di esemplari di orso marsicano, nel parco d’Abruzzo. La tutela di queste specie confligge spesso con le popolazioni locali. L’abbondanza di cibo e la facilità di procacciarlo hanno spinto l’Orsa Amarena verso i centri abitati. Segnale comunque che l’antropizzazione del territorio aveva ridotto i suoi spazi vitali. Nonostante le tutele erette intorno all’orso marsicano, comunque la vicinanza all’essere umano le è costata la vita. L’orsa era una delle circa 20 femmine rimaste, era in età riproduttiva e aveva due cuccioli. La lunga gestazione con pochi piccoli a figliata rappresenta uno dei fattori negativi per la sopravvivenza dell’orso. Se perdiamo questo, come altri grandi predatori, perdiamo il loro fondamentale ruolo regolatore.

I grandi predatori, ci hanno dato la consapevolezza di appartenere alla natura, ricordandoci di essere per loro solo carne, ridimensionando così la sicumera antropocentrica. L’indignazione generale che l’uccisione dell’orsa ha generato è un segnale che la coscienza collettiva sta cambiando: l’essere umano sembra non porsi più in alto di questi quale dominatore del creato.

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