Siamo molto vicini ai 2 euro al litro per la benzina con il diesel segue a ruota e, come al solito, leggiamo le usuali invettive contro gli “speculatori”, gli untori di turno. Ma il problema è strutturale e non pensate che basti qualche pezza appiccicata alla buona dal governo per evitarlo. Tutto il sistema energetico mondiale sta cambiando. Anche se siamo ancora ben lontani dal poter fare a meno del petrolio, ci stiamo muovendo verso un mondo diverso dove non ne avremo più bisogno grazie alle energie rinnovabili e il trasporto elettrico.

Vediamo di entrare nei dettagli. Ci insegnano i testi di economia che i prezzi sono il risultato del gioco fra domanda e offerta. Nel caso del petrolio, l’offerta è determinata dalle capacità produttive dell’industria. Qui, il problema è che l’estrazione sta diventando sempre più costosa a causa del graduale esaurimento che forza a dover andarselo a cercare dove ce n’è ancora, ovvero da pozzi molto profondi, o in luoghi remoti, o da robaccia tipo gli scisti bituminosi.

Verso l’inizio del secolo corrente, si riteneva che i costi di estrazione crescenti avrebbero portato a raggiungere la massima produzione di petrolio (“picco del petrolio”) entro la fine del 2° decennio del secolo. Ma quelle stime sono state superate da un asso nella manica tirato fuori dall’industria petrolifera: lo “shale oil” (petrolio di scisto) negli Stati Uniti. E’ stata una rivoluzione che, fra le altre cose, ha permesso agli Stati Uniti di continuare a giocare ancora per un po’ al re del castello planetario. Con il miracolo del petrolio di scisto, oggi siamo di nuovo a livelli produttivi globali quasi pari a quelli del 2019, prima del disastro Covid. Se non succede niente di orribile, tipo una bella guerra nucleare, dovremmo riuscire a mantenere questi livelli fino al 2028, circa.

Dall’altra parte del gioco dei prezzi, c’è la domanda. Un problema è che il sistema economico globale è in difficoltà, specialmente con i guai che sta passando l’economia cinese. Ma un problema ancora più importante è che i veicoli elettrici si stanno affacciando sul mercato con la promessa di ridurre in modo sostanziale la domanda di petrolio. Certo, le auto elettriche rappresentano tuttora soltanto poco più del 2% del parco veicoli mondiale. Ma la crescita è rapidissima e ci si aspetta che causerà una sostanziale riduzione dei consumi di combustibili liquidi.

Meno domanda vuol dire prezzi più bassi e non ci deve sorprendere che gli operatori del mercato petrolifero si rendano conto che per loro il tempo dei barili grassi si avvia alla fine. E non sorprende che stiano tirando a “rientrare” dai loro investimenti cercando di fare aumentare i prezzi. Per esempio, leggiamo nelle riviste finanziarie che nessuno ha intenzione di investire ulteriormente sul petrolio di scisto: è stato un miracolo che a breve non lo sarà più. Leggiamo anche che i Sauditi hanno notevolmente ridotto le loro esportazioni. Lo sanno che le loro risorse non sono infinite e cercano di tirarne fuori la miglior resa economica possibile. In sostanza, i produttori stanno cercando di strizzare quello che possono dai consumatori, finché possono.

Così, i prezzi alti dei carburanti che vediamo oggi hanno una loro logica e ci dobbiamo aspettare di vederli ancora per alcuni anni, sia pure con le oscillazioni tipiche di un mercato speculativo come quello del petrolio. Per quelli di noi che non sono speculatori petroliferi, rimane la possibilità di difenderci attrezzandosi per fare a meno del petrolio il più possibile. Il trasporto elettrico, sia pubblico che privato, è un arma efficace che abbiamo in mano ma, curiosamente, in Italia molti hanno capito tutto al contrario. Hanno dato la colpa alle macchine elettriche che invece, semmai, tengono bassi i prezzi riducendo la domanda. Così, ci ritroviamo a essere il paese occidentale con i più bassi livelli di penetrazione dei veicoli elettrici. Sarebbe decisamente il caso di ripensarci per il bene dei nostri polmoni, del nostro portafoglio, e della bilancia commerciale di tutto il paese.

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