Un messaggio alla Cina dal cuore dell’Asia. Lo ha rivolto Papa Francesco al termine della messa presieduta nella Steppe Arena di Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, con la piccola comunità cattolica locale di appena 1.394 fedeli. Prima di concludere la celebrazione, Bergoglio ha chiamato accanto a sé il cardinale John Tong Hon, vescovo emerito di Hong Kong, e il suo secondo successore alla guida della diocesi cinese, monsignor Stephen Chow Sau-yan, che riceverà la porpora nel concistoro del 30 settembre 2023. Tenendoli per mano, il Papa ha affermato: “Questi due fratelli vescovi, l’emerito di Hong Kong e l’attuale vescovo di Hong Kong: io vorrei approfittare della loro presenza per inviare un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, e andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini. A tutti”.

Un messaggio che anticipa la prossima tappa del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna, in qualità di inviato del Papa per la missione di pace in Ucraina. Dopo essere stato a Kiev, Mosca e Washington, dove ha incontrato il presidente Joe Biden, il porporato, infatti, sarà a Pechino. Come ha sottolineato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, “tutti conoscono l’interesse che Papa Francesco porta per la Cina”. E ha aggiunto: “Posso dire che c’è nel cuore del Santo Padre questo grande desiderio, un desiderio del tutto comprensibile che egli ha manifestato già più volte pubblicamente, di recarsi in quel nobile Paese, sia per visitare la comunità cattolica ed incoraggiarla nel cammino della fede e dell’unità, sia per incontrare le autorità politiche, con le quali la Santa Sede ha stabilito da tempo un dialogo, nella fiducia che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che ci sono nel cammino, proprio per questa via del dialogo e dell’incontro, più che per quella dello scontro ideologico, si possano raggiungere frutti di bene per tutti”.

Il saluto di Francesco a Pechino è arrivato non a caso da un Paese, la Mongolia appunto, che si trova tra la Russia e la Cina. Una scelta, quella di visitare nel suo 43esimo viaggio apostolico un Paese di appena tre milioni e 400mila abitanti, che conferma la preferenza di Bergoglio per le periferie geografiche ed esistenziali. Esattamente un anno fa, infatti, il Papa ha voluto dare la porpora al cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, proprio come segno di vicinanza alla piccola comunità cattolica. Marengo, che con i suoi 49 anni è il più giovane cardinale al mondo, è nato a Cuneo e ha scelto di vivere il suo sacerdozio fin dall’inizio come missionario in Mongolia, Paese che ama e dove continua a svolgere il suo ministero episcopale. “Il fatto – ha spiegato Francesco alla piccola comunità cattolica della Mongolia – che il vostro vescovo sia cardinale vuol essere un’ulteriore espressione di vicinanza: voi tutti, lontani solo fisicamente, siete vicinissimi al cuore di Pietro; e tutta la Chiesa è vicina a voi, alla vostra comunità, che è veramente cattolica, cioè universale, e che attira la simpatia di tutti i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo verso la Mongolia, in una grande comunione ecclesiale”.

Il Papa ha anche rinnovato il suo appello per la pace, rivolgendosi in particolare agli esponenti di altre confessioni cristiane e religioni: “Continuiamo a crescere insieme nella fraternità, come semi di pace in un mondo tristemente funestato da troppe guerre e conflitti”. Francesco, inoltre, ha sottolineato che “l’umanità riconciliata e prospera, che come esponenti di diverse religioni contribuiamo a promuovere, è simbolicamente rappresentata da questo stare insieme armonioso e aperto al trascendente, in cui l’impegno per la giustizia e la pace trovano ispirazione e fondamento nel rapporto col divino. Qui, cari sorelle e fratelli, la nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo. La memoria delle sofferenze patite nel passato – penso soprattutto alle comunità buddiste – dia la forza di trasformare le ferite oscure in fonti di luce, l’insipienza della violenza in saggezza di vita, il male che rovina in bene che costruisce”.

Twitter: @FrancescoGrana

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