Tra le più ricche realtà jazzistiche italiane svetta il Peperoncino Jazz Festival, la due mesi di concerti che, giunta ormai alla sua 22esima edizione e in programma dalla fine di luglio fino alla fine di settembre, anche quest’anno ha portato e porterà in alcuni dei più bei borghi calabresi una straordinaria quantità di illustri nomi, tanto del jazz quanto di ulteriori e limitrofe zone di confine. È all’interno di questa infinta kermesse musicale, con 45 concerti tra cui quelli di Paolo Fresu, John Patitucci, Geoff Westley e Joy Garrison, che si colloca uno dei concerti del Prajazz, il festival jazz di Praia a Mare, la splendida località famosa per la sua Isola di Dino, che giunto alla sua ottava edizione e diretto artisticamente fin dalla prima dal maestro Umberto Napolitano, ha ospitato quest’anno, nell’ultima delle sue quattro serate, quella del 27 agosto scorso, la nuova formazione di Gegè Telesforo, la sua Big Mama Legacy.

Un concerto, occorre dirlo subito, perfetto in ogni suo secondo, e si parte con un blues che Telesforo, muovendosi all’interno di un’apparente twelve-bar form, sfrutta per lanciarsi subito in uno dei suoi mirabolanti scat, di cui in Italia è maestro incontrastato: i suoi musicisti, tutti giovanissimi, spiccano non solo per abilità tecniche, quanto per una sorta di energica e vitalissima compostezza. Ecco dunque gli ottoni a raddoppiare il tema vocale, ecco poi l’intero ensemble coeso a creare un groove potente, aggressivo ma perfettamente intellegibile in tutte le sue individualità.

I soli si susseguono ininterrotti, e Christian Mascetta, chitarrista recentemente autore di uno splendido album, Respiro, trova uno spazio considerevole con idee di assoluta freschezza e coraggio, con una tecnica invidiabile e la consapevolezza che, nonostante la giovane età, si addice solo ai grandi.

L’intento, come spiega bene Telesforo durante una pausa, è quello di realizzare una sorta di blues afro-meridionale, idea che pare essere piaciuta molto alla Ropeadope, la celebre etichetta indipendente newyorkese che, già produttrice degli Snarky Puppy, agli inizi dell’anno prossimo darà alle stampe un intero album della nuova superband di Telesforo (qui un’anteprima insieme a Danilo Rea). Poi scherza: “Ho 43 anni di contributi versati, a novembre l’Inps dice che mi pensionerà”; un po’ dopo si lamenta: “Il numerosissimo pubblico che segue la musica dal vivo e sostiene le tantissime rassegne musicali italiane non viene minimamente considerato dai media, non viene rappresentato musicalmente: è arrivato il momento che radio e tv tornino a dare spazio all’eccellenza della nostra musica, perché abbiamo artisti di grande valore che non trovano visibilità perché non allineati agli stereotipi di moda”.

La sua Big Mama Legacy, tutta rigorosamente composta da musicisti tanto giovani quanto straordinari, annovera, oltre ai già menzionati, l’eccezionale pianista e tastierista Vittorio Solimene, i gemelli Cutello, Matteo alla tromba e Giovanni al sax, e il percussionista Michele Santoleri. Nel repertorio della Big Mama Legacy c’è tutto il jazz e oltre, sia a livello formale che in termini timbrici e linguistici: c’è la struttura del bebop così come quella ritornellata più consona a molta fusion dagli anni ’70 in su, c’è il grande scat così come le improvvisazioni ritmico-vocali di cui Telesforo è altro campione indiscusso: nel suo beatbox la sorpresa è seconda solo allo sconcerto, quello di trovarsi di fronte a una tale varietà ritmico-percussiva da lasciare assolutamente senza parole.

Si passa dalle bacchette alle spazzole in un continuo alternarsi di tempi semplici e composti, di duine, terzine, quintine e quant’altro si possa chiedere a un batterista professionista, il tutto arricchito da qualche gradevole effetto di riverbero e di ritardo.

Non si fa in tempo ad ammirarne le qualità, il talento, la passione che ecco subito dopo giungere un pezzo con uno strepitoso lancio in stile bebop che, riportando il tutto su ritmi sostenuti, lascia spazio a uno dei più bei solo di batteria, a opera del talentuosissimo Michele Santoleri, che si sia sentito negli ultimi tempi.

Il pubblico apprezza, molto, chiede bis e li ottiene, ed è così che giunge anche il momento di uno specialissimo duetto tra i fiati dei gemelli Cutello, serrato dialogo che manda letteralmente il pubblico in visibilio con un gioco di incredibile efficacia tra imitazioni, fugati, botte e risposte continui. Il capo banda, capace di aggregare intorno a se la più promettente band di giovani strumentisti italiani, dopo avervi singolarmente duettato e averli abbracciati uno per uno saluta i suoi musicisti che progressivamente abbandonano il palco lasciandolo solo. È una metafora quella messa in scena da Telesforo: i suoi giovani amici, dopo il tripudio di suoni, calore e magia, vengono congedati per andare verso un futuro che, dopo tale battesimo a una delle fonti italiane del jazz, senza alcun dubbio li accoglierà a braccia aperte.

Foto di Roberto Cifarelli

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