C’è chi punta sui giovani, chi su vecchi mestieranti, ma sempre low cost. Chi cede e reinveste per rivoluzionare la squadra, chi invece preferisce conservare il più possibile l’ossatura dello scorso anno. In un mercato difficile, dove nessuno può permettersi follie e tutti devono pensare innanzitutto far quadrare i conti, le big della Serie A agiscono con strategie profondamente diverse. Le loro mosse determineranno il prossimo campionato, ma anche il futuro dei club. E non è detto che le due cose vadano di pari passo. Vediamo perché, in ordine di classifica dello scorso anno.

Napoli: lo scudetto non ha cambiato De Laurentiis – Un trionfo storico e la nuova dimensione di campioni d’Italia non ha spostato di una virgola la strategia della società: pensare al campo ma prima ancora a far quadrare i conti, e affidarsi allo scouting anche senza Giuntoli. Lo dimostra l’affare Kim: perso per 60 milioni (c’era una clausola), sostituito non con una certezza ma con Natan, uno sconosciuto brasiliano acquistato per 10 milioni, e il resto cassa. L’ennesima scommessa di De Laurentiis, come lo svedese Cajuste a centrocampo. Il colpo migliore sarebbe trattenere Osimhen e se da qui a settembre ci saranno altri investimenti, saranno comunque dello stesso tipo. Questo è il suo modo di fare calcio(mercato) e l’anno scorso è stato pure vincente.

Lazio: Lotito non fa il passo più lungo della gamba – Chi si aspettava che la qualificazione in Champions fosse l’occasione per fare un salto di qualità definitivo (cioè Sarri e i tifosi) è rimasto deluso. Berardi e Zielinski, richieste specifiche del tecnico, non sono arrivati: troppo vecchi e troppo cari. Lotito ha scelto di puntare su talenti più giovani e a buon mercato: Isaksen, Rovella, Pellegrini, Kamada a parametro zero. Tutto o quasi finanziato dai soldi di Milinkovic. Probabilmente non è la squadra che voleva Sarri e nemmeno quella necessaria per il doppio impegno coppa e campionato. Ma Lotito non cambierà la sua politica e spesso ha ragione lui.

Inter: Marotta tira a campare (fino a quando non si spezza la corda) – Ennesima estate di agonia per i nerazzurri, complicata dal “tradimento” di Lukaku. I traccheggiamenti per dilazionare le modeste clausole di Sommer e Bisseck fanno venire il sospetto che la situazione sia molto più grave del previsto, e il club abbia inquietanti problemi di liquidità. Senza soldi, la ricerca di una punta è disperata. Ancora una volta la scelta potrebbe cadere su un profilo low-cost di esperienza: nessuna idea, nessuna progettualità. Solo tamponare l’emergenza per un’altra stagione, e poi si pensa. Insomma, tirare a campare rimanendo competitivi per quanto possibile. Fino a quando non si spezza la corda.

Milan: rivoluzione con il player trading – L’esatto opposto dei cugini nerazzurri: il Milan ha sì ceduto un pezzo pregiato (Tonali per 70 milioni al Newcastle) ma ha reinvestito tutto e anche di più per rivoluzionare la squadra. Addirittura sei acquisti (Pulisic, Chukwueze, Okafor, LoftusCheek, Rejinders, Musah) con un minimo comune denominatore: sono tutti giovani, a buon mercato e futuribili. Player trading puro, insomma, l’unico modello possibile per la nostra Serie A. Il risultato è una rosa più ampia e competitiva, anche più costosa, ma ancora in linea coi parametri (infatti il bilancio del Milan per la prima volta da tempo immemore chiuderà in attivo). Che poi funzioni anche sul campo è tutto da vedere.

Atalanta: i soldi di Hojlund per puntare ancora più in alto – È bastata una stagione buona in Serie A per rivendere a 75 milioni Hojlund, che era stato pagato 17. Con quei soldi è stato soffiato Scamacca all’Inter, forse arriverà De Ketelaere dal Milan e l’Atalanta consegnerà a Gasperini una squadra ancora più competitiva dell’anno scorso. Ennesima lezione di calciomercato a quei club che ancora non hanno capito come sopravvivere in questa nuova era del calcio italiano.

Roma: Thiago Pinto tra l’incudine della Uefa e il martello di Mourinho – La Roma paga le spese folli degli ultimi anni e i risultati fallimentari sul campo, con l’ennesima qualificazione in Champions mancata. Il settlement agreement sottoscritto con la Uefa stabilisce che il costo complessivo della rosa (ammortamenti più stipendi dei calciatori) non potrà essere superiore a quello dello scorso anno. Significa che prima di comprare bisogna liberare spazio in lista: difficile migliorare una squadra a queste condizioni. Così il malcapitato Thiago Pinto si muove tra l’incudine della Uefa e il martello di Mourinho che pretende rinforzi: ha rastrellato un paio di parametri zero (Aouar, Ndicka, che almeno non hanno ammortamento) ma non ha ancora trovato la punta per sostituire l’infortunato Abraham. Chissà cosa s’inventerà Mourinho alla prima sconfitta.

Juventus: vendere è l’ultima eredità dello scandalo plusvalenze – La Juventus, che ha chiuso l’ultimo bilancio a -240 milioni, ne perderà altri 100 nel 2023 e ora con l’esclusione dalla Champions dovrà far fronte a un danno di altri 80 milioni, deve per forza invertire la tendenza. Oggi la parola d’ordine è competitività ma soprattutto sostenibilità, razionalizzazione della rosa. Anche perché, come rivelato da Il Fatto, a causa del vecchio bond in scadenza i bianconeri sforano l’indice di liquidità della Figc di oltre 100 milioni di euro e per questo hanno il mercato bloccato. Tradotto: quest’anno prima si vende, poi eventualmente si compra. Infatti il piano era la cessione di un big (possibilmente Vlahovic, da sostituire magari con Lukaku): nell’attesa Giuntoli sta piazzando come può giovani ed esuberi, anche a costo di cessioni dolorose e non particolarmente remunerative (come Rovella, praticamente regalato alla Lazio). È l’ultima eredità dell’era Agnelli e dello scandalo plusvalenze.

Twitter: @lVendemiale

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