Nell’estate non da record del turismo, un “record” in realtà c’è. Gli italiani che tra giugno e agosto hanno deciso di andare all’estero sono aumentati del 21%. Mentre tra chi ha scelto di rimanere dentro i confini si registra una flessione del 2%. Lo rivela un’indagine di Assoviaggi Confesercenti, realizzata dal Centro Studi Turistici di Firenze su un campione di 581 Agenzie e Tour Operator. Sorprendente? No, almeno per le associazioni di categoria. “Se parliamo solo del mare e delle spiagge, l’Italia a causa dei prezzi non è particolarmente competitiva – spiega a ilFattoQuotidiano.it la presidente di Federturismo Marina Lalli –. Il Mediterraneo è ugualmente attraente sulla nostra sponda, su quella più a est e anche su una parte di quella africana”.

I numeri – Chi sceglie di lasciare l’Italia per le ferie lo fa soprattutto per andare in Croazia, Albania, Grecia e Spagna. Secondo i dati di Federturismo andare all’estero è una scelta che riguarda il 40% degli italiani, di questi la maggior parte opta per il mare. Oltre alla voglia di tornare a viaggiare dopo l’onda lunga del Covid, i prezzi bassi sono il motivo principale. “Il costo delle vacanze al mare all’estero, posto che gli standard qualitativi possono essere diversi, per un tre stelle fuori dall’Italia si aggirano tra i 60-70 euro a notte, mentre in Italia siamo sui 100-120”, spiega Lalli di Federturismo. Che ci sia un numero notevole di italiani in vacanza fuori dai confini nazionali lo sottolineano anche le agenzie di viaggio. “Nel nostro caso il rapporto tra estero e Italia è circa 7:1 a favore dell’estero”, spiega al fatto.it il direttore commerciale trade di Alpitour World, Alessandro Seghi. Vanno per la maggiore soprattutto “Nord Africa, con Egitto e Tunisia che hanno catturato gran parte dei volumi, rappresentando un’ottima risposta all’inflazione – ragiona Seghi –. L’Italia per le ragioni opposte ha un po’ sofferto”.

Non è solo il costo degli alberghi a essere inferiore all’estero. Secondo il direttore di Alpitour un altro elemento che gioca a favore di questi Paesi sono le formule che offrono: “Se consideriamo che spesso sono associate anche a servizi food and beverage all inclusive, il gap di prezzi con l’Italia risulta più ampio”. Così si risparmia anche sul cibo e spesso sul costo dei servizi e della spiaggia.

Andare all’estero è sempre stato sinonimo di vacanza per gli italiani: “Sapevamo che subito dopo la pandemia dovevamo essere pronti ai nastri della ripartenza”, chiarisce al fatto.it il presidente di Assoturismo Vittorio Messina. Il problema, però, è che non ci si è fatti trovare pronti quanto si sarebbe potuto.

La politica – “La ministra Santanchè ha istituito un tavolo permanente sul turismo, ma il tavolo permanente deve essere operativo – dichiara Messina –. Bisogna affrontare le questioni in modo fattivo, perché la concorrenza dell’estero sarà un tema con cui confrontarsi sempre di più”. Nessun allarme, però, in termini di numeri e tenuta del settore: tra l’11 e il 16 agosto, si legge in un comunicato di Assoturismo, “si spostano 17 milioni di persone, per il 60% italiane, nelle strutture ricettive ufficiali”. Prosegue e precisa il comunicato: “Sono numeri in crescita rispetto alle ultime settimane, ma su livelli lontani dal tradizionale pienone di metà agosto”.

L’impressione del settore è che il turismo funzioni da solo e che quindi la politica lo lasci andare con le sue gambe. “È il momento di una riforma complessiva – evidenzia il presidente di Assoturismo –. Non basta che il ministero chieda alla filiera cosa occorre, serve che anche il ministero porti sue idee e proposte di modifica”. I prezzi in media più alti del turismo in Italia si spiegano, per Assoturismo e Federturismo, con il differente costo del lavoro rispetto all’est Europa e con diverse percentuali di imposte. “In alcuni settori la nostra Iva rimane al 22%, mentre gran parte del resto d’Europa è al 10%”, lamentano le associazioni di categoria che però non fanno menzione né degli episodi di speculazione avvenuti di recente in alcune località turistiche gettonate e raccontati dalle pagine di cronaca, né del lavoro spesso in nero e sottopagato che caratterizza le assunzioni stagionali.

Le associazioni di categoria auspicano comunque un confronto sereno con le istituzioni, ma per Messina serve un cambio di passo. “Spesso ci ritroviamo intorno a tavoli con troppi interlocutori: è un ottimo sistema per cercare di fare qualcosa, senza in realtà fare nulla”, conclude.

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