Il dl Omnibus approvato lunedì scorso dal governo ripropone temi vecchi e soluzioni parziali e sbagliate per problemi irrisolti da tempo. Va esclusa l’adozione della tassa straordinaria sugli extraprofitti per le banche che dimostra che non ci sono intoccabili. Meno bene è l’idea di utilizzare gli introiti di questa tassa quasi esclusivamente per la riduzione del cuneo fiscale. Ci si aspettava che la riduzione del cuneo andasse non più solo a carico dello Stato, cioè dei contribuenti, ma che finalmente andasse a carico anche degli imprenditori.

La proroga del 110% per le villette lascia esterrefatti, perché ai fini dell’efficientamento e del risparmio energetico sarebbe stato molto meglio tenere in vita questo provvedimento esclusivamente per i condomini e in particolare per le case popolari, dove le ristrutturazioni darebbero maggiori vantaggi sociali e di efficienza energetica. Nel dl Omnibus riappare anche la Cig per l’Alitalia. Alitalia che doveva essere morta già da un anno e mezzo con la nascita di Ita e invece è ancora lì. Siamo al 15esimo anno consecutivo di cassa integrazione.

L’altro elemento negativo contenuto nel decreto è quello della deroga del tetto degli stipendi per gli esperti del ponte sullo stretto. Lo sfondamento dei 240.000 € annui non è altro che un modo per allargare il consenso degli addetti verso le iniziative e le attività della società del ponte sullo stretto, anch’essa una diligenza da assaltare, visto che l’opera non trova nessuna giustificazione trasportistica e oltretutto non trova neppure pallidamente la possibilità di essere finanziata dal mercato (a differenza del costosissimo Eurotunnel). Ora il gioco passa alle capacità consociative della società stessa, rimasta in piedi per tanti anni nonostante il legislatore avesse deciso che dovesse essere cancellata.

Il capitolo taxi è di fatto un assist alla corporazione che si è dimostrata solida e resiliente come quella dei balneari. Nessun obbligo di aumentare le licenze e se qualcuno volesse farlo potranno essere solo Regioni o Comuni a deciderle. Enti locali che hanno dimostrato più di una volta di non volersi scontrare con i taxisti. Anche qui tutto fermo. Pochi taxi e pochi e pessimi trasporti pubblici resteranno il must negativo delle città italiane.

Va aggiunto il goffo tentativo di ridurre i prezzi delle tariffe aeree tra il continente e le due isole Sicilia e Sardegna. Tentativo effettuato in fortissimo ritardo anche perché ormai praticamente la stagione turistica si sta concludendo e oltretutto espone il governo alla possibilità di essere messo all’angolo dalle compagnie aeree ricorrendo all’antitrust europeo per limitazione della concorrenza. Meglio sarebbe stato denunciare gli illegittimi aiuti pubblici da parte degli aeroporti alle compagnie low cost, ma come fare se si sussidia anche Ita? Nonostante questi aiuti i vettori hanno effettuato aumenti tariffari enormi. Tali aumenti sono dovuti, più che agli algoritmi, alla riduzione dell’offerta fatta proprio in questo periodo, del 15% sulle rotte interne e del 20% nelle rotte tra le isole e il continente. In questo campo dovrebbe intervenire il ministero dei Trasporti e chiederne una giustificazione.

Insomma, con il dl Omnibus il governo dice che è presente sui temi scottanti del momento. Escluso dal dl il caro benzina, abbandonato nonostante la promessa di ridurre le accise. “I problemi che abbiamo di fronte li mettiamo nel calendario del Consiglio dei Ministri” – ma non sono neppure toppe, altro che soluzioni. Infine c’è il contentino agli autotrasportatori, le cui associazioni di categoria non vogliono più pagare il contributo che sostengono tutte le aziende di trasporto (aeree, ferroviarie, autostradali e del trasporto su autobus) per le attività dell’Autorità dei Trasporti (Art). Un precedente negativo e iniquo, questo. Perché le aziende di trasporto merci ferroviarie dovrebbero continuare a pagare il contributo e quelle stradali no?

L’unica vera novità è quella della tassa sugli extraprofitti delle banche, poco più di un solletico per i grandi istituti bancari che dimostra per il futuro che ciò è possibile anche allargando il campo alle compagnie energetiche, a quelle farmaceutiche, all’industria delle armi. E pensare che i grandi gruppi energetici non hanno ancora pagato quanto stabilito due anni fa dal governo come contributo di solidarietà in piena crisi energetica.

Insomma, nel dl c’è tanto fumo e poco arrosto, resta una impronta corporativa ma la tassa sulle banche è un ottimo precedente.

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Troppe crisi per il dio mercato. Non è che alla fine aveva ragione Karl Marx?

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