Nel novembre 2008 la regina Elisabetta pose una domanda “ingenua” agli economisti riuniti alla London School of Economics, l’ateneo dove ha insegnato a lungo il profeta della religione neoliberista Friedrich von Hayek. “Perché non avete previsto la crisi”? E non una crisi “qualsiasi”, ma la più grande dai tempi del crollo del ’29. Gli economisti non sono stati in grado di rispondere. Non hanno saputo rispondere semplicemente perché secondo i loro libri quella crisi non doveva esserci. In molti hanno pensato e continuano a pensare che ad essere sbagliato sia il mondo e non le loro teorie. Qualcun altro ha però iniziato a porsi qualche interrogativo sulla validità delle tesi economiche dominanti. E a rileggere i libri di chi queste crisi le aveva previste e descritte benissimo, tra questi Karl Marx. Nella sua visione, il capitalismo è destinato inesorabilmente a generare crisi, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità. E non bastano neppure sostegni esterni qua e là, convinzione che sottende invece alle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes.

Dopo la caduta del muro di Berlino i libri di Marx sono passati dai salotti alle soffitte. Dal 2008 in poi si è però assistito ad un ritorno di interesse per le tesi del filosofo tedesco che, con alti e bassi, non si è mai spento. “I politici che cercano di capire il caos che segue il panico finanziario, le proteste e gli altri malesseri che affliggono il mondo farebbero bene a studiare un economista morto molto tempo fa: Karl Marx”, ha detto non molto tempo fa George Mangnus, autorevole consulente economico del colosso bancario svizzero Ubs. Riviste insospettabili, tra cui l’Economist, hanno dedicato approfondimenti a queste teorie che sembrano attrarre in modo particolare i più giovani. Di recente il settimanale tedesco Der Spiegel ha messo Marx in copertina domandandosi: “Aveva ragione lui?”.

“Ogni volta che il marxismo viene dichiarato morto e sepolto, ed è successo non so quante volte, si scatena l’ennesima ondata di crisi e le nuove generazioni riscoprono il valore di queste idee. In fondo non potrebbe essere diversamente, le contraddizioni del capitalismo generano crisi, economiche, sociali, politiche e ambientali e ogni generazione che ne subisce le dure conseguenze cerca di comprenderle e ipotizzare una via alternativa”, spiega a Fq Millenium David Ruccio, professore emerito di economia all’università di Notre Dame ed autore del libro Marxian Economics. “Ciò che le persone apprendono leggendo Marx, e facendo propri i suoi strumenti di critica, è innanzitutto la capacità di liberarsi dal cosiddetto senso comune, il pensiero dominante, da cui siamo quotidianamente bombardati”, osserva Ruccio.

L’economista Vladimiro Giacché è uno studioso delle teorie di Marx ma la sua carriera professionale si è svolta sinora nel mondo dell’alta finanza. Prima a Capitalia e Banca Profilo al fianco del banchiere Matteo Arpe, e ora responsabile della ricerca per Banca del Fucino. “Quando nel 2009 ho pubblicato un’edizione degli scritti di Marx sulla crisi, racconta a Fq Millenium, mi sorprese l’interesse mostrato da Arpe, con cui collaboravo, e da Alessandro Profumo. Ma in fondo si trattava di una sorpresa ingiustificata visto che le teorie di Marx rappresentano un’analisi dell’economia capitalistica e sono utili a chiunque desideri capire le linee di tendenza, i trend economici di fondo. A maggior ragione di fronte alla scarsa comprensione delle radici della crisi da parte dell’economia mainsteram, sia neoclassica sia neokeynesiana. La cosa paradossale, semmai, è che questi strumenti di analisi siano stati completamente dimenticati dalla politica”.

C’è un altro elemento che rafforza l’interesse per Marx ed è la crisi climatica ormai in atto. Come hanno spiegato Marx e tanti studiosi delle sue teorie, per funzionare il capitalismo è obbligato a espandersi continuamente, a colonizzare spazi e ambiti dell’esistenza. Come una bicicletta più va veloce più è stabile, se si ferma cade. Ma i ritmi attuali della sua espansione non sembrano più essere compatibili con la capacità del pianeta di sostenerli. “Siamo arrivati ad un punto, avverte Ruccio, in cui abbiamo disperatamente bisogno di un nuovo modello economico e la critica marxista della politica economica può aiutarci a muoverci in questa direzione”.

Uno degli aspetti più affascinanti delle teorie marxiste è l’alta considerazione dell’essere umano e della sua dignità. In ultima analisi è questo il motivo per cui vale la pena di impegnarsi per cercare di migliorare la società in cui viviamo e fare in modo che agli individui sia data la possibilità di realizzare appieno le proprie potenzialità. “Il campo della libertà comincia in realtà soltanto dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalle considerazione terrene…Dopo comincia quello sviluppo dell’energia umana che è un fine in sé, il vero regno della libertà”, scrive Marx che, come si vede, propone un’idea della libertà più alta ed ampia di quello dei “liberisti”. Come mostra l’approccio meno totalizzante nei confronti del lavoro delle generazioni più fresche, sembra ormai giunto il tempo di ripensarsi profondamente, anche con l’aiuto di chi lo aveva già fatto.

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