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Alcuni tipi cellulari molto specifici non soffrono dell’invecchiamento cellulare descritto nel post precedente e possono replicarsi infinite volte senza subire l’accorciamento dei telomeri: sono le cellule staminali e le cellule della riproduzione, che formano l’uovo e lo spermatozoo. Poiché la DNA polimerasi, l’enzima che duplica il filamento del DNA, non può sintetizzare l’estremità del filamento e perde necessariamente almeno una ventina di nucleotidi in ogni replicazione, prevenire l’accorciamento dei telomeri richiede un meccanismo molecolare diverso da quello della duplicazione del DNA. Questo meccanismo dipende da un altro enzima, chiamato telomerasi, che sintetizza l’estremità del filamento neoformato e ripristina la lunghezza del telomero. Tutti i tipi cellulari possiedono il gene della telomerasi, ma soltanto le cellule staminali e riproduttive lo esprimono e producono effettivamente l’enzima, in questo modo proteggendosi dall’invecchiamento programmato; in tutte le altre cellule il gene della telomerasi non viene espresso, e l’enzima non è prodotto.

Questa condizione può sembrare paradossale: quale vantaggio evoluzionistico deriva all’organismo dal fatto che le sue cellule somatiche sono programmate per morire dopo un certo numero di replicazioni, visto che questa programmazione può essere facilmente eliminata con la telomerasi? Non abbiamo risposte certe a questa domanda, ma abbiamo alcune ipotesi molto plausibili, la principale delle quali è che la morte programmata (che obbedisce a vari stimoli, uno solo dei quali è l’accorciamento dei telomeri) ci protegge dai tumori. Il meccanismo di replicazione del DNA non è perfetto ma è soggetto ad errori, il più comune dei quali è la mutazione puntiforme, inserzione di un nucleotide “sbagliato” ad opera della DNA polimerasi; questo avviene con una frequenza di circa un errore per milione di nucleotidi polimerizzati. Poiché il genoma umano contiene circa 3 miliardi di coppie di nucleotidi, ogni replicazione cellulare produce in media circa 6.000 mutazioni equamente ripartite tra le due cellule figlie; alcune di queste mutazioni possono alterare la regolazione della replicazione cellulare e causare un tumore.

Si stima che le mutazioni potenzialmente capaci di indurre neoplasie siano numerose e frequenti e che la malattia sia tenuta a bada nella maggioranza dei casi da vari meccanismi di controllo, tra i quali appunto la perdita dei telomeri. Il tumore infatti è una malattia nella quale una cellula perde i meccanismi di regolazione della riproduzione e si riproduce in modo autonomo, sregolato e continuo, indipendentemente dalle necessità dell’organismo, che ne risulta invaso. Ovviamente i meccanismi molecolari di questa trasformazione sono molteplici e alquanto variati, ma uno pressoché costante è la riattivazione del gene della telomerasi, oppure l’insorgenza delle mutazioni che causano il cancro in cellule staminali, naturalmente capaci di esprimere la telomerasi. In assenza di telomerasi, la progenie della cellula trasformata sarebbe condannata ad esaurirsi e la mutazione sarebbe autolimitante, come è stato dimostrato con esperimenti su cellule neoplastiche in cultura nelle quali era stato inattivato il gene della telomerasi (una operazione che non è facile realizzare se le cellule neoplastiche si trovano all’interno dell’organismo). La soppressione dell’espressione della telomerasi nelle cellule somatiche sarebbe quindi uno tra i meccanismi che ci proteggono dal cancro.

Gli organismi viventi sono il prodotto dell’evoluzione, che avviene per mutazioni casuali e selezione delle mutazioni favorevoli. La selezione naturale agisce non soltanto sugli individui, favorendo quelli che sono più capaci di sopravvivere e riprodursi, ma anche a livello delle specie che devono essere capaci di resistere al rischio di estinzione. Per l’individuo è vantaggioso, quindi favorito dalla selezione naturale, possedere meccanismi biochimici che prevengono l’insorgenza di malattie tanto precoci da limitare la sua capacità riproduttiva, anche se questi meccanismi passano per l’eliminazione di cellule dell’organismo stesso e la limitazione del loro ricambio; per la specie è vantaggioso il ricambio degli individui che, grazie alla varietà dei loro geni (il cosiddetto pool genico della specie), esplora costantemente nuove combinazioni geniche.

La soppressione del gene della telomerasi risponde ad entrambe queste pressioni selettive: protegge l’individuo da tumori precoci ma ne compromette l’aspettativa di vita, favorendone la sostituzione con la sua progenie. In pratica, e per riassumere: ci sono molte possibili cause di morte, e l’esaurimento funzionale delle capacità di ricambio cellulare è un meno peggio.

Ci resta un ultimo dubbio: sarebbe teoricamente possibile e funzionale un ipotetico organismo dotato di una DNA polimerasi perfetta, che non sbaglia mai, associata ad una telomerasi ubiquitariamente espressa in tutte le cellule? Se il cancro è causato (anche) da mutazioni, cioè errori della DNA polimerasi, e la telomerasi ci protegge dal cancro, non sarebbe più semplice proteggersi direttamente dalle mutazioni? La biologia, come la storia, non si fa con i se e i ma, però abbiamo una risposta molto semplice e diretta a questo dubbio: molte cause di errori di replicazione, che noi abbiamo attribuito alla DNA polimerasi, sono in realtà dovute a proprietà intrinseche dei nucleotidi, che fanno sbagliare la polimerasi; ad esempio al fenomeno chimico della tautomeria cheto-enolica delle basi azotate, che per ragioni di lunghezza non spiegherò qui, ma che è facile trovare sul web con qualunque motore di ricerca; oppure il danno ossidativo o fotochimico che vedremo in un prossimo post.

Quindi il nocciolo del problema non sta in un ipotetico difetto della DNA polimerasi, ma nella chimica del DNA, e non abbiamo nessun esempio di organismo costruito senza il DNA, tranne quei virus che utilizzano il suo parente più prossimo, l’RNA, che ha caratteristiche chimiche molto simili. Inoltre l’ipotetico organismo che non ha mutazioni non ha neppure possibilità evolutive e non è chiaro da dove potrebbe evolversi; ma questo è un altro discorso.

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