[2° puntata, qui la 1°]

Il nostro organismo è costituito da unità biologiche molto piccole, capaci entro certi limiti di vita autonoma, le cellule. Se noi isoliamo delle cellule da un qualsiasi organo o tessuto, come si fa con le biopsie, e proviamo a coltivarle in laboratorio, osserviamo che sono capaci di riprodursi un numero limitato di volte, di solito 40 o 50, ma non più: poi muoiono. Le nostre cellule sono quindi programmate per morire, le loro cappacità di ricambio sono limitate, e questa è una delle cause dell’invecchiamento. Per spiegare questo fenomeno occorre scendere nel dettaglio biochimico della riproduzione cellulare.

L’unica molecola delle nostre cellule che è in grado di “riprodursi” è l’acido desossiribonucleico, il dna. Il dna è un polimero cioè una molecola molto grande formata da milioni di molecole più piccole legate chimicamente fra loro, i nucleotidi. I nucleotidi si legano chimicamente tra loro in catene lineari e la molecola del dna ha quindi la forma di un lunghissimo e sottilissimo filamento. Ci sono soltanto quattro tipi di nucleotidi, identificati come A, T, G e C e la sequenza in cui essi appaiono nel filamento è libera; ovviamente ogni nucleotide appare milioni di volte nel filamento. La struttura di una molecola di dna è stata paragonata ad un libro: entrambi sono infatti polimeri lineari, di nucleotidi il primo, di lettere dell’alfabeto il secondo, ed entrambi contengono informazione.

La caratteristica essenziale del dna è che nelle cellule appare nella forma di due filamenti (due molecole) accoppiati e attorcigliati tra loro mediante legami deboli: la doppia elica (una migliore traduzione dall’inglese sarebbe stata “doppia spirale”). Dove il primo filamento presenta una A il secondo presenta una T, e viceversa; dove il primo filamento presenta una G il secondo presenta una C e viceversa. Questo perché A e T o G e C si accoppiano in modo specifico mediante interazioni chimiche deboli. Di conseguenza ciascun filamento oltre a possedere l’informazione data dalla sequenza dei suoi nucleotidi, possiede allo stesso tempo anche l’informazione sulla sequenza dei nucleotidi del filamento complementare. Quando la cellula deve replicarsi, un enzima specifico, la dna polimerasi, separa i due filamenti e, utilizzandone ciascuno come stampo crea un nuovo filamento complementare. Il risultato del processo sono due doppie eliche quando prima ve n’era una sola. La duplicazione cellulare diventa possibile dopo il completamento della duplicazione del dna.

La dna polimerasi, per ragioni che sarebbe lungo spiegare, non può cominciare a sintetizzare il nuovo filamento di dna a partire dall’inizio del filamento “vecchio”: perde un piccolo tratto di circa una ventina di nucleotidi o poco più. Poiché la sequenza dei nucleotidi del dna porta l’informazione necessaria a costruire tutte le molecole della cellula, questa perdita è potenzialmente catastrofica. Per evitare il peggio, la porzione iniziale di ciascun filamento di dna, chiamata telomero, ha una sequenza nucleotidica ripetitiva e non porta informazioni essenziali; in questo modo ogni replicazione cellulare comporta un accorciamento dei telomeri, che è tollerabile per la cellula.

Quando però i telomeri nel corso di una serie di replicazioni cellulari si consumano del tutto, la cellula va incontro ad un processo degenerativo che termina con la sua morte programmata. Questo spiega l’osservazione citata all’inizio. Nel corso della nostra vita le cellule si devono riprodurre per il processo del ricambio, descritto in un post precedente; questo consuma i loro telomeri, che si accorciano, ed è in teoria possibile misurare l’età funzionale di una persona dalla lunghezza media dei telomeri dei cromosomi delle sue cellule. Ovviamente, essendo programmati nei telomeri l’invecchiamento e la morte cellulare, sono anche programmati l’invecchiamento e la morte dell’intero organismo.

E’ stato stimato che la durata massima della vita di un essere umano potrebbe essere nell’ordine dei 120 anni, in media: oltre questo limite il depauperamento funzionale degli organi, dovuto alla progressiva minore capacità di ricambio cellulare porterebbe ad insufficienze funzionali multiple incompatibili con la sopravvivenza. Si inquadra in questo discorso anche l’osservazione che gli animali ottenuti per clonazione, come la famosa pecora Dolly, presentano fenomeni di invecchiamento precoce e aspettative di vita fortemente ridotte: anziché nascere da una cellula uovo fecondata con cromosomi dotati di telomeri “nuovi” (in un prossimo post vedremo come le cellule germinali evitano l’accorciamento dei telomeri), nascono da una cellula uovo nella quale è stato trapiantato un nucleo vecchio, i cui cromosomi presentano telomeri “consumati”.

[continua]

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