Dall’autopsia eseguita sulla salma di Andrea Purgatori è emerso che “svariate metastasi” si erano già diffuse nel corpo del giornalista. Metastasi che, aldilà delle diagnosi corrette o errate che fossero, non gli avrebbero permesso di salvarsi. Lo riporta La Repubblica citando nuove informazioni rilevate in queste ore “dalla sala in cui si svolge l’autopsia”, spiegando come sul piano giudiziario questo fa venir meno il nesso causale tra la condotta dei medici e il decesso, mettendo in dubbio l’imputabilità dei medici che lo hanno curato e contro i quali la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine per omicidio colposo in seguito alla denuncia dei familiari. Ad Andrea Purgatori era stato diagnosticato un tumore ai polmoni e la famiglia si chiede se la cura di radioterapia a cui era sottoposto sia scaturita da una diagnosi errata e abbia quindi accelerato la sua morte. L’ordinamento penale prevede però che, anche in presenza di un errore medico, la responsabilità si accerta solo se l’errore realizza un danno a carico dell’assistito.

Secondo quanto finora dichiarato, per i consulenti della Procura di Roma che hanno eseguito l’autopsia è stato il tumore primitivo al polmone la causa dell’arresto cardiorespiratorio, ma gli accertamenti sul corpo non sono ancora terminati e la presenza di tante metastasi fornisce un elemento in più. Spesso sono infatti gli effetti oncologici secondari a causare la cosiddetta cachessia neoplastica, ossia una condizione di insufficiente funzionalità degli organi vitali che con un processo degenerativo spesso molto rapido conduce ad esiti fatali. Intanto il prossimo passo è l’esame istologico dei tessuti e degli organi che verrà eseguito dai sei professionisti tra medici, radiologi e anatomopatologi incaricati dalla Procura di stabilire “l’epoca, la natura, la causa della morte e i mezzi che l’hanno determinata”. Per l’esame saranno necessarie un paio di settimane, dopodiché, il prossimo 6 settembre, i consulenti della Procura si incontreranno di nuovo.

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