Ci siamo lasciati alle spalle i giorni del ventiduesimo anniversario dei terribili fatti del G8 di Genova. I momenti più bui della storia recente della nostra democrazia perché vi sono stati annientati i diritti fondamentali dell’uomo, in nome di una millantata ragion di Stato cinica e nichilista che si doveva contrapporre, distruggendola, alla cultura rivoluzionaria dei movimenti no-global. La Giustizia genovese ha saputo restituire all’Italia verità e giustizia su quanto accadde, ancor prima di quella europea. La mancanza della previsione del reato di Tortura ha consentito ai responsabili di quei comportamenti criminali di godere della prescrizione. Lo Stato si è fatto da parte lasciandoli al loro posto ed in più di un caso, addirittura, consentendo loro avanzamenti in carriera. Il reato di tortura è stato poi finalmente introdotto anche grazie al sacrificio ed all’impegno di un altra famiglia devastata dalla violenza di Stato.

Oggi se ne reclama la sua abolizione per ragioni di opportunità tanto oscure quanto vergognose. I processi per la Diaz e Bolzaneto sembrano dimenticati. Quella Giustizia non esiste più. Anzi sembra aver avuto la prevalenza un sentimento espressivo di un debito di restituzione verso le istituzioni di appartenenza degli imputati riconosciuti colpevoli ma prescritti, per quei fatti gravissimi. Dopo Lorenzo Guadagnucci, un altro giornalista, colpevole soltanto di aver fatto il proprio lavoro è rimasto vittima di un feroce pestaggio ad opera di 4 agenti di Polizia. Stefano Origone, di Repubblica. Era il 23 maggio 2019: agghiaccianti sono state le sue parole nel ricostruire quanto vissuto. Non intendo ripeterle ma basti solo ricordare che, in quei momenti terribili, ha avuto paura di morire senza nemmeno saperne il motivo.

Quel gruppo di agenti che infierì sul suo corpo inerme, lasciandosi andare ad atti inconsulti e vergognosi per le divise che portavano, se l’è cavata con una semplice multa: 2580 euro di pena pecuniaria e null’altro.

Giustizia è fatta? Si tratta soltanto di un uso ‘sproporzionato’ della forza? Che vorrebbe dire, viceversa, proporzione? “La corrispondenza di misura fra due o più elementi in rapporto reciproco”. Quale forma di violenza sarebbe stata giustamente reciproca all’attività di cronista che Stefano Origone stava proprio in quel preciso contesto svolgendo? Nessuna. Ipocrisia di sistema.

Ma Genova aveva registrato un altro drammatico fatto di cronaca verificatosi il 10 giugno 2018.

Jefferson Tomala, padre di origine ecuadoriana di una bimba di soli 2 mesi, stava attraversando una brutta crisi psichiatrica. Minaccia l’omicidio della sua famiglia e si barrica con un coltello nella sua stanza dichiarando disperatamente di volersi uccidere. Ha solo 21 anni e si parla di sottoporlo ad un TSO. La madre chiede aiuto alla Polizia che interviene. Irrompe nella stanza di Jefferson usando su di lui lo spray al peperoncino. Il ragazzo si agita ancor di più e tenta di aggredire i poliziotti. Sono sei i proiettili che gli vengono sparati e la vita di Jefferson Tomala termina. La crisi psichiatrica viene così risolta.

Lo sparatore veniva poi processato e assolto per legittima difesa.

Giustizia è stata fatta? Le cronache di oggi parlano di una tombale richiesta di archiviazione fatta dalla Procura ligure per le note drammatiche vicende che hanno privato Antonella e Graziano Scagni dei propri figli.

Il progressivo degenerare della malattia psichiatrica che affligge il loro primogenito Alberto, li aveva costretti a rivolgersi al Centro di Salute Mentale di Genova ed a richiedere disperatamente aiuto alla Polizia nel terrore che egli potesse passare, nel suo delirio, dalle parole ai fatti. Ciò accadeva nei giorni tra fine aprile ed il primo maggio 2022. Proprio nel primo pomeriggio di quel giorno di festa avviene l’ultima chiamata di Graziano al 113. Quella drammatica telefonata dura oltre 14 minuti. Rimane inascoltata e, la sera stessa, dopo poche ore, Alice verrà accoltellata dal fratello per ben 17 volte. Nessuno interviene. Alice muore e l’autorità giudiziaria non trova di meglio che ‘processare’ quei due poveri genitori abbandonati a sé stessi per non aver impedito – non si sa bene come – ad Alberto di uccidere la sorella Alice.

Genova forse ha qualche problema con i TSO. Si passa dai sei colpi di pistola sparati a Jefferson Tomala, alla imbarazzante ed assoluta inerzia per i disturbi psichiatrici di Alberto Scagni. Assolto il poliziotto sparatore, ‘condannati’ i genitori dei figli perduti per non aver saputo intervenire e colpevoli di essersi lamentati del mancato intervento dello Stato.

Giustizia è questa? Da Genova a Velletri.

Sempre in questi giorni caldissimi accade che la Procura di Velletri notifica a Niccolai Francesco un avviso di fine indagini, classe 1984, per omicidio colposo. È accusato di aver causato, in concorso con altri, la morte di una ragazza: era il 28 gennaio 2021, quando, durante una escursione in montagna, Claudia Acciarino cade in un dirupo. La ragazza, ferita, chiama lei stessa i soccorsi che però tardano ad arrivare. La località è a Carpineto Romano, zona Pian della Faggeta, località Monte Semprevisa. Claudia attende invano i soccorsi. Morirà di ipotermia secondaria. Francesco Niccolai quindi, non solo faceva parte ‘dei soccorsi’ ma è stato pure chiamato invano da quella povera ragazza ferita. Egli, pertanto, dovrà risponderne in un regolare processo. Così, almeno siamo tutti legittimati a pensare. Del fatto ne ha parlato anche qualche giornale.

Nulla di tutto ciò: Francesco Niccolai è soltanto un amico di quella povera ragazza e nei momenti in cui si consumava la tragedia si trovava, del tutto ignaro, a Roma per ragioni di lavoro. Si protesta innocente oltreché profondamente addolorato per quella tragica morte e non ha avuto alcun ruolo nei soccorsi per il semplice fatto che fa un altro mestiere. Non solo, ma quel giorno non aveva ricevuto alcun contatto dalla sua amica Claudia. Sono gli stessi tabulati telefonici acquisiti dall’accusa a dimostrarlo. Per la Procura, nonostante tutto ciò, deve essere considerato responsabile di omicidio colposo.

Giustizia?

Potrei proseguire così, nella narrazione di questi tragici episodi, per tanto tempo. Non serve. Stiamo tranquilli noi avvocati ‘normali’ che calpestiamo quotidianamente le aule dei tribunali. Ora si farà finalmente la centesima “riforma della Giustizia”! Si farà la separazione delle carriere, si abolirà l’imputazione coatta. Si istituirà un tribunale collegiale per le misure cautelari. Si abolirà l’abuso in atti d’ufficio. Si impedirà al pm di impugnare le sentenze di assoluzione. Si renderanno segrete le intercettazioni alle si darà un bel giro di vite. Ogni problema sarà risolto.

O no?

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