Dedicando attenzione enormemente maggiore al caso Santanchè che a quisquilie come il cambiamento climatico che ci affligge, la guerra in Ucraina e i diritti dei lavoratori, il Parlamento italiano ha confermato in modo plateale la propria perversa autoreferenzialità, ponendo la propria solidarietà omertosa di casta privilegiata di fronte a tutto il resto. Il tema è di rilievo perché riguarda la qualità del ceto politico e del sistema politico.

Non condivido quindi affatto la spocchia del tutto ingiustificata con la quale Paolo Mieli, ma anche altri meno noti, hanno criticato o addirittura deriso Il Fatto, colpevole a loro avviso di aver attribuito un’importanza eccessiva a taluni recenti “fatterelli”, come le disavventure affaristiche della Santanchè, che a giudizio di costoro dovrebbero passare in secondo piano di fronte a tragedie come la guerra in Ucraina. Non c’è bisogno infatti di scomodare i grandi pensatori politici italiani del passato più o meno recente, da Machiavelli a Gramsci, per scoprire l’esistenza di una netta linea di congiunzione tra malefatte private e miserie pubbliche della classe dirigente, un collegamento che riguarda un po’ tutti i sistemi ma affligge in modo particolare, almeno dall’inizio dell’età moderna, il nostro disgraziato Paese.

Il punto di connessione, a mio avviso, si situa nell’assoluta mancanza di idealità o, se volete, di idee tout court, che contraddistingue la nostra classe politica. Mancando uno straccio di programma politico degno di questo nome cui ispirarsi, il mestiere della politica diviene la più indegna delle occupazioni e si viene a tradurre in buona sostanza nel farsi gli affari propri a scapito della collettività, esercitando se del caso in modo odioso e smaccato i propri privilegi sulla pelle (a volte non solo metaforica) di cittadini e cittadine.

Esiste peraltro un legame innegabile tra affare Santanchè e guerra in Ucraina. L’attenzione esasperata al proprio tornaconto, del quale la ministra del Turismo è con ogni evidenza destinata a diventare l’eroina eponima (e non a caso si tratta di una discepola di primo piano del Silvio nazionale), non è a ben vedere altro che l’altra faccia dell’assoluta nullità dal punto di vista politico e culturale che ha spinto l’attuale classe politica italiana ed europea a mettere i loro popoli nelle mani, peraltro malferme, di Joe Biden e della Nato. Il messaggio che il caso Santanchè e altri analoghi ci inviano è quindi abbastanza chiaro, “si salvi chi può”, ognuno pensi al suo particolare, dato che di un ente collettivo denominato Italia si sono perse le tracce, sul piano internazionale come su quello interno.

Sforzi notevoli vengono del resto dedicati a smantellare quanto resta dei servizi pubblici, dalla sanità alla ricerca, dall’istruzione alla magistratura. Programma unitario, incarnato prima da Mario Draghi e poi da Giorgia Meloni, che lascia poco spazio a distinguo e concorrenze. Tutt’al più ai leader della destra sarà consentito tentare di sgambettarsi a vicenda apparendo più comprensivi verso gli evasori o più cattivi verso i migranti degli altri. E il fenomeno non riguarda solo la destra propriamente detta. Dato che lo stesso nullismo politico caratterizza in modo sconfortante anche il Pd e i cosiddetti centristi. E qua e là affiorano anche in questo campo di presunta opposizione tentazioni di affarismo, ed emerge ad ogni modo prepotente la volontà di difendere i propri privilegi, mentre anche loro delegano scelte e valori all’alleanza occidentale e rispettano religiosamente le compatibilità padronali.

E un’ulteriore riprova di questa connessione è offerta dalla circostanza che rilevanti sono gli interessi economici ben alimentati proprio dal conflitto in corso, dove il sacrificio di centinaia di migliaia di giovani vite, ucraine o russe, sta egregiamente garantendo l’integrale soddisfacimento degli interessi quanto mai rapaci di filiere dominanti di capitale che hanno la loro testa negli Stati Uniti o comunque nel capitale internazionale ma presentano importanti addentellati nostrani, tutti peraltro rigorosamente bipartisan. Mi riferisco ovviamente agli armamenti (vedi Leonardo coi suoi vari Crosetto, Violante, Minniti & C.), ma anche l’energia, anch’essa notevolmente beneficata dal macello in corso.

All’ombra della sudditanza atlantica, ribadita in termini molto netti dal recente viaggio di Giorgia Meloni a Washington, prospera un ceto politico che, a forza di seguire le direttive di poteri più forti, ha smarrito ogni sentimento ed ogni capacità di autonomia. Guai quindi a sottovalutare portata e significato delle meritorie quanto disperate, visto il livello di marciume cui siamo pervenuti, campagne moralizzatrici intraprese dal Fatto. Esse infatti ci ricordano che abbiamo più che mai bisogno di ciò di cui siamo ormai privati da tempo: una politica onesta e attenta al bene comune nelle piccole come nelle grandi cose.

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