Un giovane personal trainer della Bristol di Bansky, uno studente tedesco 17enne e una ragazzina svizzera con i genitori che si sono precipitati a scusarla: gli autori dei tre diversi episodi vandalici di “sfregio” al Colosseo, che nell’arco di pochi giorni si sono consumati con grande clamore mediatico a Roma, non ci raccontano soltanto che il distrut-turismo di massa è ripreso tale e quale, se non peggio, dopo la pausa forzata della pandemia, ma forse ci indicano anche qualcosa di profondamente inquietante sul grado di de-civilizzazione dell’Europa.

Non erano certo dei poveracci e non venivano dalle banlieu, i tre giovani sfregiatori del Colosseo. Anzi, presumibilmente, sono figli della classe media o medio-alta e forse almeno uno o due si potrebbero considerare gli eredi nemmeno troppo remoti di una tradizione del “viaggio di formazione” in Italia che ha avuto in Goethe il suo cantore per eccellenza. A duecento-duecentocinquant’anni dal primo celebre Grand Tour, i difensori di tre euro-turisti vandali del Colosseo s’attestano addirittura sulla linea dell’ignoranza come attenuante (“non erano coscienti dell’importanza e del valore storico del monumento”) e questa scusa viene accettata come veritiera da molti: sembra incredibile.

Il fatto evidente è che le nuove generazioni europee, irretite da un presenzialismo social-mediatico senza freni, pensano solo a quel che postano o vedono sugli smartphone in tempo reale. La scritta d’amore incisa per la fidanzata dal giovane inglese sulle colonne di marmo dell’antica civiltà romana, le iniziali apposte sul basamento secolare dalla ragazzina svizzera di fronte ai genitori indifferenti, il pezzo di muro dell’Anfiteatro Flavio grattato via con ostinazione dallo studente ormai quasi universitario tedesco, sono solo tre esempi clamorosi di un cambiamento che è sotto gli occhi di tutti.

Fa una certa impressione, per esempio, a chi ha avuto l’occasione di ripetere negli ultimi anni i viaggi a Berlino, notare che i comportamenti normali dei giovani nella città peraltro più aperta e internazionale della Germania non si differenziano più per gli esiti di un’educazione “prussiana” ma si sono uniformati a quelli di tutti i ragazzi della viziatissima e sfibrata post-borghesia occidentale, tali e quali, al peggio.

Certo, magari qualche gruppetto di figli di papà vestiti in modo creativo si trovano ancora dentro la Neue Nationalgalerie, ristrutturata dopo anni di costosissimi e delicati lavori, ma i più giocano a fotografarsi con la spettacolare struttura trasparente dell’ultimo museo di Mies van der Rohe, per non dire di come passano tra le opere di arte contemporanea per specchiarsi e filmarsi.

E la Germania, notoriamente, non è solo la nazione più importante e ricca d’Europa, ma ha un popolo tradizionalmente più inquadrato degli altri, che ha mantenuto un’impronta educativa più rigida. Se sembra essere crollato anche il nuovo muro di Berlino, quello impalpabile post-89 di una città aperta e culturalmente di prim’ordine, è ancor peggio se ci sposta verso l’Est, dove l’onda lunga del regime comunista e del risentimento per il brusco passaggio a un turbo capitalismo spietato porta a un atteggiamento di menefreghismo e maleducazione diffusi persino nelle zone più turistiche, come l’isola di Rügen, con le sue bianche scogliere di gesso rese celebri dai dipinti di Caspar David Friedrich e di tanti artisti romantici e neo-classici.

Che una ragazza svizzera o uno studente tedesco si comportino come dei vandali idioti forse presto non farà nemmeno più notizia, come sono passati inosservati i fischi dei veneziani per i fuochi d’artificio all’ultima festa del Redentore: schiamazzi tutt’altro che ecologisti, ovvero non certo diretti contro lo scempio di ostinarsi a sparare altri agenti inquinanti in un’aria già impestata, oltretutto con le temperature torride di questi giorni, ma semplicemente rivolti ai decisori politici (“Zaia, tira fuori i sghei!”), responsabili di aver voluto risparmiare sullo spettacolo pirotecnico.

Si fa un gran parlare di futuro dell’Europa, a un anno da elezioni che potrebbero essere decisive. E’ tornato in campo, da Cambridge, persino SuperMario Draghi, a predicare più armonia fiscale per tenere insieme l’Unione, per finanziare adeguatamente sia la svolta green, badando a liberarci dalla dipendenza cinese, sia la corsa alla difesa comune, con la guerra da vincere contro Putin, ipotizzando poi di riscrivere le regole della Comunità secondo uno schema di maggiori autonomie nazionali, genere Stati Uniti d’Europa.

Se era un’auto-candidatura, per la Commissione o per un Comitato di saggi preposti alla revisione dei Trattati, si vedrà, magari ne sentirà parlare anche Giorgia Meloni durante la visita a Washington. Modestamente ci permettiamo di suggerire a lorsignori di pensare anche a un nuovo piano Next Generation Ue contro la de-civilizzazione, un Pnrr dove l’ultima R stia per rieducazione collettiva.