Martedì il quotidiano La Repubblica apriva il giornale con una doppia pagina in cui campeggiava la cartina del mondo a tinte infuocate, rosso, rosso scuro e giallo. E un titolo angoscioso: “Afa, allarme globale. Nel Sud dell’Europa il clima del Sahara”. L’articolo era stato preceduto da altri simili, ad esempio quello su Roma come “The Infernal City”, riprendendo un titolo di un giornale inglese. E poi naturalmente l’espressione “Caronte” riportata ovunque, tanto che in questi giorni è girata persino, sempre pubblicata su Repubblica, anche un’intervista a un esorcista. Che saggiamente spiegava che Satana non c’entra, e dunque di tenerlo fuori, perché la colpa è unicamente umana (ma l’effetto paradossale visto l’intervistato restava)

Da tempo mi domando, da persona angosciata ovviamente per la crisi climatica, se pagine come queste, pubblicate nei picchi dell’emergenza con toni disperati e apocalittici, salvo magari poi sparire passata l’ondata di calore, siano davvero utili. I giornali di destra fanno il loro sporco e pessimo lavoro, parlando di “terroristi dell’afa” e continuando sull’onda del negazionismo (non sanzionato dall’Ordine dei giornalisti, una cosa scandalosa che accade solo da noi).

Ma purtroppo una stampa che punta su cartine infuocate e titoli disperanti fa il loro gioco. Non a caso ieri su Twitter si è aperta una discussione, soprattutto tra scettici sulla crisi climatica, ma non solo, sull’opportunità di queste cartine rosso scuro, che più che spiegare cosa accade generano unicamente un senso di panico infinito. E’ intervenuto anche il pacato meteorologo Paolo Sottocorona, che spiegando la sua assoluta preoccupazione per il clima che cambia ha anche detto che questo modo di fare meteo, e giornalismo, non aiuta per nulla.

Così, infatti, ci troviamo spaccati tra negazionisti e apocalittici. Un dibattito che rischia di non portare a niente, solo a polarizzare le posizioni. E’ ovvio che la verità sta più dalla parte di chi mostra le cartine che dall’altra. E l’angoscia per temperature che crescono è fortissima in tutti, tanto da generare forme legittime e assolutamente ovvie di eco ansia estrema. La prospettiva di un mondo (chiuso, diciamo) che si riscalda sempre più è terrorizzante, soprattutto perché, nonostante dibattiti, azioni, cambiamenti, le emissioni salgono. Ma non saranno le cartine infuocate a tirarci fuori dal problema più grande.

Ci serve un’informazione diversa: che ogni giorno, 365 giorni l’anno, parli di crisi climatica, in maniera continua, costante, puntuale. Un’informazione completa, che riporti i dati, ciò che sta accadendo e insieme quello che dovremmo fare perché ciò non accada. Per far questo, ovviamente, ci vorrebbe che i giornali fossero liberi da conflitti di interesse (e a proposito segnalo che proprio questo giornale è entrato a far parte della coalizione “Stampa libera per il clima”, promossa da Greenpeace per creare appunto un gruppo di testate che siano apertamente libere da finanziamenti da ogni azienda del fossile. Il Fatto Quotidiano ne fa parte).

Ma al di là di conflitti di interesse, ci serve un’altra scrittura, ci servono altri titoli e altri articoli. L’articolo sul giro folcloristico per Roma nel giorno del picco di Caronte lascia il tempo che trova, così come i soliti consigli sul caldo, così come le martellanti cartine. È un’informazione, ripeto, che crea panico, che non ritorna utile alla causa climatica.

Certo, se da un lato titoli estremi gettano i singoli nell’impotenza, dall’altra potrebbero generare una spinta verso una politica inerte, quella del governo, che probabilmente neanche si rispecchia nei titoli negazionisti dei suoi giornali. Ma è così? I politici, purtroppo o per fortuna, sono esseri umani. E io credo che articoli apocalittici facciano in loro purtroppo lo stesso effetto. Ansia, panico, fare dunque finta di non vedere, cercare di controllare e rimuovere l’angoscia infinita che quegli articoli provocano. Di nuovo, non un buon risultato.

La stampa sulla crisi climatica deve cambiare. Certo, è meglio il titolo urlato che il nulla di pochi anni fa, dove di clima non si parlava quando la crisi climatica era da tempo conclamata. Ma serve, e con urgenza, fare informazione diversamente. Per non spaccare l’opinione pubblica, per non allontanare le persone dal tema, per cercare, nonostante tutto e nonostante la tragicità del momento che stiamo vivendo, di non essere travolti e tentare di restare razionali e scrivere razionalmente. Lo dicono anche gli esperti di emergenze:in qualunque situazione ci si trovi, in mezzo a un incendio come di fronte a un orso inferocito, per riuscire a sopravvivere l’unica chance è non farsi prendere dal panico e mettere in atto manovre e pratiche salvavita. Penso che lo stesso valga per il clima. E, dunque, anche per chi il clima lo racconta.

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