“Le ondate di calore degli ultimi anni e di questi giorni hanno una sola ragione: il riscaldamento globale. Il segnale è chiaro”. Cicli climatici? “Stupidaggini: ci sono alcune ragioni fisiche per cui avvengono i cicli climatici, ma in questo momento l’unica ragione alla base di un aumento delle temperature di tale portata è la combustione di petrolio, carbone e gas”. Il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, spiega a ilfattoquotidiano.it cosa sta provocando il caldo torrido (anche) di questi giorni e cosa significa in termini di riscaldamento globale, smontando anche alcune fake news sui cambiamenti climatici. “Stiamo vedendo cose mai viste: l’estate più calda della storia d’Europa è stata, almeno finora, quella del 2022, con oltre 60mila vittime” aggiunge, ricordando la stima dei ricercatori dell’Instituto de Salud Global di Barcellona, autori di un recente articolo pubblicato su Nature Medicine. Quello del 2022 è stato un record anche per l’Italia al pari, però, di quello registrato nel 2003. “Ma per altri Paesi è stata davvero la prima volta. Basti pensare che l’anno scorso ci sono stati 40 gradi anche a Londra” spiega Mercalli. E l’estate 2023, finora, non promette bene.

Ci spiega che cosa sta accadendo in questa settimana?
“Il caldo torrido è dovuto a un grosso anticiclone africano, quindi area calda che arriva dal Sahara. Tutto il Mediterraneo è sotto l’influenza di questa bolla di aria africana. Fa caldo in Spagna, in Marocco, Algeria, Grecia e Italia, dove avvolge tutto il Nord Italia, arrivando più o meno fino alle Alpi. Qui, entra in contatto con l’aria più fresca del Nord Europa. Ed è per questo che le temperature sono salite anche a Milano, ma meno. I dati di lunedì sono 43-44 gradi tra Sicilia, Sardegna e buona parte del Sud e via via a scendere fino ai 38-39 gradi della Pianura Padana”.

Cosa dobbiamo aspettarci per le prossime settimana?
“Questa situazione a Nord si spegne venerdì, 21 luglio, mentre al Centro-Sud va avanti almeno fino al 25 luglio. Se parliamo delle estati più calde d’Europa, non possiamo ancora dire se supereremo il record del 2022, perché non abbiamo i dati complessivi dell’intera stagione, anche se gli ingredienti ci sono tutti”.

Ci sono, però, altri dati che riguardano l’intero Pianeta.
“Dal 3 al 10 luglio 2023 si è registrata la settimana più calda della Terra. Parliamo, va sottolineato, dell’intero pianeta: aria, atmosfera e oceani misurati con tutti gli strumenti disponibili nel mondo, dalle stazioni meteorologiche alle boe. E questo è il dato più importante, perché ci fa dire che tutto il Pianeta si sta riscaldando e, ovviamente, a livello locale ci sono queste ondate di caldo che oggi sono da noi e domani sono da un’altra parte. In questo momento, per esempio, ci sono anche California e Cina. Quest’ultima ha registrato 50 gradi, temperatura che dovrebbe essere raggiunta anche in California in questi giorni.

Sul riscaldamento globale una serie di convinzioni e fake news rischiano di rendere meno chiaro il problema e rallentare la battaglia per affrontare la crisi climatica. Basta la percezione di un giugno più fresco, come avvenuto in Italia, per confondere le idee sulla strada che il Pianeta ha imboccato…
“Le nostre percezioni non sono come quelle dei termometri, sono mediate da tanti altri aspetti psicologici. Infatti, il mese di giugno l’abbiamo percepito come fresco, perché era molto nuvoloso e pioveva spesso, ma in realtà è stato l’undicesimo più caldo in duecento anni. Il fatto è che se in un mese si registrano ogni giorno i 30 gradi, viene percepito come normale, nella media, mentre se nello stesso mese in un giorno si arriva a 50 gradi, è quella la traccia che rimane. Il giudizio sulle estati calde, però, lo fanno i termometri e non la percezione delle persone”.

Non deve confondere, quindi, neppure la nevicata a Johannesburg, dopo undici anni.
“È avvenuto in Sudafrica, dove è inverno perché parliamo di Emisfero Sud. La settimana scorsa sono caduti due centimetri di neve: una nevicata che si verifica più o meno ogni dieci anni. Ma non è che un piccolo fenomeno locale, per altro in un inverno australe, sia in contrasto con il riscaldamento globale”.

Eppure, spesso, intense precipitazioni e alluvioni sono terreni fertili per il negazionismo climatico.
“Bisogna fare una distinzione tra il caldo estremo e le alluvioni. Queste ultime hanno diverse cause. Quando parliamo di ondate di calore il segnale, invece, è univoco: è dovuto al riscaldamento globale. Il caldo, poi, ha dei riflessi anche sulle piogge e ne genera l’aumento in alcune circostanze e la diminuzione in altre. Quindi, per intenderci, non è che l’alluvione in Emilia Romagna sia colpa del riscaldamento globale, ma l’alluvione è stata intensificata dal riscaldamento globale e gli effetti di quanto accaduto sono anche frutto di cementificazione e cattivo uso del territorio. Le alluvioni climatiche esistono da sempre, basti pensare a quella di Firenze del ’66 e a quella di Sarno. Ma il cambiamento climatico ci mette una sua piccola parte per peggiorare la situazione. Invece questo caldo è nuovo, inedito”.

Che cosa intende per ‘inedito’?
“Che queste temperature e questa frequenza delle ondate di calore non hanno eguali negli ultimi duecento anni, ossia da quando abbiamo i dati. Ma, da una serie di indagini, come quelle sui ghiacciai, sappiamo che non c’erano neanche prima. E queste indagini ci dicono che le ultime annate sono le più calde di sempre. La settimana iniziata dal 3 luglio è stata la più calda almeno degli ultimi due secoli, considerando che i dati dei satelliti meteorologici sono disponibili dal 1979, sono stati confrontati con quelli degli osservatori precedenti. È un dato importante, che dovrebbe far riflettere”.

Eppure, anche di fronte al caldo torrido e ai record, si sente ripetere il tormentone “non c’è alcun riscaldamento, si tratta di fenomeni che avvengono con una certa ciclicità”. Ma è davvero così?
“Sono stupidaggini. Non si tratta di cicli. I climatologi fanno proprio questo, cercano di capire perché cambiano le stagioni o le temperature. I cicli esistono nel clima, ma devono avere una ragione, che può essere nel sole, nella posizione dell’orbita della terra attorno al Sole o, talora, nelle correnti a ciclo oceaniche. Ci sono alcune ragioni fisiche per cui avvengono i cicli climatici. Ecco, in questo momento queste ragioni non stanno operando, mentre quella che sta operando è una forzatura indotta dall’attività umana, ossia la combustione di petrolio, carbone e gas. E questo non è un ciclo naturale, perché sono escluse le cause naturali che in questo momento non ci sono: il Sole è tranquillo, non è che fa più caldo perché il Sole è diventato più violento, l’asse terrestre è stabile, l’orbita terrestre sappiamo come si comporta e ci vorranno 50mila anni perché arrivi una glaciazione. Quindi, in questo momento, il caldo è frutto delle emissioni di CO2 dell’umanità, cosa che sappiamo da cent’anni”.

Riecco la domanda di prima, ma con un orizzonte a lungo termine. Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni o decenni?
“Semplice. La temperatura continuerà a salire. Le ondate di calore diventeranno più frequenti e più intense. Vuol dire che se adesso arriveremo a 45 gradi, tra qualche anno si arriverà a 50 gradi. La temperatura più calda della storia del clima d’Italia sono i 48,8 gradi di Siracusa registrati l’11 agosto del 2021, record termico italiano ed europeo. Se in questi giorni superassimo quella temperatura, avremmo addirittura un nuovo record assoluto. Ma, comunque, pian piano questi numeri diventeranno sempre più alti e ci saranno sempre più giorni di caldo estremo. In pratica l’estate di dilaterà e gli inverni diventeranno sempre meno freddi”.

Siamo preparati?
“Purtroppo no. Anche l’Italia ha un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici che sostanzialmente è come se fosse ancora nei cassetti del ministero. La gente non sa nulla, mentre tutti dovremmo conoscere quello che sta accadendo alla perfezione. Anche perché il Mediterraneo è una delle zone al mondo più esposte ai cambiamenti climatici. Da noi, poi, c’è tutto: i ghiacciai sulle Alpi, che solo nel corso dell’estate dello scorso anno hanno perso il 6% di ghiaccio, incendi boschivi, siccità, alluvioni e l’aumento dei livelli del mare che minaccia Venezia (che rischia a fine secolo di avere quasi un metro di mare in più) e il delta del Po’. Un problema gigantesco, perché è permanente. E il Mose servirà per qualche decennio, ma non potrà farcela con aumenti di tale portata. L’Accordo di Parigi dice una cosa molto chiara: se azzeriamo le emissioni entro il 2050, l’aumento della temperatura rispetto ai livelli preindustriali si fermerà a 2 gradi, se non facciamo niente proseguirà fino a 5 all’orizzonte del 2100. Non possiamo tornare indietro, ma possiamo ridurre il danno futuro ed evitare di andare oltre i 2 gradi, perché questo condannerebbe le future generazioni a vivere in un pianeta ostile”.

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