Dire che sono amareggiato è poco. Leggere che il reato di concorso esterno sia “evanescente” mi fa acchianare u sangu in testa. Se poi queste affermazioni sono di un ex magistrato, mi crolla attorno il passato. Passato, di morti ammazzati da Cosa nostra e ricordo l’invito a mò di litania: “ma cu tu o cu vu fa fari a combattere la mafia”? Se avessimo dato retta a quei miti consigli non avremmo avuto martiri dell’antimafia.

E, quando vedo le facce tristi e meste di circostanza, posare le corone nei luoghi delle stragi, non posso che definirle effimeri gesti. Che senso ha ricordare Falcone, Borsellino e altri martiri, quando poi si sta tentando di annullare le loro idee? Senza di loro non avremmo avuto il maxiprocesso: loro due consentirono di fare un salto di qualità nella lotta alle mafie. Se avete i gioielli di famiglia, ditelo a chiare lettere, che volete ritornare alla lotta a Cosa nostra, col metodo degli anni 70.

“I mafiosi non parlano al telefono”. E’ la più grossa scemenza che io abbia mai sentito e per giunta detta da un ministro della Repubblica, ex magistrato. Pertanto, invito il ministro a leggere le intercettazioni che noi della DIA, facemmo in via Ughetti a Palermo. Oppure, ascoltare le intercettazioni delle ultime operazioni di polizia, fatte a Palermo, dove di seguito alle intercettazioni è stato possibile trarre in arresto mafiosi e alcuni personaggi della cosiddetta “borghesia mafiosa”.

Oltre ad essere amareggiato, sono anche pentito di aver fatto parte di uffici investigativi – Squadra mobile di Palermo e DIA -, “chi me l’ha fatto fare?”. Se fossi stato in un altro ufficio non avrei visto i miei cinque colleghi della mia stessa Sezione ammazzati e non avrei stretto la mano a Paolo Borsellino il venerdì 17 luglio ’92, dopo aver terminato un interrogatorio: ci diede appuntamento per lunedì 20. Parimenti, non avrei visto a Palermo carabinieri trucidati. E, invece sono qui a leggere modifiche di ogni tipo, calpestando quella che fu la più bella “stagione” della lotta alla mafia, che costò la vita a Chinnici, Falcone e Borsellino.

Sì, mi fa rabbia notare come il profuso impegno di Chinnici, Falcone, Borsellino, dei miei colleghi, carabinieri e altri magistrati, venga continuamente messo in discussione. Si vuole abolire il concorso esterno alla mafia per favorire chi? Eh già, siccome è un reato notoriamente commesso non da un cittadino qualunque, ma da appartenenti alla casta è giusto che venga abolito. È vero signor ministro Nordio? I vari Dell’Utri, Cuffaro e D’Alì, senza il reato di concorso esterno, oggi sarebbero integerrimi politici e soprattutto “onesti”. E, quindi, avanti tutta con brio affinché tutti possano vivere felici e mafiosi.

Dovrebbe parlare di mafia chi ogni giorno la combatte senza guardare l’orologio e senza ricevere nessuna prebenda, sacrificando affetti familiari. E a proposito di Dell’Utri, cavolo che gratificazione per il silenzio assordante. Ma mantenere i “cavalli” del maneggio costa. Spesso si sente dire, la riforma della Giustizia la dobbiamo fare perché la voleva Silvio Berlusconi. Bene, ma prima di riformarla qualcuno dovrebbe spiegarmi con quali magistrati farla, visto che Berlusconi in un’intervista ha detto su i magistrati “persone mentalmente disturbate, altrimenti non potrebbero fare quel lavoro”.

Mercoledì 19 luglio, si ricorderà la strage di via D’Amelio, ebbene invito il movimento delle Agende rosse a formare un cordone per evitare che siffatti politici entrino in via D’Amelio.

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