Non sorprende che nelle foto del summit della Nato ci fosse – insieme ai leader dei paesi membri – Volodymyr Zelensky in tuta mimetica, in fondo è lui che da un anno e mezzo direttamente o indirettamente sta ridisegnando l’antica alleanza. Sappiamo che durante il vertice lavorava dietro le quinte per modificare uno dei punti più spinosi del trattato: il divieto di una nazione di aderire mentre è in stato di guerra.

La Nato è come un’assicurazione, la si deve sottoscrivere prima che i ladri siano entrati in casa. Se ne intuisce il motivo: obbiettivo della Nato dovrebbe essere evitare le guerre e quindi prevenirle con la semplice schiacciante superiorità militare del blocco, non invischiarsi in conflitti già esistenti. Putin non avrebbe invaso l’Ucraina se questa fosse già stata nella Nato, per capirci. Motivo per cui la Finlandia e la Svezia vogliono entrarci adesso. A chi contesta che non lo hanno fatto prima perché nazioni pacifiche, si può rispondere che Putin fa più paura oggi ai paesi limitrofi, con una lunga storia di tentate invasioni e guerre con la Russia, che venti anni fa.

Venti anni fa reggeva ancora l’accordo tra Gorbaciov e Reagan, quello ricordato al telefono dal centenario Henry Kissinger a due comici russi che si sono finti Zelensky, la Nato non si sarebbe spinta ad est, non ne aveva bisogno perché la guerra fredda era finita e la Russia era diventata una nazione amica, tant’è che Vladimir Putin era di casa agli incontri internazionali G8, G20 e via dicendo e si godeva le Olimpiadi di Pechino seduto acconto a George W Bush.

Vent’anni fa però i germogli della Russia attuale erano già visibili. Il processo di smantellamento del sistema comunista e la transizione verso la democrazia non avevano funzionato, al suo posto era nata la mini-classe degli oligarchi subito ben accolta dall’élite occidentale e dall’alta finanza. Qualcosa è stato fatto a riguardo allora? No. Il mondo libero ha grosse responsabilità su quanto è accaduto oltre cortina dal 1989, si è comportato in modo predatorio, ricordiamoci che esistono vari modi per farlo anche senza i carri armati e le bombe.

Il crollo del muro di Berlino ha prodotto la fuga dei cervelli dal blocco comunista, se leggete le biografie dei nuovi titani dell’high tech vi accorgerete di quanti siano emigrati da bambini negli Usa con genitori ultra-professionisti. Gli oligarchi hanno investito in Occidente soldi fatti sottraendo alla popolazione russa il controllo delle risorse naturali, ci ha goduto Wall Street e la City di Londra, hanno acquistato pacchetti azionari, squadre di calcio, ville hollywoodiane, isole nei Caraibi e così via. I meno fortunati sono venuti a lavorare per molto meno dei colleghi occidentali nelle nostre economie, dando ad un capitalismo europeo in agonia una sana boccata d’aria, abbattendo i salari e così negli anni Novanta e Duemila la forbice delle diseguaglianze ha iniziato ad aprirsi.

Il mondo in cui viviamo oggi – e che non ci piace perché avvertiamo l’opprimente distacco nei confronti dell’élite del denaro mondiale, l’impossibilità di colmarlo – ebbene questo mondo fa parte della stessa narrativa. Naturalmente tutto ciò non giustifica l’invasione dell’Ucraina, atto assolutamente inaccettabile, ma ci aiuta a capire perché l’abbandono dell’Afghanistan ad un destino atroce è passato quasi inosservato mentre per l’Ucraina si è disposti anche a rischiare la Terza guerra mondiale.

La politica moderna è molto diversa da quella della guerra fredda anche se all’apparenza sembra voler tornare a quel periodo storico. La politica moderna è invece simile a quella del passato remoto, ad esempio della fine del 1800, manovrata dalle élite e per le élite, il popolo è composto di birilli. Quel distacco insormontabile tra noi e loro rende questa situazione possibile.

Non illudiamoci che la posta in gioco sia la democrazia, se fosse stato vero allora non avremmo mai lasciato l’Afghanistan, né avremmo fallito. Se cosi fosse stato, nel 2002, ai vertici della nazione appena liberata dai Talebani non ci avremmo messo personaggi come Karzai, provenienti dall’élite feudale e notoriamente corrotti, ma gente che voleva modernizzare il paese. In venti anni si poteva fare molto, tirare su una nuova generazione ma non era la democrazia che interessava alle élite al potere di allora, l’obiettivo come tutti ben sanno ora era di andare in Iraq e sbarazzarsi dell’ennesimo dittatore ex amico. Poi l’Afghanistan è diventato un pantano politico e militare.

Riflettiamo sul fatto che dal 1989 ad oggi il mondo libero si è lasciato dietro una scia di disastri, basta menzionare: Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, in Turchia, paese membro della Nato, c’è un governo islamico guidato de facto da un dittatore. Durante lo stesso periodo la Nato si allargava a macchia d’olio sul mappamondo. Riflettendo su questi punti viene spontaneo chiedersi se che la miglior difesa sia la vera democrazia.

Articolo Precedente

L’idea che Prigozhin abbia usato Putin non è così astrusa. Ma ha fatto i conti senza l’oste

next
Articolo Successivo

C’è una lezione che l’attacco di Hamas contro Israele può insegnare all’Ucraina e ai suoi alleati

next