“Ecco come Jannik Sinner può battere Novak Djokovic“. In Italia è un florilegio di articoli e analisi che seguono questa traccia. È la normale conseguenza di un’esaltazione collettiva per una semifinale di Wimbledon a cui il tennis azzurro non è di certo abituato. A riportare tutti con i piedi per terra ci ha provato Paolo Bertolucci, spiegando che Sinner – se si vuole ridurre tutto a un numero – ha al massimo il 30% di possibilità di battere Djokovic. Come dargli torto. Ammetterlo non significa sminuire le qualità del 21enne altoatesino, tutt’altro. Semmai, è vero il contrario: non è passato abbastanza chiaramente il messaggio che Sinner l’impresa l’ha già fatta arrivando in semifinale. È stato il più giovane dal 2007 a raggiungere questo traguardo, seppur superato il giorno successivo da un mostro di talento come Carlos Alcaraz. È stato solamente il terzo italiano a riuscirci, dopo Nicola Pietrangeli e Matteo Berrettini. Eppure qualcuno sminuisce questi fatti sottolineando che nel suo percorso non ha incontrato nessuna testa di serie: non è colpa di Sinner se gli altri favoriti nel suo spicchio di tabellone sono stati battuti da giocatori meno blasonati che poi lui ha superato, anche abbastanza agilmente. Fatta questa premessa, bisogna ammettere che l’azzurro parte nettamente sfavorito contro Djokovic. éerché il serbo, specialmente negli Slam e in particolare a Wimbledon, è praticamente un robot. Allo sport, per fortuna, piace smentire i pronostici: l’appuntamento è oggi, venerdì 14 luglio, sul campo centrale dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, alle ore 14.30 italiane.

Djokovic si presenta a questa semifinale con numeri davvero non umani. Qualche dato in ordine sparso. Ci sono i più noti: ha conquistato 23 Slam, diventando il più vincente di tutti i tempi davanti a Nadal e Federer. Ha già vinto 7 Wimbledon, compresi gli ultimi quattro. A Londra, è qui siamo alla fantascienza, il serbo non perde una partita dal 12 luglio 2017, quando fu costretto al ritiro nei quarti contro Tomas Berdych. All’epoca Sinner non aveva ancora compiuto 16 anni e non aveva mai giocato una partita nel circuito Atp. E ancora: quest’anno Djokovic ha già trionfato all’Australian Open e al Roland Garros. Se si considera che ha saltato gli Us Open 2022 per l’annosa questione vaccino, il serbo non perde un match in uno Slam dal quarto di finale del Roland Garros 2022, quando fu sconfitto da Nadal. Ora il suo obiettivo è il Grande Slam, già sfiorato nel 2021, quando perse la finale a New York contro Medvedev. Ecco, negli ultimi tre anni solo il russo e Rafa Nadal sono stati in grado di battere Djokovic in un match tre set su cinque. Tutti questi dati raccontano il rendimento di un tennistarobot, che a 36 anni ha deciso di concentrarsi quasi esclusivamente sugli Slam, che cura e gestisce con un’attenzione maniacale.

Gli strabilianti record di Djokovic di per sé porterebbero subito ad alzare bandiera bianca, se non appellandosi alla rinomata (ma non scientifica) legge dei grandi numeri, quella che fa pensare: “Prima o poi dovrà perdere pure a Wimbledon”. Poi però alla mente torna anche il ricordo di un anno fa, quando Sinner incrociò il serbo ai quarti di finale e arrivò a un passo dalla vittoria: conquistò i primi due set, per poi farsi stritolare dalla morsa lenta ma inesorabile del suo avversario. Ripensando a quella partita, l’altoatesino in conferenza stampa ha sottolineato un aspetto cruciale: “Oggi posso stare in campo per molte ore senza soffrire“. È una condizione necessaria per poter sperare di tenere testa davvero a Djokovic. Il serbo, infatti, in questo Wimbledon ha concesso un set a Hurkacz e uno a Rublev. Alla lunga, però, ha sempre sopraffatto i suoi avversari. Anche il precedente dello scorso anno deve valere come insegnamento: il serbo sembrò quasi lasciar sfogare Sinner nei primi due set, per poi imporsi nettamente alla distanza su un giocatore sfinito fisicamente e mentalmente.

Certo, non è solo una questione di testa e corpo. Nel tennis contano prima di tutto i colpi: il repertorio del 21enne azzurro si sta arricchendo match dopo match di nuove soluzioni. Il servizio – Sinner ha cambiato la tecnica della sua battuta – è diventato molto più efficace. Le discese a rete non sono più utopia, anche a costo di commettere qualche errore banale. In questo torneo, finora, il vero punto debole dell’azzurro sono parsi i momenti di blackout. E un passaggio a vuoto contro il numero 2 al mondo può costare un intero set perso. Al contempo, però, Sinner ha avuto dei picchi di rendimento altissimi, in cui pare che niente e nessuno siano in grado di tenergli testa. C’è un dato, d’altronde, che sorride all’altoatesino: tra lui e Djokovic ci sono 14 anni e 86 giorni di differenza d’età, la forbice più ampia tra due giocatori in una semifinale del torneo inglese nell’Era Open. Più passa il tempo, più questo divario diventerà una fattore a vantaggio di Sinner, che continua a crescere per rendimento e tecnica. Al momento, però, sembra poter pesare di più l’esperienza di Djokovic dell’esuberanza di Sinner. Che infatti il serbo non lo ha mai battuto. A 21 anni, è normale che debbano arrivare ancora tante prime volte: questa è già la sua prima semifinale in uno Slam, un giorno ci sarà anche la prima vittoria contro Djokovic.

Però guai a parlare di delusione o fallimento se questa vittoria non dovesse arrivare oggi. Sinner è un giovanissimo che già ha vinto 7 titoli e ha conquistato la top ten della classifica mondiale. I paragoni con Alcaraz – un prodigio della natura sia per mezzi atletici che per precocità – sono del tutto fuorvianti. E non devono indurre nell’errore di sottovalutare i risultati strabilianti ottenuti fin qui dal 21enne azzurro: risultati che, è bene ribadirlo, per il tennis italiano sono un’autentica anomalia. Grazie alla sua tenacia, nonostante numerosi infortuni, Sinner già oggi si è messo nelle condizioni di poter dare battaglia a una leggenda come Djokovic e di poter perfino pensare di batterlo. Se dovesse riuscirci, se dovesse vincere, definirla un’impresa sarebbe persino riduttivo.

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