Novak Djokovic è ancora troppo forte per Jannik Sinner. Il serbo conquista per la quinta volta consecutiva la finale di Wimbledon, fermando il sogno dell’azzurro: finisce 6-3, 6-4, 7-6. Tre set a zero, che non rendono fino in fondo giustizia a un match lottato punto a punto, come ammette lo stesso Djokovic a fine partita. Il numero 2 al mondo ha vinto rubando solamente due volte il servizio a Sinner, ma anche annullando due set point nel terzo set che avrebbero potuto aprire scenari imprevedibili. L’azzurro esce consapevole di avere un gap da colmare per poter pensare di battere un talento come Djokovic: non basta giocare alla pari per lunghi tratti di una semifinale, bisogna riuscire ad alzare ulteriormente il livello quando la palla pesa il doppio. In quei momenti, tanto per cambiare, il serbo è stato praticamente perfetto.

Sono le statistiche a rendere l’idea di un match equilibrato: 105 punti vinti contro 96. Anche le percentuali di punti vinti con la prima di servizio sono equivalenti. Certo, Djokovic ha salvato sei palle break su sei, ma Sinner ne ha annullate ben sette su nove concesse. Insomma, il serbo non è stato superiore solo nei momenti decisivi. Il problema è che per due set e mezzo non ha concesso praticamente nulla al 21enne altoatesino. Giocando una partita paziente, nella quale ha costretto Sinner a spingere e sbagliare: l’azzurro ha chiuso con 44 vincenti, contro i 33 di Djokovic. Ma pesano soprattutto i 35 errori non forzati, contro i 21 del serbo.

L’altra bravura di Djokovic è stata quella di portarsi subito in vantaggio sia nel primo che nel secondo set. In questo modo ha potuto impostare una partita attendista, mettendo invece tutta la pressione addosso a Sinner. Che, lo dimostrano le statistiche, spesso è andato fuori giri nel tentativo di recuperare. Quando invece nel terzo set l’azzurro è riuscito a rimontare da uno 0-40, annullando tre break point, il match è cambiato. Djokovic si è pure innervosito, sfruttando ad hoc certe situazioni per distrarre indirettamente il suo avversario. Insomma, ha dovuto attingere a tutti i mezzi (e sotterfugi) per restare in partita.

Il finale di partita ha dimostrato che per il momento mettendo sulla bilancia i 14 anni e 86 giorni di differenza d’età, pesa ancora parecchio l’esperienza di Djokovic rispetto all’esuberanza di Sinner, che d’altronde giocava per la prima volta una semifinale di uno Slam. Il grande rammarico per l’azzurro infatti diventano le due palle set non sfruttate sul 5-4, anche perché in almeno una delle due occasioni avrebbe potuto gestire diversamente lo scambio. Vincendo il terzo, le solidità fin lì granitiche di Djokovic sarebbero venute meno. Invece il serbo, non appena ha potuto, è tornato a giocare il suo tennis perfetto, chiudendo al tie-break. D’altronde, un tennista in grado di batterlo a Wimbledon non è stato ancora trovato negli ultimi 6 anni.

“Le semifinali sono sempre partite incerte, lottate. Il punteggio non racconta la realtà di quello che è successo sul campo. E’ stato un match super lottato, il terzo set l’avrebbe potuto vincere lui, ma ha sbagliato qualcosa e mi ha concesso di arrivare al tie-break”, ha spiegato Djokovic analizzando la semifinale. “C’è stata molta pressione nel terzo set, io ho avuto le mie chance all’inizio, lui ha dimostrato perché è uno dei leader della nuova generazione“, ha poi proseguito, elogiando la prestazione di Sinner. “E’ bello far parte di questa nuova generazione, lo amo. I 36 anni sono i nuovi 26 – ha aggiunto scherzando il giocatore serbo – Se sto giocando il mio miglior tennis? Mi piacerebbe crederci, il nostro è uno sport individuale, devi metterti quindi nelle migliori condizioni mentali e fisiche. Cerco di non guardare l’età come una cosa che mi disturba”. “Io ho tanta motivazione, gioco uno sport che amo e che mi ha dato tanto. Provo gratitudine e voglio ricambiare il favore a questo sport giocando il più che posso”, ha concluso Djokovic. Che non ha intenzione di fermarsi: l’obiettivo è lo Slam numero 24, il Wimbledon numero 8. Sognando il Grande Slam.

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