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Titan, 30 esperti avevano catalogato le missioni del sottomarino come “suicide”. Ma l’ingegnere replicò furioso: “Un insulto, non ucciderò nessuno”

Continuano ad emergere agghiaccianti retroscena sul Titan, il sommergibile nel quale lo scorso 18 giugno a 3.800 metri di profondità hanno perso la vita cinque persone

di F. Q.

A quasi un mese dall’implosione del sottomarino Titan, emerge l’ennesimo retroscena agghiacciante. Gli esperti avevano catalogato il batiscafo come una trappola mortale che “avrebbe ucciso qualcuno” ma Stockton Rush, il patron di Ocean Gate, non gli aveva prestato attenzione. L’ennesima conferma, insomma, che quanto accaduto era una tragedia già annunciata che, probabilmente, poteva essere evitata se i controlli di sicurezza e collaudo fossero stati portati a termine. Infatti, un team di 30 scienziati aveva fatto di tutto per avvertire il capo della OceanGate Expeditions che i suoi metodi ‘sperimentali’ non erano idonei per un’immersione di quella portata.

Ammonimenti che però sono sempre stati inascoltati e anzi, considerati dallo stesso Rush “un affronto personale privo di fondamento”. Ma, dopo alcune spedizioni ben riuscite, il 18 giugno scorso, la profezia di quelli che l’ingegnere Rush aveva bollato come “attori del settore” – così li considerava stanco dei loro tentativi di fermare il progetto – si è tristemente avverata.

D’altra parte, gli specialisti di sommergibili non erano affatto incompetenti come a detta sua. Infatti, proprio poco tempo prima del disastro, con una lettera della Manned Underwater Vehicles della Marine Technology Society (MTS) – gruppo commerciale che da 60 anni mira a promuovere la tecnologia oceanica ed educare il pubblico a riguardo – avevano avvertito il 61enne dell’imminente possibilità che il Titan potesse implodere: “La nostra preoccupazione è che l’attuale approccio sperimentale adottato da OceanGate possa portare a esiti negativi (da minori a catastrofici) che avrebbero gravi conseguenze per tutti gli operatori del settore”, si legge nel testo.

Will Kohnen, presidente dell’MTS, ha dichiarato alla Reuters che aveva discusso di quella lettera con Rush: “C’è stata una conversazione franca, da adulti. Ma non siamo giunti ad un accordo”. Poi ha specificato che il problema del batiscafo non era legato solo ad un singolo difetto di progettazione ma anche al fatto cheOceanGate non ha proseguito il processo di certificazione riconosciuto dal settore per la progettazione, la fabbricazione e il collaudo del sommergibile.

A muovere lamentele e avvertimenti, però è stato anche l’esploratore Rob McCallum che dopo essere stato sul Titan nel marzo del 2018 aveva scritto a Rush: “Penso che tu stia mettendo te stesso e i tuoi clienti in pericolo per le nuove missioni”. La risposta non si è fatta attendere e l’ideatore del sommergibile ha prontamente sentenziato: “Abbiamo sentito i vostri commenti sguaiati troppo spesso. Non ucciderò nessuno. Lo prendo come un grave insulto personale“. E ancora: “Son ben qualificato per comprendere i rischi e i problemi associati all’esplorazione sottomarina in un nuovo veicolo”. Lo scambio di email, stando alla Bbc, è terminato solo dopo che la OceanGate ha minacciato McCallum di intraprendere un’azione legale.

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