Attualità

Paola Turci: “Lesbica? La gente continua a pensare che sia un’offesa. È un aggettivo. Una passione mia e di Francesca Pascale? I viaggi in camper”

Intervistata da “Il Corriere della Sera”, Paola Turci si è raccontata a tutto tondo. Dall’adolescenza spericolata alla vita piena di ostacoli, fino all’incidente che le ha distrutto parte del viso. Poi, l’amore e il matrimonio con Francesca Pascale: “Ci siamo conosciute per la prima volta a un mio concerto”

di Gabriele Scorsonelli

Accettarsi con serenità, superare gli ostacoli della vita, rinascere. Ancor più urgente “il bisogno di cambiare”, come cantava lei stessa in Stato di calma apparente, successo nel 1993. Senza saperlo, in quel testo Paola Turci aveva riversato il suo futuro: l’incidente che le ha distrutto parte del viso (e per cui è stata sottoposta a quattordici interventi di ricostruzione), le gioie e i dolori della quotidianità. Cantautrice capace di rivoluzionare i canoni dell’artista donna sul palco in Italia, apprezzata da critica e pubblico (11 partecipazioni a Sanremo, di cui 3 come ospite), la 59enne romana ha tradotto in musica e parole libertà, consapevolezze e conquiste del mondo femminile.

Non a caso, il suo album del ’93 si chiama Ragazze. Le stesse a cui si è sempre rivolta, anche perché lei, in primis, lo è stata. Dalla giovinezza spericolata e inconsapevole, passando per l’incidente che le ha cambiato la vita, fino alla voglia e alla forza di rinascere, Paola Turci si è raccontata in una lunga intervista al Corriere della Sera. “Da bambina, in famiglia ero la più bruttina – spiega la cantante – Mia madre mi chiamava Calimero, pulcino. Chiedevo: ‘Mamma, come sono?’. E lei: ‘Normale’”. Una sofferenza, anche perché “mia madre e mia sorella sono bellissime, mia madre lo è ancora a ottantasei anni. Per strada, camminando con mia sorella sedicenne, la gente si girava. Io, di fianco, ho sempre desiderato sparire”.

Eppure, l’amore della sorella per la musica la aiuta a trovare la sua strada: “Mia sorella suonava la chitarra, mentre io fissavo i movimenti delle sue mani, me li imprimevo nella mente – racconta –. A undici anni mi faccio regalare una chitarra e anch’io in quattro giorni, ripetendo le mosse di mia sorella, imparo i giri armonici”. Da quel momento, Paola Turci non si volta più indietro: canta in bagno perché “l’acustica è buona”, nel frattempo si guarda allo specchio per correggere gli errori. Veste Romeo Gigli (con cui inizierà, più tardi, un lungo sodalizio), si pettina, si trucca, ma non si sente bella (“mi nascondevo, mi vestivo molto, strati su strati”). I corteggiatori? Solo d’estate quando “ero abbronzata e gli occhi mi diventavano verdi”.

L’ADOLESCENZA SPERICOLATA E L’INCIDENTE

Da adolescente, spericolata e a volte fuori dalle righe, vive con “un senso di onnipotenza incredibile” e “il pensiero che a me, proprio a me, non poteva succedere niente”, sottolinea. In sella alla sua vespa, non rinuncia ad andare a ballare fino alle cinque del mattino. Poi, di nuovo via a casa: “Correvo, nuotavo, odiavo stendermi al sole. Non riuscivo a stare ferma. Ero scalmanata, e, sì, incosciente”. Pericoli scampati? “Cento, mille volte. Con la convinzione di uscirne indenne”. La notte del 15 agosto 1993 (durante il suo tour), l’incidente che le cambia la vita: “Ho un vestito corto nero, e i capelli liscissimi, appena fatti. Guido la macchina della mia amica. Aspetto la telefonata di mio padre: guardo e riguardo il telefono, finché non mi accorgo che è spento. Da lì smetto di guardare la strada – rivela –. La macchina sbanda, io riesco a riportarla in strada, sbatte contro il guardrail, si cappotta due volte. In quegli istanti penso: ‘sono atletica, basta che accompagno le botte’. Appena la macchina si ferma sento i capelli tranciati di netto. La prima cosa di cui mi accorgo. I miei capelli lunghi non ci sono più”. Subito dopo le voci della gente che la riconosce, poi la corsa in ospedale: “Sento gli infermieri avvisare i medici: ‘C’è una ragazza nera’. Mi avevano scambiato per una ragazza nera, credo perché non si vedeva niente. Il viso era aperto, c’era tanto sangue”.

ACCETTARE SE STESSI

Accettarsi è una battaglia. E, alla ripresa del tour, per Turci mostrare la propria cicatrice è un calvario. “Mi copro in ogni modo, occhiali da sole, trucco. Al ristorante mi metto di profilo, con il lato del viso distrutto dalla parte del muro. Anni a nascondermi, fingendo di stare bene. Fingendo di non avere paura”. Il timore “di essere vista, giudicata, di non essere all’altezza”, invece, la logora. “Avevo fatto levare gli specchi da casa. Più avanti, con uno specchio piccolo ho iniziato a guardarmi, non tutta insieme. Dal collo in su, salivo: la bocca, il naso, un pezzo al giorno”, spiega l’artista. Da quel momento, non pochi giorni per guardarsi il viso per intero. La consolazione? I brani già editi: “Non ero distante dalle canzoni che parlavano della voglia di cambiare. Sembrava che quei testi raccontassero in anticipo quel che mi sarebbe successo, una specie di preveggenza. Piuttosto sentivo tantissima distanza dalle canzoni allegre. Le cantavo, e mi pentivo”. La verità pesa come un macigno e, solo dopo ventiquattro anni, Paola Turci riesce ad accettarla: “No, non stavo bene, non ero felice. Ho trascorso ventiquattro anni a nascondermi. Come i bulimici che mangiano e giurano di non aver mangiato niente”.

LA MUSICA E I TABÙ SDOGANATI

Il punto di svolta è Fatti bella per te, del 2017. “La mia liberazione. ‘Qualcosa dentro ti si è rotto e sei più bella”’ Ci vuole tempo per capire che la bellezza è lì, nel punto di rottura”. Da lì, la forza di abbattere gli stereotipi sulle artiste donne (“Una donna con la chitarra doveva suonare seduta sullo sgabello”), anche nell’abbigliamento: “A Sanremo 1989 canto Bambini andando contro ai discografici che volevano farmi cantare un pezzo d’amore. E gli vado doppiamente contro con l’abbigliamento: top, pantaloni, e scarpe da elfo, tutto Romeo Gigli, benedetto il mio incontro con Romeo Gigli. Infine, trucco e capelli fatti da sola. Ecco, mi presento sul palco così. I discografici inorriditi”, spiega Turci.

LA VITA PRIVATA E IL MATRIMONIO

Oggi, Paola Turci ha rilasciato il singolo Fiore di ghiaccio a cui seguire, in autunno, un nuovo disco. È felicemente sposata con Francesca Pascale, vive in campagna e ha undici cani. Come ha conosciuto la moglie? “Un giorno leggo una sua intervista su ‘Il Fatto Quotidiano’, di Francesca Fagnani, e rimango colpita. Quello che dice sui diritti, sulle ingiustizie. Al che la cerco su Instagram dove lei era arrivata da poco per cercare me”. Scatta la scintilla e uno scambio di ‘mi piace’ sui social. Poi, lei due si incontrano per la prima volta a un concerto dell’artista: “Ero emozionata a sapere che nel pubblico ci fosse lei”, racconta Turci. Una passione che rappresenta la coppia? I viaggi in camper. Circa un anno fa, poi, il matrimonio.

Paola Turci: “Lesbica? La gente continua a pensare che sia un’offesa. È un aggettivo. Una passione mia e di Francesca Pascale? I viaggi in camper”
Precedente
Precedente
Successivo
Successivo

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.