L’8 giugno, con decreto ufficiale del ministero dell’Ambiente, è stato espresso un giudizio positivo sulla compatibilità ambientale del “Masterplan 2035” dell’aeroporto di Milano-Malpensa, ma è stato bocciato l’ampliamento del sedime e dunque il consumo di suolo (44 ettari) previsto per fare spazio ai nuovi capannoni della Cargo city.

L’ampliamento di Cargo City è stato bocciato per difetto procedurale, perché manca una pianificazione territoriale d’area vasta di Malpensa. Definire un masterplan dell’aeroporto senza avere prima un Piano territoriale d’area (PTRA) ha causato il diniego del ministero dell’Ambiente. Senza una Vas e un Piano d’Area non è possibile l’enorme e ingiustificata espansione (44 ettari di brughiere) dell’aeroporto al di fuori del sedime attuale. Sedime che comunque avrebbe notevoli spazi per ogni ampliamento cargo o passeggeri che si rendesse veramente necessario e fosse giustificato dalla domanda.

Ma qui casca l’asino. Secondo Sea già nel 2006 (a 7 anni dalla sua apertura) lo scalo pensato come hub intercontinentale doveva far transitare 40 milioni di passeggeri e un milione di tonnellate di merci. I passeggeri sono stati lo scorso anno 21 milioni (la metà delle previsioni di 23 anni prima) e di 721mila tonnellate di merci, ancora lontanissimi dalla saturazione dalla attuale cargo city. Quindi Malpensa ha ancora enormi capacità residue sia lato passeggeri che lato merci nel suo sedime. Regione Lombardia e Comune di Milano (azionista di controllo di Sea) devono prendere atto che Malpensa è diventato uno scalo point to point anche se è costato carissimo, 1,5 miliardi di euro, e per un altro scopo. Ora è affollato da tracotanti compagnie low cost, da spedizionieri e carrier che pretendono di orientare la domanda e i traffici solo su Malpensa.

Quanto è conveniente, sia ambientalmente sia economicamente, che tutte le merci italiane vengano dirottate solo su Malpensa, quando ci sarebbero alternative per spalmare i traffici merci senza lunghi percorsi sui tir per spedirle all’estero? Nessuno lo spiega. Tantomeno il ministero dei Trasporti, che in questa vicenda fa da spettatore. Questa miopia e assenza di pianificazione non può essere tollerata. Malpensa inoltre ha dapprima mancato la promessa di centinaia di migliaia di posti di lavoro e successivamente ha trasformato con le agenzie interinali, le cooperative i carrier e le compagnie low cost quel poco lavoro (in rapporto alle promesse e ai costi dell’investimento pubblico) in lavoro precario, spesso ai limiti dello sfruttamento. Non passa giorno che ci sia una protesta di lavoratori, precari e non.

Ora è necessario, per evitare nuovi colpi di coda di Regione Lombardia e del Comune di Milano, che la richiesta del Parco del Ticino dell’ottobre 2011 avanzata a Regione Lombardia per l’istituzione di un nuovo sito di Importanza Comunitaria – ai sensi della Direttiva Habitat – e di una nuova Zona di Protezione Speciale – ai sensi della Direttiva Uccelli – su un’area di 856 ettari collocata a sud dell’Aeroporto di Malpensa, sita nei comuni di Lonate Pozzolo (Va), Castano Primo e Nosate (Mi), venga finalmente esaminata e adottata.

Questa richiesta di istituzione del Sic (sito d’importanza comunitaria) trova il suo fondamento nella necessità di tutelare uno degli ultimi habitat di brughiera della Pianura Padana – 133 ettari sugli 856 totali – habitat classificato in sede europea come “Lande Secche Europee” contenuto nella Direttiva Habitat. Serve un passo avanti. Nonostante i numerosi solleciti avanzati dalle amministrazioni che si sono via via succedute alla guida del Parco, Regione Lombardia non ha mai condotto alcuna istruttoria, né tanto meno concluso la procedura per l’istituzione del Sic. E’ ora che anche le direttive europee in materia ambientale vengano recepite dalle istituzioni lombarde.

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