Un intervento nervoso e ricco di attacchi (anche “ad personam”) alle opposizioni, in particolare al Partito democratico. I toni sopra le righe delle repliche di Giorgia Meloni in Aula alla Camera, dopo il dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, non sono piaciuti al centrosinistra, che stigmatizza alcuni passaggi considerati come autentiche sgrammaticature istituzionali. In particolare le parole irridenti rivolte dalla premier a Laura Boldrini, ex presidente dell’assemblea di Montecitorio e oggi deputata dem, che la criticava per gli accordi sui migranti firmati con la Tunisia dell’autocrate Kais Saied: “Onorevole Boldrini, le lezioni da quelli che andavano a braccetto con la Cuba di Fidel Castro e con le dittature comuniste del mondo di oggi non le accetto. Pure Maduro, li abbiamo “abbraccettati” tutti”. Oppure, a proposito degli accordi con la Libia: “Ricordo che il memorandum Italia-Libia fu stipulato da Gentiloni e il dossier fu seguito da Minniti e ora ci si dice che non va bene, evidentemente alcuni lo possono fare altri no. Le cose sono cambiate? Sì, sono cambiate: non c’è più il Pd al governo…“. O ancora, rispondendo al vicesegretario dem Peppe Provenzano, che metteva in dubbio la credibilità del governo in Europa: “Scusi, collega Provenzano, lei mi sta dicendo che la Commissione europea decide come trattarti in base a valutazioni di carattere politico? È un’accusa molto grave“.

Un atteggiamento che innesca reazioni indignate da parte di vari esponenti del Pd (e non solo). “Per nascondere il proprio fallimento sulle politiche migratorie e l’imbarazzante indecisione sul Mes, la presidente Meloni usa le aule parlamentari come una piazza in cui fare comizi. Urla, invece di parlare, solo per cercare l’applauso dei suoi deputati, evita di rispondere alle domande che le vengono poste e manipola il pensiero degli avversari politici per deriderli, perché non sopporta il confronto democratico e non intende interloquire con le opinioni altrui. Noi non ci faremo certo intimidire”, fa sapere in una nota Boldrini. Arturo Scotto, capogruppo del partito in Commissione Lavoro alla Camera, accusa la premier di “confondere il Parlamento con un ring contro l’opposizione. Anziché replicare nel merito, usa termini sprezzanti verso chiunque le avanzi critiche. Sollecitando sistematicamente una claque da stadio Maracanà. Insomma, più una capotifoseria che una presidente del Consiglio”. “La presidente del Consiglio pensa di risolvere la situazione trattando l’opposizione come lei viene trattata a livello europeo e internazionale. Non sono certo che funzioni”, incalza l’ex ministro Andrea Orlando.

Ancora, ecco il capogruppo del Pd in commissione politiche Ue alla Camera, Piero De Luca: “Dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non vi sono state repliche alle critiche delle opposizioni, ma solo veri e propri attacchi inaccettabili. Non era mai successo prima. Ci vuole rispetto per il Parlamento”. “Ascoltando la replica alla Camera della Presidente Meloni emerge un dato allarmante: il suo non è un governo. È l’opposizione dell’opposizione”, sintetizza la vicepresidente del partito Anna Ascani. Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, sottolinea anche l’irritualità degli applausi dei ministri durante il discorso della premier: “La claque dai banchi del governo era qualcosa che non si era mai visto in quest’Aula e la replica è la parte che viene meglio alla presidente Meloni perché le consente di fare l’opposizione all’opposizione”, dice in dichiarazione di voto. Durissimo anche il leader dei Verdi, Angelo Bonelli: “Signora presidente, sono rimasto totalmente basito da come lei si rivolge all’Aula, urlando. Non può rivolgersi urlando all’Aula. Non è piazza Venezia, è il Parlamento. Lei deve rispetto al Parlamento e anche alle critiche, non può replicare urlando. Non è un comizio di Fratelli d’Italia, è il Parlamento della Repubblica”.

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