Altri tre o cinque anni su Dazn e Sky. Oppure la rivoluzione chiamata canale della Lega. È la settimana decisiva per i diritti tv della Serie A, un miliardo di euro a stagione da cui dipende la sopravvivenza dell’intero carrozzone, e per la domanda che assilla i tifosi di ogni squadra: dove vedremo le partite del campionato a partire da agosto 2024?

La risposta è nelle buste in cui i broadcaster hanno messo nero su bianco le loro offerte. Contenuto top secret: si sa solo che hanno partecipato in tre, Dazn, Sky e Mediaset, e che non è stata raggiunto il minimo richiesto di 1,15 miliardi di euro a stagione. In tanti ne hanno tratto conclusioni funeste sul valore della Serie A ma in realtà si tratta di una non notizia: praticamente mai nella storia un bando si era chiuso al primo colpo, è sempre stata necessaria la trattativa privata. E contrariamente alle voci incontrollate diffuse all’indomani dell’apertura delle buste – solo 600 milioni, “anche meno” secondo il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis – le offerte non sarebbero poi così basse.

Fra i tanti pacchetti contenuti nel bando, ad aver attirato le offerte maggiori sarebbero proprio quelli che più da vicino ricalcano la situazione attuale. Ovvero lo schema dell’ultimo triennio, con la formula del “10+3” (tutte le partite su Dazn, tre in coesclusiva anche su Sky), o quello del triennio precedente, 7 partite da una parte, 3 dall’altra, che presuppone il doppio abbonamento. C’è anche Mediaset, che corre per la novità della partita in chiaro, quindi il pacchetto “6+3+1”, ma la presenza del Biscione non sarebbe particolarmente gradita agli altri che temono con una spartizione a tre un eccessivo indebolimento dei pacchetti principali. La parte del leone, in ogni caso, toccherà ancora a Dazn: tre anni fa aveva sbaragliato la concorrenza con un’offerta faraonica da 840 milioni, di cui però 340 erano di Tim, che oggi si è tirata indietro. Al momento, la app di streaming si sarebbe spinta sopra il mezzo miliardo, mentre Sky è disposta a spendere anche qualcosa in più di 100 milioni, a patto di avere contenuti esclusivi. Le offerte (in particolare quella di Dazn) sembrano orientate a una durata più lunga, addirittura su 5 anni, ma potrebbero essere legate a interventi contro pirateria (anche normativi: infatti il presidente-senatore Lotito si sta spendendo molto in parlamento) che la Lega Calcio dovrebbe impegnarsi a garantire. Difficile quantificare con precisione gli importi perché appunto ci sono offerte diverse su differenti pacchetti e il bando comprende anche una serie di variabili (highlights, pubblicità, archivio), ma secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, le trattative private di giovedì partiranno da una base di 700-750 milioni di euro a stagione: pochi di sicuro, ma non così tanto da non poter sperare di avvicinare la soglia decisiva del miliardo.

L’anomalia (e la complicazione) della trattativa privata sta nel fatto che in questo caso i partecipanti non sono rivali ma quasi partner, le offerte non sono in concorrenza ma piuttosto complementari: Dazn, Sky (e mettiamoci pure Mediaset) giocano partite differenti, la prima per avere la più alta esclusiva possibile, la seconda per completare il proprio palinsesto (dove ha già la Champions); la Lega ha bisogno di far combaciare le esigenze di tutti per andare a dama, ma non può giocare al rialzo. La nota dolente, dunque, è non essere riusciti a trovare alternative alla situazione attuale. Il bando aveva fatto essenzialmente due scommesse: provare ad attrarre i colossi del web con pacchetti iper-commerciali, e solleticare le tv generaliste col ritorno della partita in chiaro. Entrambi i tentativi sono andati a vuoto: Amazon non si è presentata e questa è l’unica vera delusione del bando, la tv di Stato invece non ha voluto toccare il palinsesto domenicale. Se ciò dipenda dalla contingenza del mercato italiano o dallo scarso appeal del nostro calcio, è oggetto di dibattito. La sostanza è che così non restano che Dazn e Sky.

Giovedì, in un’unica giornata, le trattative private: poi lunedì 3 luglio è convocata l’assemblea che dovrà prendere una decisione. L’asticella è come sempre fissata a quota un miliardo, qualcosina meno: la partita si gioca tutta lì, inutile girarci intorno. Se dalla trattativa privata uscirà una somma vicina, la Serie A continuerà ad andare in streaming e sul satellite come negli ultimi anni. Altrimenti l’alternativa si chiama canale della Lega: cioè una rivoluzione, l’autoproduzione del campionato da trasmettere poi su varie piattaforme. C’è una sezione apposita nel bando, rivolta a banche e fondi interessate a finanziare il canale. E più voglia rispetto al passato di andare ad aprire quella busta. Ma farlo significa comunque prendersi la responsabilità di correre un rischio, lasciare il noto per l’ignoto. Sotto la soglia psicologica dei 900 milioni, diventerebbe quasi inevitabile.

Twitter: @lVendemiale

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