di Andrea Vivalda

In queste ore una pletora di commentatori, analisti, politologi ed illustri professori si è affrettata a concludere in debordanti dirette tv e kilometrici editoriali stampati che Putin uscirebbe fortemente indebolito a seguito dei fatti relativi al tentato golpe in Russia. Ad eccezione dell’opinione opposta dei pochi (forse troppo pochi, visto che sarebbe materia loro) generali militari intervistati, il pensiero dominante ha in blocco convenuto sull’idea del Putin “indebolito ed umiliato”.

Analizzando però i messaggi mediatici lanciati nelle 24 ore di sventato golpe, non quelli parlati o scritti, ma quelli derivabili direttamente dall’evidenza dell’evoluzione dei fatti, la situazione appare assai diversa. Io vedo almeno cinque messaggi mediatici chiari, diretti sia all’interno della Russia che all’esterno.

Messaggio n° 1: “nessuno può pensare di sovvertire il potere in Russia, perché – persino se a farlo fosse il potentissimo Prigozhin con al seguito 25mila uomini – verrebbe bloccato in poche ore”. E’ un messaggio che emerge palesemente da come si sono evoluti i fatti, dal Prigozhin del mattino che minaccia il potere in video a quello del pomeriggio che si ritira mestamente, ed è ulteriormente potenziato dal fatto che non siano state usate armi e truppe regolari per fermarlo, ma sia stata sufficiente un’intermediazione politica fondata evidentemente su un equilibrio di potere interno spostato a vantaggio del presidente, altrimenti la conclusione sarebbe stata assai diversa.

Messaggio n° 2: Kadyrov e le truppe cecene sono solidamente allineate al presidente russo e pronte a fiancheggiarlo in qualunque momento e contro qualunque nemico, interno o esterno che sia. Allineamento che, spostandoci sul piano politico, si estende agli alleati storici della Federazione: dalla Turchia all’Iran, passando per la Bielorussia protagonista stessa della mediazione, non sono tardati gli espliciti endorsement a Putin, come a ribadire che non esiste nemico per il quale il supporto alla Russia verrebbe mai interrotto.

Messaggio n° 3: il decreto sulle milizie private russe, persino la Wagner e persino quella costituita da Gazprom, cioè proprio quel decreto che alcuni sospettano possa aver scaturito il tentativo di Prigozhin di aggirarlo, andrà in porto senza ‘se’ e senza ‘ma’ il primo luglio, di fatto dotando il capo supremo delle forze armate russe (ovvero lo stesso Putin) del controllo diretto su milizie altamente qualificate.

Messaggio n° 4: il campo di battaglia. Nonostante l’infinita colonna di mezzi della Wagner abbia lasciato l’Ucraina per percorrere la M4 verso Mosca, sguarnendo di fatto le postazioni, la contro-offensiva ucraina non ne ha minimamente beneficiato. Ai cittadini russi ed al mondo passa il messaggio che l’esercito regolare russo non ha nessun problema a mantenere le proprie posizioni, anche senza la Wagner.

Messaggio n° 5: il non-messaggio. Il silenzio totale dell’area euro-atlantica. Sul tentato golpe in Russia non si è avuta da alcuna voce occidentale la benché minima opinione neppure sussurrata che potesse anche solo velatamente propendere per una delle parti in scontro. Quando si tratta di commentare Putin per le azioni in Ucraina le esternazioni sferzanti di matrice euro-atlantica si sprecano. Quando si tratta anche solo di supporre il sovvertimento di Putin in Russia il silenzio è totale, un silenzio che recita: “l’occidente non vuole per nessun motivo il sovvertimento di Putin”. Isolato dagli altri, si è espresso solo Zelensky, affermando che Putin sarebbe scappato impaurito da Mosca, salvo venir smentito dieci minuti dopo dalla nota di Lukashenko sull’avvenuta risoluzione della questione.

I fatti accaduti sono nebulosi ed a tratti paradossali, è quasi impossibile comprenderne esattamente genesi ed evoluzione, ma qualunque esse siano è evidente che la vicenda ha consentito di lanciare cinque messaggi mediatici forti ed inequivocabili nella direzione dell’attestazione del potere di Putin, non certamente dell’opposto.

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