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“Invitato a cena per un compleanno, ho dovuto pagare il conto. Fatemelo dire, stavolta i terroni sono loro”. È scontro di civiltà tra Roma e Milano

La regola del dividere il conto “alla romana” può essere universale? O invece bisogna distinguere caso da caso? E’ un evento quasi banale a scatenare una discussione sul web

di Simona Griggio

Chi paga in pizzeria, al ristorante, al pub dopo un invito? La regola del dividere il conto “alla romana” può essere universale? O invece bisogna distinguere caso da caso? E’ un evento quasi banale a scatenare una discussione sul web. A innescare è Andrea. Di quell’abitudine, frazionare la cifra totale e poi ognuno salda il suo, dovrebbe saperne qualcosa. E’ infatti originario di Roma e oggi vive a Milano dove frequenta l’università. Qual è il casus belli? Racconta dell’appuntamento in pizzeria, dopo la convocazione di un amico che festeggia il compleanno. “Io mi sono ovviamente presentato con un regalo – racconta Andrea – ma alla fine il festeggiato ci mostra il conto e chiede la nostra quota”. Per la precisione 19 euro a testa, 20 con la mancia.

E lì nascono le perplessità. E’ un bel modo di comportarsi? Si può pretendere che gli amici paghino la tua festa dopo averti fatto anche il regalo. La pratica è sempre più comune, soprattutto al Nord. Ma non va giù proprio ai romani. Infatti commentano: “Se si dice “pagare alla romana” vuol dire che è un’abitudine nata e diffusa proprio qui. Ma non ci si deve proprio sognare di farla valere alla festa di compleanno”.

Il dibattito evolve. Ognuno dice la sua. Un milanese ribatte: “Sono piccole cifre, dividere il conto è una soluzione ragionevole per permettere a tutti di festeggiare, anche se non possono permettersi di pagare per tutti. Così non si mette in imbarazzo nessuno”. Ribattono i romani: “Al limite riduci le pretese, offri solo un caffè ma paghi tu”. Andrea sibila: “Fatemelo dire, stavolta i terroni sono loro”.

Ma esistono delle regole precise? C’è un ideale galateo. Che vale per quel che vale, perché le abitudini e i comportamenti di una società cambiamo con il tempo. Nessuno oggi si sognerebbe di fare la riverenza a una signora appena presentata. Eppure bisognerebbe fare così. E darle la mano solo se è lei a porgerla. Prima regola: il conto lo paga chi invita. Se invitiamo qualcuno a pranzo e a cena, è nostro dovere pagare. Se siamo invitati, è ragionevole che pensiamo paghi chi ci ha invitato.

Seconda regola: se si fa un invito per un compleanno o una ricorrenza, si deve evitare di far pagare il conto alla romana. E’ un momento imbarazzante per tutti. Terza regola. E’ una situazione diversa quella di una comitiva che si raduna per una circostanza che riguarda tutti. La fine della scuola, una rimpatriata tra amici. In questo caso è sottinteso che ognuno salderà per sé, indipendentemente da chi ha promosso l’incontro. E il pranzo di lavoro? La regola non scritta dice che il conto va pagato da chi ha maggior interesse alla circostanza. Di solito chi invita.

E se non c’è un invito, ma un incontro casuale? Del tipo: “Dai, andiamo a mangiare qualcosa insieme?”. In questo caso non c’è davvero una regola precisa. Se qualcuno si offre, si fa il gesto di anticiparlo alla cassa, dicendo: “Non è il caso”. Ma se insiste, si accetta. Evitare le sceneggiate: “Pago io”, “No, offro io”. Non si insiste mai troppo, né per offrire né per pagare la propria parte. Un’altra regola non scritta dice che si ringrazia sempre. Ma con garbo. Non si dice “grazie per la cena”, ma “grazie per la compagnia e la piacevole serata”. Non si rimarca, insomma, l’aspetto venale della circostanza.

Arriviamo ora alla situazione più delicata. Lui e lei a cena. E’ uno dei primi incontri. Diciamo la verità: un tempo per gli uomini era scontato pagare il conto. Oggi le cose sono cambiate. Ci sono donne che non gradiscono. Che ritengono che questo atteggiamento sia retrogrado. Basti vedere le polemiche che hanno investito quei ristoranti in cui ci sono due menù differenti. Quello per gli uomini, con i prezzi delle portate, quelli per le donne che non li riportano. “Una discriminazione”, hanno protestato alcune signore.

Nel 2016 Marlène Schiappa, allora ministro in Francia, ha firmato un documento pubblico. La raccomandazione? Che le donne paghino al ristorante. Per lei, la tradizione dell’uomo che paga è una dominazione implicita. La cultura di pagare il conto rimanda a un sistema patriarcale. Gli uomini pagano per “dovere” e poi covano delle aspettative. Le donne accettano passivamente “perché così è sempre stato”. Anche in questo caso, non esistono regole precise. Esistono invece trend che descrivono la società: per i sondaggi più recenti la maggior parte delle donne non pretende più che a tirar fuori il portafogli sia l’uomo: il 54 per cento ritiene ragionevole dividere. Anche se una sostanziosa quota del 44 pretende che sia l’uomo a pagare.

“Invitato a cena per un compleanno, ho dovuto pagare il conto. Fatemelo dire, stavolta i terroni sono loro”. È scontro di civiltà tra Roma e Milano
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