Il team di ricercatori guidato dallo scienziato ambientale Johan Rockström nel 2009 ha calcolato scientificamente i 9 limiti del pianeta. Questo studio ha contribuito ad un cambiamento radicale dell’approccio alla questione ambientalistica (J. Rockström et al. Nature 461 , 472–475; 2009). Una cultura umana senza il concetto di limite non ha più senso di esistere perché mette a rischio il pianeta e la stessa umanità che lo abita.

Da pochi giorni, Rockström, insieme allo scienziato della sostenibilità Steven Lade mostrano, in un nuovo studio pubblicato su Nature, che sette soglie su otto sono state già superate (J. Gupta et al. Nature Sustain. https://doi.org/grwfbk; 2023) e che serve un vincolo più severo rispetto a 1,5 °C concordato alla conferenza sul clima di Parigi del 2015.

Il riscaldamento globale dovrebbe essere limitato a 1 °C rispetto ai livelli preindustriali perché l’attuale limite permette solo alle persone più ricche di proteggersi dai danni mentre “200 milioni di persone sarebbero esposte ad aumenti di temperatura senza precedenti e 500 milioni di persone sarebbero esposte all’innalzamento del livello del mare a lungo termine.”

Per questo nel mio libro Ritorno al 2050 mi soffermo sul concetto di diritto di accesso. Se i più poveri del pianeta e la classe media stanno pagando da tempo le scelte economiche dei governi e dell’influenza dei più potenti come si può negare a loro l’accesso a luoghi urbani più sicuri, tipici del mondo occidentale, o accesso ad ambienti naturali più sani e ad un utilizzo collettivo di beni che oggi sono privati? La follia di una privatizzazione selvaggia che ha accompagnato la società industriale e post industriale mostra tutto il suo limite scientifico, morale e di violazione dei diritti collettivi e generazionali.

Questa follia la stanno pagando sempre più persone con l’erosione degli stipendi, con le condizioni di precarietà, con i licenziamenti, con l’isolamento. Il clima di concorrenza, invidia sociale, di egoismo e individualismo che si diffonde ad arte in ogni contesto, dalle scuole elementari ai media, rende sempre di più una parte dei cittadini ostili alle misure di protezione, da quelle del reddito di cittadinanza al salario minimo. È così che, ironia della sorte, saranno i sottopagati e gli indigenti a pagare crisi energetica e delle materie prime, anche se i disastri climatici sono stati generati dell’élite, che possono continuare a comprare le loro libertà e a superare i limiti a vantaggio solo del proprio benessere. Il costo delle devastazioni, attraverso l’inflazione e l’erosione della qualità di vita, avrà un prezzo che i più facoltosi non pagheranno perché potranno acquistare acqua, cibo incontaminato ed energia per tutti i loro desideri tra lusso e comodità.

Eppure, è evidente che governanti e multinazionali che ci hanno condotto a questo hanno un debito ambientale con il pianeta, debito che nessuno si sta preoccupando di contabilizzare. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale dovrebbero aprire un conto per ogni Stato e per ogni multinazionale, per ogni miliardario e istituto finanziario, così da contabilizzare il debito ambientale di ciascuno. Non mancano strumenti tecnici per farlo e misurarlo, manca la volontà politica che sempre più cittadini, unendosi devono iniziare a chiedere.

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