Sette anni dal referendum che ha segnato l’inizio di un divorzio e, in mezzo, una pandemia e una guerra di cui non si vede la fine. Due tragedie in mezzo ad una commedia, anche quella con qualche strascico.

A giudicare dagli ultimi sondaggi condotti in Gran Bretagna gli elettori sembrano delusi dai risultati della Brexit. Se avevano votato a favore, credendo alla propaganda sui pacchi di sterline che sarebbero state iniettate nella sanità pubblica, invece di prendere la strada di Bruxelles, avranno scoperto che si trattava di balle. Se invece speravano di bloccare l’immigrazione di lavoratori stranieri provenienti dai paesi dell’Unione, sono stati accontentati, salvo poi scoprire che sono stati sostituiti da lavoratori stranieri non provenienti dai paesi dell’Unione. Se poi avevano votato senza aver consultato una carta geografica, avranno scoperto troppo tardi la difficoltà di trovare la linea di confine tra Regno Unito ed Unione Europea senza doverlo porre tra le due Irlande (per non violare l’Accordo del Venerdì Santo) o nel mare che separa la Gran Bretagna dall’Irlanda del Nord, spezzando il Regno Unito.

Eppure, tutto ciò che era largamente prevedibile, compreso l’aumento dei prezzi al consumo (al netto ovviamente delle conseguenze di Covid e guerra in Ucraina), viene attribuito dal governo e dai media che lo sostengono non alle responsabilità dei premier che si sono succeduti e dei loro ministri, ma ad un’entità informe, malevola, vischiosa e appiccicosa, detta il blob, che si espande indisturbata, includendo alti funzionari e dipendenti pubblici, insultati, licenziati e sostituiti, giudici attivisti e nemici del popolo, avvocati di sinistra, i Remainer, gli accademici woke e persino la Bbc, tutti uniti in un complotto per impedire il trionfo della Brexit, per soffocare e bloccare qualsiasi disegno di legge che non sia di loro gradimento e per far fallire un governo eletto democraticamente.

Quando non tengono banco le sceneggiate governative si riesce tuttavia a scoprire anche qualcosa di utile, qualche pezza cucita qua e là che renda meno difficile la vita dei cittadini qualsiasi. Perché sarà questa la via da seguire, non un altro referendum, un’altra guerra tra pro Ue e contro Ue, magari con il ritorno in pista di qualche simil Farage o addirittura dell’originale.

Due accordi tra Regno Unito e Unione Europea sono stati finora siglati negli ultimi anni. Uno è l’Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra.

L’altro è il Windsor Framework , che introduce qualche semplificazione, pur senza modificare il Protocollo sull’Irlanda del Nord. Lo ha illustrato brevemente Gianmarco Ottaviano, professore di Studi Europei all’Università Bocconi: “Si stabilisce un corridoio ‘verde’, privo di controlli doganali, per le merci in arrivo dalla Gran Bretagna e consumate all’interno dell’Irlanda del Nord, e un corridoio ‘rosso’, per le merci che invece attraverso l’Irlanda del Nord devono transitare verso la Repubblica d’Irlanda, quindi verso l’Unione europea. Le merci del corridoio rosso saranno controllate, come accadeva prima indistintamente per tutte le merci, per valutarne l’aderenza agli standard Ue e decidere l’eventuale applicazione di dazi in base al paese in cui sono state originariamente prodotte. Le merci del corridoio verde potranno invece entrare liberamente. Pur essendo una revisione tutto sommato marginale del Trattato, è un accordo molto importante per i cittadini dell’Irlanda del Nord, che potranno ricevere più facilmente e a minor prezzo le merci in arrivo dalla Gran Bretagna per la loro vita di tutti i giorni. Una cosa da non sottovalutare”.

Si tratta di un inizio di dialogo: la dimostrazione che esiste la possibilità di istituire rapporti seri che soddisfino l’interesse dell’Unione Europea così come gli interessi del Regno Unito. Si vedrà se i controlli saranno reali e se non si materializzerà un altro Johnson deciso a mandare tutto all’aria.

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